Father Mother Sister Brother Father Mother Sister Brother recensione

Father Mother Sister Brother, recensione: Jarmusch si divide in episodi mozzati e trattenuti

Father Mother Sister Brother è il film di Jim Jarmusch in concorso alla 82esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, che porta in scena tre episodi incentrati sui rapporti tra genitori e figli. Sul grande schermo attori del calibro di Tom Waits, Adam Driver, Cate Blanchett e molti altri ancora che raccontano i ruoli e le sfumature familiari tra genitori, figli, fratelli e sorelle. Direttamente da Venezia 82, ecco la recensione di Father Mother Sister Brother di Jim Jarmusch.

Father Mother Sister Brother
Father Mother Sister Brother recensione

Father Mother Sister Brother: trama del film di Jim Jarmusch

Father Mother Sister Brother è un lungometraggio, costruito con cura nella forma di un trittico. Le tre storie riguardano tutte le relazioni tra figli adulti, i loro genitori (più o meno distanti) e i legami reciproci. Ciascuno dei tre capitoli si svolge nel presente, ognuno in un Paese diverso. Father è ambientato nel nord-est degli Stati Uniti, Mother a Dublino, in Irlanda, e Sister Brother a Parigi, in Francia. Il film è una serie di studi sui personaggi: silenziosi, osservazionali e privi di giudizio; una commedia, ma attraversata da fili di malinconia.

Father Mother Sister Brother: recensione del film in concorso a Venezia 82

A distanza di cinque anni da I morti non muoiono, Jim Jarmusch torna dietro la macchina da presa con Father Mother Sister Brother, un’opera che debutta in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, che inaugura il regista statunitense alla competizione veneziana: nel 2003 aveva presentato Coffee and Cigarettes, fuori concorso.

Distribuito da MUBI, il film riunisce alcuni dei collaboratori più fedeli di Jarmusch, sia sul set che dietro le quinte, per quello che potrebbe essere definito un film fermo e ridondante su se stesso: l’eccessiva staticità di un’opera costruita su silenzi dei personaggi, a volte divertenti e a volte malinconici.

Il cast è uno dei punti forti del film: costellato da interpreti lodevoli, Jarmusch divide con perizia i ruoli, assegnando a ognuno il giusto spazio e le giuste battute. Negli episodi sono presenti Tom Waits, Adam Driver, Mayim Bialik, Charlotte Rampling, Cate Blanchett, Vicky Krieps, Sarah Greene, Indya Moore, Luka Sabbat e Françoise Lebrun.

Guardare Father Mother Sister Brother di Jim Jarmusch è come osservare la vita da una vetrina: vediamo le interazioni umane ridotte ai loro gesti più semplici, privati di pensieri e spiegazioni, immerse in silenzii imbarazzanti e reiterati. È tramite questa prospettiva che il regista statunitense colloca il trittico di storie che indagano i rapporti familiari con una ironia pungente.

Jim Jarmusch ci mette di fronte a un paradosso: ci comportiamo come se le nostre azioni quotidiane fossero normali, eppure non lo sono mai. La loro assurdità, ripetuta e ripetuta, ci rende al tempo stesso ridicoli e esseri umani. Il film, almeno nelle intenzioni, dovrebbe raccontare le assenze, quelle dei genitori distanti, dei figli che non riescono a comunicare, dei legami fraterni. Eppure, al netto di un’ottima costruzione iniziale e scelta di cast varia e ben congegnata, il risultato appare meno incisivo del previsto: un’opera mozzata, che risulta superficiale e lascia la sensazione di un Jarmusch più interessato a osservare che ad andare a fondo.

E tuttavia, nonostante questa leggerezza, Father Mother Sister Brother resta un film divertente, talvolta esilarante. Jarmusch lo costruisce sul filo di un umorismo che nasce dai silenzi più disagianti, tanto prolungati da pensare di voler scappare da quella situazione. È proprio da quei silenzi, però, che emerge lentamente il pathos: lo spettatore finisce per provare compassione verso personaggi che sembrano muoversi come automi, e solo nel terzo atto arriva una catarsi capace di sorprendere.

Il trittico si articola in tre episodi: Father, ambientato nei boschi del New Jersey; Mother, girato a Dublino; e Sister Brother, che chiude il cerchio a Parigi. Tre storie che corrispondono, secondo Jarmusch, alle tre “L” della famiglia: lying, loathing, love (menzogna, disprezzo, amore), rigorosamente in quest’ordine. La regia osserva, non giudica: la sua è una commedia fatta di piccoli momenti, piccoli spazi e, per queste premesse, di poche spiegazioni, che non completano un arco narrativo fino a quel punto mandato avanti.

Il cast è straordinario e riesce a dare corpo all’idea di costruzione rivendicata dalle premesse. Ma è soprattutto il segmento centrale con Cate Blanchett, Charlotte Rampling e Vicky Krieps a rubare la scena: tre attrici che mettono a disagio con un’attitudine passivo-aggressiva che irrompe nello spettatore.

In conclusione, Father Mother Sister Brother non è forse tra i vertici del cinema jarmuschiano, ma rimane un film capace di far sorridere e passare avanti senza riflettere troppo su situazioni normali e, per l’appunto, familiari. Non si nasconde però una leggerezza che aleggia per tutto il film e che si rivela più un limite che un punto positivo dell’opera.

★ ★ ★

Leggi anche: Jim Jarmusch, i film da vedere.

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Dario Vitale
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Passo il tempo libero guardando film belli. Mi piace anche leggere (pensa un po’!). Ogni tanto suono. Ah sì, sono uno studente di lingua giapponese che tenta di prendere la magistrale.