
29 Ott 2025 O agente segreto: recensione del film di Kleber Mendonça Filho
Dopo il trionfo di Walter Salles con Io sono ancora qui, premiato agli Oscar come miglior film internazionale, il cinema brasiliano continua a fare i conti con la sua storia. Alla Festa del Cinema di Roma 2025, dopo il doppio riconoscimento a Cannes 78 (miglior regia e miglior attore per Wagner Moura), è approdato O agente secreto di Kleber Mendonça Filho. Il regista di Recife torna a interrogare il proprio Paese attraverso le lenti del cinema di genere. Ecco la recensione di O agente segreto, il film di Kleber Mendonça Filho.

O agente segreto: trama del film Miglior regia a Cannes 78
Negli ultimi anni della dittatura militare, Marcelo (Wagner Moura), un professore universitario, si rifugia a Recife, sulla costa nordorientale. Spera così di lasciarsi alle spalle un’esistenza segnata da violenza e segreti, fatta di compromessi e vecchi debiti mai saldati. Ha scelto di trasferirsi in città durante la settimana di Carnevale, illudendosi che il caos festoso possa mascherare le sue tracce e offrirgli un nuovo inizio. Ma Recife non è il rifugio che immaginava.
Tra vicoli affollati, maschere ambigue, incontri enigmatici e una sorveglianza che si insinua in ogni angolo, Marcelo si ritrova presto intrappolato in una spirale di paranoia, sospetto e minacce invisibili. Il suo tentativo di fuga si trasforma in un confronto sempre più teso con le ombre del potere, in un Brasile dove nulla è davvero al sicuro e dove ogni passo sembra sorvegliato.
O agente segreto: recensione del film con Wagner Moura
Qual è lo stato di libertà che la dittatura impone? Quanto è difficile affrancarsi dal senso di angoscia che esso genera? Come si finisce ad essere ridotti all’ineluttabilità? E gli altri, i cari, che ne è di loro?
Sono questi gli interrogativi che compongono O agente secreto, ambientato nella Recife del 1977, topos ideologico del cinema di Mendonça Filho. Al centro della narrazione troviamo Marcelo, agente sotto copertura in fuga dal proprio passato, in procinto di riabbracciare il figlio nel pieno della dittatura militare. È un uomo sospeso tra l’operatività professionale e la sopravvivenza morale, spia scoperta della repressione del Sistema e, di converso, della resistenza che lo brama.
Mendonça Filho mette in scena la storia di individui oppressi, che resistono o si sottomettono – così dichiara, ricreando l’atmosfera di una dittatura. Marcelo lascia San Paolo per Recife, cerca rifugio durante un Carnevale che farà 91 morti, ma la pace è davvero possibile? Il film arriva all’incursione nel genere con sequenze quasi oniriche, come una gamba amputata che si vendica.
La cornice contemporanea attraverso cui ritroviamo le audiocassette contenenti la vita di Marcelo risulta in una narrazione che per l’iterazione cui si concede è farraginosa. Eppure, nonostante queste sbavature, O agente secreto rinnova un’attenzione politica fondamentale, di cui rivela l’intento urgente del film di testimoniare ideologie tiranniche e dinamiche di diseguaglianza sociale.
Dopo Io sono ancora qui di Walter Salles, il Brasile consegna a sé e al mondo un altro monito civile sulla dittatura militare. Due film che si completano nella memoria lacerante di un passato come futura arma di difesa.
In un’epoca in cui le democrazie sembrano vacillare, in cui l’autoritarismo torna a fare capolino, O agente secreto è più di un thriller sulla dittatura brasiliana degli anni Settanta: è un film sul presente, sul rischio di addormentarsi, di abbassare la guardia, di dimenticare cosa significa libertà.
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