
19 Ott 2025 Leibniz – Chronicle of a Lost Painting: Arte e Scienza si riflettono nei lumi della filosofia
Presentato nella sezione Best of 2025, al Rome Film Fest, Leibniz – Chronicle of a Lost Painting è il nuovo film del regista tedesco Edgar Writz. Il titolo in costume si concentra sull’omonima figura del filosofo tedesco, per una “battaglia artistica” ambientata nella Prussia del ‘700. Ecco di seguito la recensione del film Leibniz, scritto e diretto da Edgar Writz.
Leibniz – Chronicle of a Lost Painting, la trama del film di Edgar Reitz sul filosofo tedesco
Tra i più acclamati del panorama cinematografico tedesco moderno, il novantenne regista Edgar Writz torna dietro la macchina da presa con un imponente film in costume carico di temi e riflessioni artistiche, scientifiche e filosofiche davvero affascinanti. Ecco la sinossi ufficiale di Leibniz – Chronicle of a Lost Painting:
Nel 1704 la regina di Prussia, Sofia Carlotta, commissiona un ritratto del filosofo Gottfried Wilhelm Leibniz, il teorico dei mondi possibili ma anche un precursore del calcolo infinitesimale. È un atto di devozione, ma anche un modo per catturare una personalità che la sovrasta. Il pomposo Delalandre pensa di cavarsela con il suo mestiere, aggiungendo un volto a uno schema prefissato, con tanto di parrucca. Ma l’anziano filosofo lo provoca e lo mette in crisi. E così entra in scena una nuova artista, Aaltje van der Meer, con cui Leibniz si troverà a suo agio per riflettere su cosa sia la rappresentazione pittorica.

Leibniz – Chronicle of a Lost Painting, recensione: Arte e Scienza si incrociano in flussi filosofici
Sono serviti più di 10 anni per arrivare a realizzare la sceneggiatura del film, che segna il ritorno sul grande schermo di uno dei nomi più illustri del cinema tedesco moderno. Successivamente aver chiuso la sua saga di Heimat, Edgar Reitz riparte con una nuova “Chronicle”, catapultandoci nella Prussia del ‘700, l’età dei lumi. Ed è proprio l’incipit ad essere artisticamente invitante, accendendo un faro sull’oscurità di un palcoscenico ed inaugurando una visione cinematografica che andrà a sfidare diverse correnti artistiche.
Uno scambio epistolare, la magia del cinema che azzera le distanze grazie al montaggio, regine, principesse ed autoritari consiglieri di Corte. Ecco arrivare quella richiesta, quel ritratto che avrebbe permesso al filosofo di restare a disposizione per ogni dubbio. Un espediente che il regista sfrutta in maniera geniale per far partire un fiume di parole, idee, pensieri e concetti, un Pensatoio in frenetico movimento.
La scelta del primo pittore per l’incarico, l’illustre Delalandre, si rivelerà essere completamente fallimentare. Questo non per la qualità e professionalità dell’artista, uno dei più ricercati negli alti palazzi d’Europa, ma proprio per il concetto stesso del suo lavoro. Il signor Delalandre si presenta infatti con una sua idea precisa di allestimento, delle cornici già realizzate per poter semplicemente inserire solo il volto del modello protagonista.
Sarà dunque Leibniz chiamato ad adattarsi a quanto preparato dall’artista, e non è quest’ultimo a dover creare la sua arte in funzione del soggetto. Per il filosofo ciò è inaccettabile, sostenitore del fatto che ogni persona è uguale a sé stessa e solo ad essa. Quando verrà chiamata la sostituta di Delalande, Aaltje, quest’ultima adotterà l’approccio inverso, volendo conoscere il suo protagonista e dando così vita ad un condiviso flusso di coscienza davvero notevole.
Prendiamo due pennelli: apparentemente identici, stesso materiale, stessa lunghezza, stessa lavorazione. Nonostante possano sembrare identici, quei due pennelli non potranno mai essere la stessa cosa. Se è vero che A è uguale ad A (essere sé stessi), e B è uguale a B, allora sarà impossibile che A sia uguale a B, per non incorrere nel paradosso di azzerare la precedente convinzione. Nel film di Reitz si apre un discorso sull’identità davvero notevole, sulla concezione e sulla reale essenza di un’immagine riflessa, un’effige, una rappresentazione pittorica (cinematografica) volta ad imprimere una singola versione di ciò che viene rappresentato.
L’Arte dei sentimenti e la Scienza della verità si incontrano, in una serie di riflessioni filosofiche da portare a mettersi seduti nel riprendere fiato. Cosa può realmente comunicare un volto, una maschera, ma anche altre passeggiate cognitive in un sentiero esistenziale e dell’inconscio, arrivando a definire la necessità del male nel “migliore dei mondi possibili” ed il “tempo della pittura”, che intrappola sulla tela un momento, uno spazio, congelandolo per l’eternità (Dorian Gray).
Una lezione accademica sui misteri della vita, la quale arriva ad interrompersi in modo brusco e beffardo nel “migliore dei modi possibili”: lasciando molti temi sospesi sui quali rimuginare. Nel realizzare un film su uno dei massimi esponenti del pensiero occidentale, il regista rende onore ad uno dei più illustri figli della sua terra con un’opera artistica, filosofica e scientifica dalla possente liricità.
La ricerca della luce tra immagini riflesse
Al di là della sceneggiatura, come detto rielaborata in diversi anni, Leibniz – Chronicle of a Lost Painting offre un colpo d’occhio straordinario. Fotografia, scenografia e costumi compongono un mirabile dipinto in chiaroscuro che costituisce il trionfo del cinema in costume del ‘700. Non si arriva ai livelli praticamente perfetti del Barry Lyndon di Stanley Kubrick, ma la composizione scenografica del film di Reitz gode di una raffinatezza e di una cura davvero sorprendente, riuscendo anche a mettere a segno diverse idee visive audaci e molto efficaci.
Nella ricostruzione storica, tuttavia, si fugge da un’eccessiva stagnazione del lusso, andando altresì a valorizzare spazi più stretti e più simili ad una bottega che ad una sala del trono. C’è infatti da dire come il 4:3 del film e la ristretta location, conducono ad un vero e proprio kammerspiel scientifico, artistico e spirituale, facendo incontrare e scontrare pensieri e parole del bel cast.
Dopo essere stato il volto di Richard Wagner, l’attore tedesco Edgar Selge è tornato recentemente sul grande schermo dopo un periodo lontano dalle scene. Arriva così nel 2022 La fossa delle Marianne di Eileen Byrne e Aus meiner Haut di Alex Schaad, ma l’interpretazione di Leibniz resterà una delle più importanti ed iconiche della sua carriera.
★ ★ ★ ★ ½
