
18 Ott 2025 Anemone: una questione di famiglia tra ritorni e partenze
Dopo 8 anni da Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson, recentemente al cinema con Una battaglia dopo l’altra, Daniel Day-Lewis torna finalmente sul grande schermo. Si tratta di Anemone, opera di debutto del figlio dell’attore 3 volte premio Oscar Ronan, presentato in anteprima ad Alice nella Città. Ecco di seguito la recensione di Anemone di Ronan Day-Lewis.
Anemone: la trama del film che segna il ritorno di Daniel Day-Lewis
Uno dei più grandi interpreti della storia del cinema, Daniel Day-Lewis, fa finalmente ritorno sul grande schermo con Anemone, scritto assieme al regista e figlio Ronan. Quella del film, presentato ad Alice nella Città 2025, non poteva dunque che essere una storia di famiglia. Anemone narra infatti di due fratelli, Ray e Jam, con il primo che ha scelto di ritirarsi a vita privata in un’area boschiva inglese.
I veri motivi dell’esilio restano un mistero, ma sono tali da portare Ray ad allontanarsi dalla moglie e dal figlio in arrivo per oltre 20 anni. Il fratello Jem, tuttavia, ha bisogno dell’intervento di Ray e, quando si presenterà alla radura, nascerà l’occasione per un confronto definitivo tra i due.

Anemone, la recensione: nel nome del padre…
La nostra eredità.
Sono le prime parole pronunciate da Ray in Anemone. Il suono di una voce atteso per oltre 8 anni, da quel Il filo nascosto del 2017 diretto da Paul Thomas Anderson. Daniel Day-Lewis, il 3 volte vincitore del premio Oscar come Migliore Attore, ha fatto ritorno sul grande schermo, con il vento che è finalmente cambiato. Dopotutto anemone deriva dal greco ànemos, vento, proprio per via delle oscillazioni dei suoi petali e, tra i suoi significati, vi è anche quello dell’attesa.
Impossibile dunque assistere al film tenendo fuori l’extracinema, con il personaggio di Ray in esilio per anni chiamato a fare ritorno a casa, per aiutare il figlio. Ecco allora tornare quella pesantissima parola, eredità, perché Anemone non poteva che essere un film sulla famiglia, nonostante in questo caso il confronto non sia (direttamente) padre-figlio ma tra fratelli.
Due uomini presentati immediatamente come incredibilmente distanti e distaccati, per poi iniziare un percorso terapeutico per entrambi al fine di riallacciare i rapporti perduti a causa del trauma. Quest’ultimo è quello nato in seguito alla guerra, ovvero il crimine per eccellenza, con il concetto di eredità che qui travalica la “semplice” linea di sangue per arrivare ad un discorso storico-nazionalistico.
In un periodo come quello in cui viviamo, l’orrore ed i conflitti disumani sono all’ordine del giorno, rievocando in Anemone anche il sanguinoso passato irlandese. Che sia in Ucraina, sulla costa di Gaza o tra le verde campagne inglesi, la guerra è guerra e le vittime restano vite spezzate. Abbandonando completamente un perdono divino inesistente, così come la sua giustizia, all’ex soldato Ray viene chiesto di affrontare il suo nemico peggiore: sé stesso ed il suo passato.
Una battaglia demoralizzante da vincere, per consegnare un futuro ad un figlio sempre più smarrito e sempre più sulla strada del padre. Con il trauma post-bellico da superare ed un’eredità da raccogliere e superare, Anemone racconta la sua storia di fratellanza attraverso un piglio anche biblico, dove la natura diventa comprimaria e si adatta alla malvagità e debolezza degli uomini. L’ambientazione diventa in tal senso fondamentale, con l’evocazione di quella celeberrima selva oscura e di quelle piaghe divine che non risparmia nemmeno gli “spiriti dell’isola”, frutto di una composizione artistica a tutto tondo.
…e del figlio
Di composizione artistica si è appena detto, perché Anemone non segna “solo” il ritorno di uno dei più formidabili interpreti nella storia del cinema, ma anche l’inizio della carriera di Ronan Day-Lewis. Per un padre che torna, un figlio che parte. La sfida per il ragazzo irlandese classe 1998 era particolarmente gravosa, onere ed onore di riportare sul grande schermo lo stimato padre dopo tutti questi anni di attesa. La prova con Anemone è sorprendente da tutti i punti di vista.
La colossale ombra del padre non rappresenta infatti un ostacolo per il regista, il quale riesce a dare sfogo alle sue idee estetico-sensoriali attraverso un gioco d’insieme davvero formidabile. Ecco che la leggenda Daniel diventa uno degli elementi nella composizione della scena, sicuramente con un notevole peso ed approccio emotivo, ma non l’unica fonte d’interesse. Il regista rende infatti palese la sua passione verso la pittura, con Anemone che mette a segno una serie di immagini mozzafiato, in un perfetto incontro tra il potenziale scenico delle ambientazioni e la precisa direzione fotografica di Ben Fordesman (Santa Maud, Love Lies Bleeding).
Istantanee e momenti ripresi con mano ferma, lenta, per enfatizzare l’impatto estetico ed emotivo oltre che per dare via libera a Daniel Day-Lewis. Ecco che, ogni ricercato piano sequenza ed inquadratura, diventa un assist troppo ghiotto all’attore per continuare a dimostrare di saper ancora fare il proprio lavoro ed essere il migliore.
Mettendo momentaneamente da parte l’inevitabile elefante nella stanza, non ci si può dimenticare del comprimario di Anemone. Assieme al 3 volte premio Oscar, Sean Bean regge perfettamente la condivisione della scena, per due prove non soltanto emotivamente incisive, ma anche fisicamente performanti specialmente per un’età che non sembra passare.
I due protagonisti principali sono dunque incredibili ed il regista riesce alla perfezione ad immetterli in uno spazio fotoscenografico che riserva continuamente gioie per gli occhi. Ma in Anemone vi è anche un altro elemento che permette al film di acquisire un’impronta artistica e sensoriale definitiva, ovvero la potentissima colonna sonora di Bobby Krlic. Lo stretto collaboratore di Ari Aster (Midsommar, Beau ha paura, Eddington) rende onore a quell’aura biblica sopracitata, rendendo visibile una storia di fantasmi nel proprio armadio anche ad occhi chiusi.
In conclusione, Anemone è uno dei film più attesi del 2025, in virtù del celebrato ritorno sul grande schermo di una leggenda del cinema. Un fattore che avrebbe potuto rappresentare una pericolosa sfida ed una pesante ombra da ereditare per il figlio Ronan che, invece, fa completamente suo il film inserendo la star all’interno del suo mondo. Il film offre un’esperienza sensoriale davvero formidabile, legando assieme la spessa emotività dei due protagonisti al quadro estetico-sonoro della messa in scena.
★ ★ ★ ★ ½
