Una pallottola spuntata Una pallottola spuntata recensione

Una pallottola spuntata (2025) è il ritorno della satira noir demenziale

È Frank Drebin Jr., un ingenuo e divertente Liam Neeson che riporta sul grande schermo, dopo trent’anni, Una pallottola spuntata (2025). Era il 1994 l’ultima esilarante indagine del tenente Frank Drebin, interpretato dall’indimenticabile Leslie Nielsen. Una pallottola spuntata (2025) tenta l’impresa impossibile: riportare in vita l’umorismo, il ritmo e l’ironia surreale che hanno reso la trilogia originale un cult della comicità demenziale.

In un’epoca in cui la satira si scontra con politiche sempre più restringenti, e l’effetto nostalgia sembra essere l’unico motore del cinema americano, la nuova pellicola si presenta con un fardello importante da soppesare, prima di fare qualunque azione. Riuscirà questa nuova incarnazione a far ridere una generazione nuova, o sarà solo un’operazione nostalgica priva del genio di Leslie Nielsen? Al cinema dal 30 luglio 2025, ecco la recensione di Una pallottola spuntata (2025), il sequel.

Una pallottola spuntata Una pallottola spuntata recensione

Una pallottola spuntata, trama del film con Liam Neeson

Frank Drebin Jr. (Liam Neeson), è il figlio del leggendario tenente Drebin.

Proprio come il padre, Frank Jr. è un mix esplosivo di goffaggine, intuito fuori dagli schemi e totale incapacità relazionale, che lo rende involontariamente pericoloso per criminali e colleghi. Dopo aver sventato in maniera rocambolesca una rapina, Drebin Jr. si ritrova invischiato in quello che inizialmente sembra un comune caso di suicidio, ma che ben presto si trasforma in un’indagine ad alto rischio. Il principale sospettato è Richard Cane (Danny Huston), un magnate della tecnologia dal piano folle. Vuole riportare l’umanità a uno stato primitivo, annientando il progresso.

Ma Cane non ha fatto i conti con la scombinata testardaggine di Frank Drebin Jr., un uomo che inciampa più volte nella verità e nei mobili. A complicare le cose, oltre al crimine, c’è la vita personale di Drebin. Un figlio agente modello con cui tenta goffamente di ricucire il rapporto, la magnetica e vendicativa Beth (Pamela Anderson), e l’inseparabile collega Ed Hocken Jr. (Paul Walter Hauser), erede altrettanto maldestro del compianto Ed senior.

Una pallottola spuntata, recensione del sequel

Il ritorno sul grande schermo di Una pallottola spuntata sorprende e incuriosisce: riportare in vita una saga simbolo della comicità demenziale anni ’80-’90 era una sfida tutt’altro che scontata. Eppure, il film diretto da Akiva Schaffer riesce in parte nell’impresa, grazie a una consapevolezza affettuosa verso il proprio passato e a un cast tanto folle quanto in parte.

Nel panorama cinematografico dominato dal riciclo sistematico di franchise iconici, il ritorno di Una pallottola spuntata è un’operazione che non stupisce, in quanto tale, ma ambiziosa dal lato filmico. Se, da un lato, Hollywood ha ormai adottato la retromania come motore produttivo, Jurassic World, Superman o il ritorno dei Fantastici 4, il vero problema nasce quando il film che si vuole riportare è un caposaldo della commedia demenziale, oggi ritenuta sorpassato, poco redditizia e incompatibile con la sensibilità del pubblico della Gen Z.

Eppure, contro ogni previsione, Una pallottola spuntata versione 2025 riesce a compiere l’impensabile: riportare in vita non solo un personaggio, Frank Drebin, ma anche uno stile comico (rivisitato) che sembrava irrimediabilmente ancorato a un’altra epoca. Il nuovo protagonista, Frank Drebin Jr., è interpretato da un sorprendente Liam Neeson, qui in una veste completamente diversa da quella a cui ci ha abituato negli ultimi quindici anni, dopo la svolta action iniziata con Taken. La sua interpretazione del goffo, autoironico e duro detective di mille battaglie lo rende il perfetto corpo fuori posto. Riesce con successo a richiamare la comicità slapstick e surreale che ha reso unico il personaggio del padre.

Il film si apre (come da trailer) con una sequenza che potrebbe essere estratta da un cartone animato: Drebin, vestito da bambina, sventa una rapina in banca. La comicità è irriverente, volutamente stupida, ma non priva di intelligenza. Come in un vero cartoon con attori in carne e ossa, la narrazione è subordinata alle gag o alla battuta fuori luogo.

A dirigere tutto c’è Akiva Schaffer, già autore dell’ottima rilettura metatestuale di Cip & Ciop – Agenti speciali, e produttore esecutivo è Seth MacFarlane, creatore de I Griffin e maestro della satira.

Liam Neeson, nei panni di Frank Drebin Jr., si rivela una scelta azzardata ma vincente: la sua serietà da action star crea un effetto esilarante con il caos che lo circonda. Accanto a lui, Pamela Anderson e Paul Walter Hauser completano un trio improbabile ma ben assortito. La trama, riassunta in “un misterioso suicidio che nasconde qualcos altro“, è poco più che un pretesto per scatenare una serie di gag, battute surreali e parodie cinematografiche a raffica.

Il film gioca con la nostalgia, assolutamente, restando fedele alla formula del racconto in prima persona, del caso da risolvere e del romanticismo grottesco. Ma trova anche una propria voce, spingendo all’estremo la comicità nonsense e non risparmiando incursioni satiriche nel mondo reale.

Pur consapevole di rivolgersi a un pubblico diverso, Una pallottola spuntata sceglie la via dell’eccesso intelligente, ridendo di tutto e di sé stessa. Il risultato è un omaggio sincero e sopra le righe, che intrattiene senza mezze misure.

Una pallottola spuntata
Una pallottola spuntata recensione

Una pallottola spuntata, recensione: un ritorno divertente?

Approcciandosi con diffidenza a una commedia che sembra una semplice operazione nostalgia, la vera domanda da porsi è una sola: fa ridere o no? Nel caso di Una pallottola spuntata, la risposta è un deciso. Comprensibilmente, si potrebbe pensare che l’umorismo anni ’80 oggi risulti datato o fuori luogo. E invece il film sorprende: non solo riesce a funzionare, ma sfrutta proprio la banalità e l’assurdità delle battute per far scattare la risata. È come se più la battuta fosse scema, più diventasse irresistibile. Doppi sensi, volgare e scorretto: un insieme di satira che sa arrivare anche al pubblico meno attento alle questioni di attualità.

Il risultato è una maratona ininterrotta di gag che si rincorrono senza tregua. L’intero film sembra costruito come un’unica, gigantesca gag portata avanti per 80 minuti. Il tono parodico è intatto e coerente con la saga originale: si prendono in giro senza pietà tutti i cliché dei polizieschi americani, che, a ben vedere, sono rimasti identici anche dopo trent’anni.

Una centrale di polizia in cui tutti i poliziotti sono figli d’arte, inginocchiati davanti ai ritratti dei propri padri. O la battuta feroce su Bill Cosby, l’ex icona americana finita in disgrazia, che mostra come il film non rinunci a colpire. Il villain, un miliardario chiaramente ispirato a Elon Musk (uno dei tanti negli ultimi film hollywoodiani), è una figura grottesca, sintesi della deriva culturale e politica del potere, finalmente presa in giro nel solo luogo in cui se ne può ancora ridere liberamente: la farsa.

Il film non si limita a far ridere con i dialoghi: la comicità è anche fisica, visiva, spesso del tutto illogica. Gli ambienti, le azioni, i movimenti dei personaggi, tutto vuole essere demenziale.

In conclusione, Una pallottola spuntata torna al cinema con una sorprendente vitalità, rispolverando con affetto lo spirito demenziale che ha reso celebre la saga. Abbandonando volutamente la centralità della trama, il film si affida a un flusso di gag, nonsense e parodie Tarantiniane che giocano con i cliché del mondo poliziesco. La struttura resta fedele ai capitoli storici, ma trova nuova strada grazie a un cast ben assortito, con un Liam Neeson efficace. Semplice nella storia ma ricco di comicità, Una pallottola spuntata è il giusto film demenziale che diverte tutti, con tutto.

★ ★ ★

Leggi anche: Una pallottola spuntata, tutti i film della saga.

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Dario Vitale
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Passo il tempo libero guardando film belli. Mi piace anche leggere (pensa un po’!). Ogni tanto suono. Ah sì, sono uno studente di lingua giapponese che tenta di prendere la magistrale.