
22 Ott 2025 Eddington: recensione del film di Ari Aster
Dopo essere stato presentato in anteprima mondiale alla 78° edizione del Festival di Cannes, Eddington di Ari Aster è finalmente giunto nelle sale italiane. Il regista americano, giunto al quarto lungometraggio, decide di cimentarsi nell’opera fino a qui più ambiziosa della sua carriera, immergendosi in un neo-western ambientato nel 2020, in pieno Covid-19 e Black lives matter, proponendoci un racconto agghiacciante sulla realtà americana degli ultimi anni. Ecco la recensione di Eddington, il film di Ari Aster.
Articolo a cura di Jacopo di Santo e Dario Vitale.

Eddington: trama del film di Ari Aster
Con la sceneggiatura già pronta da ben prima del suo esordio con Hereditary -Le radici del male (2018), Aster ambienta Eddington nel maggio 2020, in pieno periodo pandemico, nell’omonima cittadina del New Mexico che diventa protagonista di un caso di cronaca nazionale dopo che lo sceriffo della contea Joe Cross (Joaquin Phoenix), già scettico della pericolosità del contagio, sfida apertamente il sindaco uscente Ted Garcia (Pedro Pascal) alle prossime elezioni cittadine; dopo che lo stato introduce l’obbligo di indossare la mascherina per impedirne l’espansione. Una rivalità personale che va ben oltre le diverse vedute politiche ma che pone le proprie radici nel passato turbolento della moglie di Joe, Louise, interpretata da Emma Stone.
Eddington: recensione del film con Joaquin Phoenix e Emma Stone
Sembra essere arrivata l´apocalisse, la fine del mondo, il destino sembra segnato. Un barbone stralunato cammina scalzo, sbraita, parla a vanvera, bofonchia quello che sembra un presagio di eterna sventura. Al calar del sole vede dalla cima di una collina il distendersi di una cittadina innocua, una delle tante che colorano il pittoresco paesaggio del New Mexico, un tempo teatro di titaniche imprese segnate dal mito di eroici cowboy e coriacei pellerossa.
Chi si aspetta un ritorno all’horror classico non lo troverà in Eddington, ma scoprirà invece il terrore autentico della realtà che ci avvolge, nella follia social durante le prime fasi della pandemia e nell’attualità che il lungometraggio continua spontaneamente a ritrarre. Che sia neo-western o neo-noir, Eddington è neo nella sua rappresentazione. Ed è proprio nel confrontarsi con i momenti più reali di questo periodo storico che il film trova la sua forza più autentica.
Siamo entrati nell’era in cui il grande schermo racconterà sempre più spesso la politica contemporanea e, nello specifico, l’influenza di Donald Trump. In Eddington il maestro Ari Aster lascia aleggiare la presenza del Presidente degli Stati Uniti su questa immaginaria cittadina del New Mexico, catturando i disagi collettivi: maggio 2020, i primi mesi della pandemia Covid-19.
Più operoso ma sistematico del precedente Beau ha paura (2023), ma altrettanto disturbante delle riflessioni sui legami affettivi e familiari di Midsommar (2019) e Hereditary (2018), il cineasta ci regala un pittoresco western contemporaneo.

Eddington: recensione del film western di Ari Aster
Lo spirito della politica emersa proprio in quei mesi del 2020 aleggia su Eddington, e come il virus si espande con l’avanzamento della sceneggiatura. Ari Aster riesce nell’intento di trasportare questo macrocosmo culturale nel cuore del microcosmo del New Mexico, affrontando con coraggio il Black Lives Matter, le dinamiche settarie, le questioni delle terre sottratte e il suprematismo bianco. L’approccio a questi argomenti è ambizioso e il regista non teme di sporcarsi le mani: una satira accessibile che, pur semplificando alcuni punti, rende il lungometraggio fruibile a un pubblico a portata di smartphone.
I personaggi evolvono in figure sempre più estreme di questo neo-western, quasi parodie degli eroi più intransigenti del genere. La figura centrale rimane Joaquin Phoenix, che conferma quell’intesa e quella rilevanza artistica già dimostrata con il regista in Beau ha paura, catalizzando l’attenzione dello spettatore.
La sintonia con Pedro Pascal è palpabile e produce momenti che giungono al grottesco (l’assurda perfezione di Firework in una scena tesissima), mentre Emma Stone e Austin Butler, seppur relegati a un discreto minutaggio, donano alla pellicola una trama parallela che arricchisce e crea ulteriori quesiti allo spettatore: a chi devo credere? Perchè devo crederci?
Si tratta di un’opera polarizzante, e per questo potrebbe allontanare tanti degli appassionati del regista con quel macigno che è stato Beau, ma ciò che colpisce maggiormente di Eddington è che, con il passare dei minuti, il film costruisce la propria posizione a 360° gradi sulla situazione del mondo, racchiusa nella piccola cittadina che fa da titolo e da sfondo alla storia. Con questo lavoro, Ari Aster si propone di rappresentare l’America ferita della pandemia, chiusa nel lockdown e travolta dalla disinformazione, e in gran parte ci riesce. Nell’abbracciare numerosi temi costruisce un affresco corale che rimane audace e visivamente impressionante.
Eddington di Ari Aster è coraggioso e si confronta apertamente con il peso della realtà: i riferimenti alla disinformazione, all’isolamento, alla crisi morale e alla politica del confinamento sono affrontati con determinazione. Il film sceglie di osservare la situazione da una prospettiva ampia, diventando quasi una tesi esplicativa di temi sociali racchiusi in uno sceriffo e un sindaco. È un film che comporta dei rischi, ma Ari Aster non ha paura di rappresentare il mondo che ci circonda. Quand’è che arriverà il momento per noi di renderci conto di quello che abbiamo attorno?
★★★½
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