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Lo straniero (L’Étranger): l’adattamento di François Ozon del romanzo di Albert Camus

François Ozon porta in Concorso alla 82esima Mostra del Cinema di Venezia una rilettura del capolavoro di Albert Camus. Il regista francese ne esplora i temi con rigore formale ed eleganza visiva, sostenuto dalle interpretazioni di Benjamin Voisin, Rebecca Marder e Pierre Lotin. Direttamente da Venezia 82 e distribuito da BiM , ecco la recensione de Lo Straniero (L’Étranger), il film di François Ozon.

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Lo straniero: trama del film di François Ozon in concorso a Venezia 82

Algeri, 1938. Meursault, un tranquillo e modesto impiegato sulla trentina, partecipa al funerale della madre senza versare una lacrima. Il giorno dopo inizia una relazione occasionale con Marie, una collega, e torna rapidamente alla solita routine.
Ben presto, però, la sua vita quotidiana è sconvolta dal vicino, Raymond Sintès, che lo trascina nei suoi loschi affari, finché su una spiaggia, in una giornata torrida, si abbatte la tragedia.

Lo straniero (L’Étranger): recensione dell’adattamento firmato François Ozon

Ci sono opere letterarie che non sono incline, di primo acchito, alla trasposizione cinematografica. E molte di queste rappresentano i vertici della letteratura novecentesca. Lo straniero di Albert Camus, ad esempio, che tuttora, a oltre ottant’anni dal suo debutto (pubblicato nel 1942) continua a sollecitare interrogativi nei lettori. Un’opera dalla superficie elementare, ma forse indecifrabile. Una narrazione esistenzialista, che contrasta tra insensatezza dell’esistenza e la voglia di comprendere l’uomo.

Qualche anno dopo la pubblicazione del romanzo, Camus accettò la proposta di trasposizione per il cinema sotto la direzione di Jean Renoir con Gérard Philipe come interprete principale, ma le negoziazioni sui diritti eccessivamente costosi bloccarono l’iniziativa. Fallimentare anche il tentativo di Ingmar Bergman, fino a quando prevalse Dino De Laurentiis, che affidò la direzione a Luchino Visconti e selezionò Marcello Mastroianni come protagonista. La pellicola, realizzata seguendo le richieste della vedova Camus, figura tra le meno interessanti di Visconti. Questo perchè, al di là dell’esistenzialismo che permea il romanzo, Lo straniero partiva da Camus per giungere al conflitto algerino, con una grande componente politica.

Lo straniero, in Competizione a Venezia 82, vede François Ozon confrontarsi innanzitutto con l’opera originaria, un testo tanto analizzato e acclamato quanto scarsamente sedimentato nella memoria visiva. E Ozon, un cinefilo devoto che cerca costantemente il dialogo con i classici, non può che modellare la sua interpretazione partendo dal cinema contemporaneo all’epoca di Camus.

Lo realizza con un’operazione stilistica di notevole raffinatezza, piuttosto erudita e comunque in comunicazione con il pubblico, abbagliata dal bianco e nero di Manu Dacosse.

L’approccio nell’esplorazione del protagonista non può evitare di impegnarsi nella ricerca affannosa del sentimento, del trauma, dell’umanità di un personaggio incomprensibile.

E scopre in Benjamin Voisin, un interprete straordinario per la capacità di incarnare tedio e sofferenza. Voisin dà corpo a Meursault, un umile impiegato che vive nell’Algeri colonizzata dai francesi del 1938. Dopo aver assistito al funerale della madre senza versare una lacrima, inizia una liaison casuale con l’intraprendente Marie (Rebecca Marder, straordinaria), si lascia trascinare nei problemi del torbido vicino di casa (l’impeccabile Pierre Lottin, prediletto di Ozon), finché su una spiaggia, in una giornata afosa, viene arrestato per aver esploso cinque colpi di pistola contro un arabo che minacciava l’amico.

Ozon penetra nella psiche del detenuto per occuparsi del mistero di un’azione ma anche di un’esistenza, esalta l’inaccessibilità del protagonista attraverso i suoi legami con gli altri personaggi.

Straniero sì, ma in cosa? Prima di tutto negli affetti: nel rapporto con una madre amata ma con cui “non aveva più nulla da comunicare”, come dice il bizzarro vicino che ha smarrito il cane (Denis Lavant); nella relazione con la fidanzata desiderata fisicamente e forse sentimentalmente ma alla quale non riesce a pronunciare parole d’amore perché “non è importante”; in quelle con gli amici o presunti tali.

Straniero nelle istituzioni, perché la tesi dell’accusa, quanto quella della difesa per altri aspetti, non risiede nella condanna dell’azione criminosa in sé (Non sarai né il primo né l’ultimo ad aver eliminato un arabo) ma nell’imputazione del figlio ingrato, del fidanzato distaccato, dell’amico aggressivo, in sintesi dell’individuo da eliminare perché discordante rispetto alle regole, scritte e non.

E straniero, in ultima analisi, in un mondo che sembra aver completamente dimenticato la vittima, utilizzando l’omicidio “secondario” di un colonizzato per mettere sotto processo ciò che la Francia colonialista rifiuta di aver fatto ai propri cittadini.

Lo straniero diventa, così, un grande dramma melodrammatico, politico, legale, e infine spirituale. Non provo rimorso: provo noia, è una frase che racchiude l’immagine di una Francia colonizzatrice che nega, di fronte ai fatti, ciò che è diventata.

★ ★ ★ ½

Se ti è piaciuto, leggi ancheSotto le foglie, recensione del film di François Ozon

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Dario Vitale
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Passo il tempo libero guardando film belli. Mi piace anche leggere (pensa un po’!). Ogni tanto suono. Ah sì, sono uno studente di lingua giapponese che tenta di prendere la magistrale.