Le città di pianura Intervista a Giulia Bertasi

Le città di pianura (2025): Intervista a Giulia Bertasi

Le città di pianura di Francesco Sossai è stata una delle rivelazioni cinematografiche del panorama italiano dell’ultimo anno. Guarda al grande cinema italiano di Dino Risi e Federico Fellini, ma riesce a raccontare un presente malinconico e divertente nei panni di due veneti alla ricerca dell’ultima bevuta. Ecco di seguito l’intervista a Giulia Bertasi, interprete di Giulia Antonia ne Le città di pianura.

Le città di pianura
Intervista a giulia Bertasi

Al suo debutto assoluto davanti a una macchina da presa Giulia Bertasi interpreta Giulia Antonia, la figura inarrivabile che ossessiona Giulio (Filippo Scotti) nel film di Francesco Sossai e Adriano Salgado, presentato a Cannes 2024 nella sezione Un Certain Regard. Un personaggio che dialoga con Il sorpasso, ma che appartiene a un’altra epoca.

I Soliti Cinefili hanno incontrato Giulia per parlare della sua esperienza nel film e di come il suo personaggio abbia iniziato ad abitarla ancora prima delle riprese, e di quel cinema che le piace quando non lo capisce del tutto. Una conversazione sulle prime volte e sul perché, in fondo, non ci sia davvero mai un’altra volta.

Intervista a Giulia Bertasi – Le città di pianura (2025)

Come sei arrivata al provino per Le città di pianura? Raccontaci come è nato il tuo interesse, se c’è stato, e come sono andate le riprese del film.

Come sono arrivata a Le Città di Pianura? Tutt’oggi non mi so rispondere, questa esperienza è figlia di connessioni mistiche, e la verità è che ci sono arrivata per puro caso; diciamo che sono entrata alla festa grazie ad amici di amici. Francesco e Adriano mi hanno raggiunto tramite Instagram, chiedendomi se fossi interessata al progetto e se fossi disposta a fare un provino. Mi misi a ridere, pensando “CHI può non essere interessato?”

Nel primo messaggio di approccio c’era spiegato in sintesi il progetto ed un breve accenno alla trama del film, ma una garanzia erano i nomi dei nostri tre eroi, Sergio Romano, PierPaolo Capovilla e Filippo Scotti. Questa è stata la mia prima esperienza – in assoluto –  nel mondo della recitazione, quindi non ti so dire se le cose si sono svolte regolarmente, ma credo che di regolare in questo progetto ci sia stato davvero poco. 

Fatto sta che sono andata a Padova per il provino ed ho incontrato Francesco e Adriano, e dopo qualche mese mi hanno comunicato che, per un breve periodo della mia vita, sarei diventata Giulia Antonia. Da lì è iniziata una delle esperienze più surreali che abbia mai vissuto, e con il cuore colmo di gioia posso dire anche una delle più belle. Con Francesco e Adriano è stato subito come se già ci conoscessimo, la loro capacità di farti sentire al sicuro è disarmante, fin dalle prove prima delle riprese ho capito che potevo lasciarmi trasportare, e così è stato.

Le riprese delle mie scene si sono svolte in giorni particolarmente veneti: freddino, pioggia, nebbia, quell’umido malefico, eppure sul set e fuori dal set ci si riscaldava, si stava tra amici, al caldo. Quel senso di familiarità che si avverte nel film, io l’ho percepito anche durante le riprese. Buona parte del merito va a Francesco, che è un meraviglioso direttore d’orchestra; io lo ringrazio per la sua capacità di parlare con te, anche su un set quando sei circondato da persone.


Le città di pianura ha dei chiari riferimenti a Il sorpasso di Dino Risi, anzi, potrebbe essere considerato un grande omaggio al film del 1962. Nella storia scritta da Risi, Scola e Maccari, Roberto è uno studente di legge che pensa alla ragazza della finestra di fronte, Valeria. Giulio (Filippo Scotti) ne Le città di pianura è uno studente di architettura, e tu sei il  personaggio che per lui sembra inarrivabile. Pensando all’Italia di oggi, al cinema di oggi, quanto credi sia cambiato il personaggio della Valeria de Il sorpasso, rapportato al tuo? La tua “musa” è più vicina o lontana a Giulio?


Credo che le distanze siano diverse, che l’”inarrivabile”  sia un concetto cambiato. Le difficoltà di Giulio nell’approcciare Giulia Antonia sono radicate nel suo io, nelle sue insicurezze. Giulia Antonia in realtà è sempre stata vicina a lui, letteralmente; credo invece fosse Giulio quello “lontano”, in un mondo tutto suo, diverso.

Nel momento in cui anche Giulio viene preso – rapito – e riportato da Charli e Doriano a terra, nella dimensione fisica, materiale del territorio, allora la distanza da Giulia Antonia si azzera, finalmente si ritrova sullo stesso pianeta, sulla stessa terra. Trovo anche delizioso che il momento in cui questa distanza svanisce sia non nella vicinanza di tutti i giorni dei banchi dell’università, ma piuttosto in uno dei momenti in cui Giulia Antonia e Giulio sono fisicamente più lontani.


Il tuo personaggio pronuncia la frase più importante del film: Non c’è mai un’altra volta. Quanto conta per te, come attrice, aver avuto l’opportunità di interpretare proprio il momento che sintetizza il senso dell’opera?


Credo che farmi dire questa frase rifletta un po’ la follia di quest’opera. Senza saperlo il personaggio di Giulia Antonia ha iniziato ad abitarmi ancora prima delle riprese, non c’è mai un’altra volta è esattamente il perché mi sono trovata in questa esperienza.

È un’altra delle inspiegabili connessioni di questa esperienza il fatto che il mio personaggio dica questa frase a Giulio nel film, dando un po’ il via a questa avventura che lo porterà a riscoprirsi, ma che lo dica anche a me nella mia storia, portandomi un po’ come Giulio in luoghi dove non ero mai stata e a conoscere parti di me che ancora non sapevo esistessero. 

Le città di pianura è un film che guarda al grande cinema italiano del passato, Risi e Fellini più di tutti. Dopo aver lavorato con Francesco Sossai in un progetto presentato a Cannes in Un Certain Regard, ci piacerebbe capire: qual è la tua idea di cinema? Cosa ti attrae di più come attrice: il cinema d’autore o un genere specifico? E soprattutto, ci sono dei registi italiani contemporanei che senti più vicini alla tua sensibilità? 


Non sono particolarmente legata ad un genere nè tanto meno ad un’estetica, il cinema mi piace quando non lo capisco del tutto. Mi piace uscire da una sala incuriosita, sapendo di non sapere; mi piace quando dopo aver visto un film senti quella fretta di tornare a casa e cercare quella cosa e quel riferimento a quell’altra cosa.

Mi piace il cinema quando si crea il confronto, quando guardando lo stesso film tu hai visto una cosa ed io ne ho vista un’altra. Il cinema però mi piace anche quando è semplice, quando è facile, quando al contrario il cervello si rilassa, non riceve nuove informazioni, si sdraia. Io guardo di tutto, letteralmente, così come ascolto di tutto e leggo di tutto. 

Sono affascinata ed attratta dal film d’autore, trovo che sia profondamente intimo. Al tempo stesso a volte ho bisogno di guardare dei film più semplici, più comodi.


Dopo l’esperienza de Le città di pianura, quali sono i tuoi progetti futuri? Immagini già la tua carriera dei prossimi anni?


Come ti dicevo questa è stata la mia prima esperienza e per ora sono ancora sospesa in questo limbo con la mia vita di tutti i giorni. Per ora non so ancora cosa sarà nei prossimi anni; io sono già felice così, e sarò altrettanto felice se ci saranno nuove occasioni. D’altronde, non c’è mai un’altra volta.

Leggi anche: Le città di pianura, recensione

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Dario Vitale
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Passo il tempo libero guardando film belli. Mi piace anche leggere (pensa un po’!). Ogni tanto suono. Ah sì, sono uno studente di lingua giapponese che tenta di prendere la magistrale.