Weapons Weapons recensione

Weapons: anatomia di una storia vera, ma gestita superficialmente

Weapons, il nuovo horror firmato da Zach Cregger, già acclamato per Barbarian (2022), è il film horror che apre il mese di agosto. Un film di tensione, mistero e umorismo che emerge con forza soprattutto nella seconda parte. Protagonista della vicenda è Josh Brolin nei panni di Archer, un padre disperato alla ricerca del figlio scomparso in circostanze inquietanti. Al suo fianco, Julia Garner e un cast curato che si trova alle prese con la scomparsa di diciassette bambini. Distribuito da Warner Bros. Pictures, il film horror è in sala dal 6 agosto 2025. Scorri per leggere la recensione.

Weapons
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Weapons, trama del film horror con Josh Brolin

Weapons vede diciassette bambini uscire di casa in piena notte avvolti dal silenzio. Nessuna costrizione. Nessun segnale d’allarme. Nessun ritorno. Nel cuore della tranquilla cittadina di Maybrook si apre una ferita profonda e inspiegabile: la sparizione volontaria di un intero gruppo di studenti scuote famiglie, autorità e media. Le indagini si infrangono contro un muro di misteri e apparenti coincidenze, ma la verità è molto più oscura di quanto si possa immaginare. Perché se tutti se ne sono andati di loro spontanea volontà… Chi – o cosa – li stava davvero chiamando?

Weapons, recensione: dove sono andati i bambini?

Dopo l’exploit estivo di Bring Her Back (2025), che ha chiuso un luglio infuocato con un horror adrenalico, tra i migliori dell’anno, Weapons si presenta come una conferma e al tempo stesso una complicazione della natura del cinema di Zach Cregger. Per il suo secondo lungometraggio da sceneggiatore e regista, Cregger sceglie un espediente narrativo efficace: raccontare la vicenda attraverso diversi personaggi e molteplici punti di vista. In una prima parte ben riuscita, i continui cambi di prospettiva conferiscono alla storia un impianto che richiama il miglior Stephen King, con un’America rurale dove i rimandi a It e Stand by Me sono parecchi.

Questa intuizione iniziale funziona a lungo, tra inserti inquietanti nelle vite dei protagonisti Justine (Julia Garner) e Archer (Josh Brolin), entrambi prigionieri di sensi di colpa. Purtroppo, la scelta di alternare punti di vista viene poi abbandonata, privando lo sviluppo necessario a dei personaggi che meritavano di più. Il risultato è un’atmosfera disturbante, che però non trova mai il suo vero senso di terrore.

Weapons è costruito sull’attesa; ma quando il momento della rivelazione arriva, avviene l’imprevisto: l’opera ambiziosa di Cregger perde coesione, ripiegandosi su sé stessa e disperdendo le informazioni accumulate. Il potenziale c’è, ma la mala gestione della narrazione tradisce una certa fretta nell’inserire il sottotesto sociale. Sembra che l’attenzione sia stata rivolta più alla confezione che al contenuto.

Per Cregger questo è il suo Magnolia in chiave horror, ma anche un film con le atmosfere tese di un thriller alla David Fincher. Il problema è che far confluire tutto in un unico flusso coerente risulta molto difficile, e forse nemmeno nelle sue intenzioni. Il racconto si frammenta in segmenti interconnessi, ciascuno legato a un personaggio e a un genere diverso: dal dramma intimista all’inchiesta, dall’action a una grottesca parentesi comica sul finale.

Ciò che resta costante è lo sguardo di Cregger: distante, da laboratorio, sempre più attento al funzionamento degli ingranaggi narrativi che all’immersione nei personaggi. I singoli tronconi, purò, finiscono per non brillare come dovrebbero, faticando a costruire un’atmosfera coerente e avvolgente.

Non mancano dei momenti molto interessanti: l’indagine dell’Archer interpretato da Josh Brolin, l’attraversamento della casa disabitata di James; ma il risultato finale è che il film rimanga fragile, concentrato sull’architettura del racconto più che sull’orrore. Il regista sembra trattenersi: lavora con cura sugli sfondi, sperimenta, ma il rischio sembra non piacergli.

L’ultimo atto, confinato tra le mura della casa stregata, è il momento in cui il film sembra prendere davvero il controllo. Infatti, qui il film trova ciò che finora era mancato: tensione alle stelle, empatia e inseguimenti davvero spaventosi. Ma è una fiammata breve. Subito dopo, il regista sembra tornare al suo approccio analitico, come se l’anima rabbiosa da zombie movie fosse solo un esercizio o un test per il suo futuro Resident Evil.

Weapons finisce così per sembrare il diario di bordo di un ricercatore che osserva e annota le proprie ricerche fallite: affascinante, ma fredde e con un senso di “si può fare di più“.

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Weapons, la disfatta finale di un ottimo inizio

La pellicola mostra chiaramente la sua ambizione, ma l’idea finisce per sfumare. Se da un lato va riconosciuto il coraggio di proporre un horror commerciale dalle molte suggestioni, dall’altro Weapons si perde con se stesso. La tensione, palpabile fino alla fine, viene interrotta da un’ultima scena in cui irrompe un tocco di umorismo nero, in netto contrasto con il resto del film. Il mistero che avvolgeva la trama, gestito dalle ottime prove attoriali, crolla in un epilogo che preferisce l’effetto al chiarimento.

Il climax, più fragoroso che incisivo, svuota il film. Il riferimento alle armi del titolo resta in aria: metaforicamente spiegato con l’idea che siano le persone stesse a incarnare la vera forza maligna, non viene in alcun modo elargito un concetto o pensiero restrostante adatto, ma solo azioni e reazioni, costruite bene, ma che risultano di troppa poca importanza al funzionamento della macro trama.

Nel complesso, Weapons incuriosisce, ma perde tutta la sua coerenza narrativa quando, a tensione finita, le domande che rimangono sono troppe. Weapons resta un esercizio elegante ma sfuggente, che sacrifica l’approfondimento di una storia e dei suoi personaggi per portare in scena sequenze ben costruite, ma molto superficiali.

★ ★ ½

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Dario Vitale
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Passo il tempo libero guardando film belli. Mi piace anche leggere (pensa un po’!). Ogni tanto suono. Ah sì, sono uno studente di lingua giapponese che tenta di prendere la magistrale.