
10 Lug 2025 Superman: l’aliena gentilezza in tempi disumani
A solcare l’onda d’urto delle polemiche, circa la sua accoglienza durante le anteprime in sala, ecco che il 9 luglio arriva nei cinema italiani il Superman di James Gunn. Quello con protagonista David Corenswet non è uno dei titoli più attesi dell’anno “solo” per il peso specifico del nome del suo personaggio protagonista, ma anche per l’inevitabile curiosità circa la nascita della nuova DC cinematografica. Ecco la recensione di Superman del 2025.
Superman: la trama del film di James Gunn
Riprendendo naturalmente l’omonimo personaggio DC Comics, nato nel 1938, Superman è il 9° film scritto e diretto da James Gunn, nonché primo del c.d. DCU e precisamente del Capitolo Uno: Dei e Mostri.
La trama del film si ambienta 3 anni dopo che Superman si è rivelato al mondo, ovvero quando interviene – senza autorizzazioni governative – nel conflitto tra Boravia e Jarhanpur, ponendo fine alla guerra. L’eroe non ha infatti pensato alle conseguenze delle sue azioni ed il mondo, specialmente quello geopolitico, è in subbuglio, iniziando a temere il fatto di un’entità sovrumana fuori da ogni controllo.
Il massimo antagonista di Superman è infatti il magnate dell’alta tecnologia Lex Luthor, pronto a tutto pur di sconfiggere l’extraterrestre e scongiurare una fantomatica minaccia.
Superman, la recensione: inizia l’era di James Gunn!
È un uccello? È un aereo? È Superman!
Con pochi dubbi si potrebbe affermare come, tale citazione, sia tra le più iconiche del panorama pop e non solo. Avvistare qualcosa in cielo, quel luogo in cui l’essere umano ha da sempre sognato di potersi librare, non capire all’inizio cosa sia e poi accorgersi di qualcosa di straordinario. Superman potrebbe essere un’ottima metafora per il cinema stesso, nel rendere straordinario l’ordinario e viceversa, l’umano un alieno e viceversa.
Fatto sta che Superman, comunque, resta indubbiamente la manifestazione più pura e definitiva del concetto di supereroe, con la Settima Arte (e la televisione in precedenza) che ha sempre attinto da questa realtà. Dalla serie anni ’40 al Superman di Henry Cavill, passando ovviamente per l’epocale film di Richard Donner (che di fatto ha impostato e ridefinito il concetto moderno di “cinecomic”), il personaggio non è mai stato davvero lontano dallo schermo.
A quasi un secolo dalla sua creazione, non si arriverebbe a contare ogni adattamento multimediale e rivisitazione cartacea del figlio di Krypton, limitandoci dunque a concentrarsi “solo” ed unicamente sulla sua nuova versione e sul suo nuovo autore. Il film del 2025, infatti, non rappresenta una semplice presentazione di un nuovo Superman, ma anche l’inizio della nuova DC con alla guida un nome come quello di James Gunn.
Avendo dimostrato di essere un grande appassionato della storia dei suoi protagonisti, il regista di Super – Attento crimine!!! e Guardiani della Galassia sceglie di andare per la sua strada e mettere subito le cose in chiaro. Il suo DC è…insomma è il suo. Il complicatissimo progetto dietro il The Flash di Andy Muschietti si è rivelato effettivamente una vera e propria pietra tombale sull’universo cinematografico DC. Questo non stava infatti dimostrando solo di star perdendo pezzi ed idee film dopo film, ma anche di non essere in possesso di un certo tipo di “intelligenza” (o meglio furbizia) produttiva dei sempre rivali amici della Marvel.
Ecco che James Gunn, l’uomo giusto al momento giusto, ha il gravoso incarico di stravolgere le cose e prendere in mano la situazione, pronto a portare la sua recente esperienza e porla alla guida della sua nuova astronave. La DC “total black” di Zack Snyder e soci riprende colore, luce, parlando di speranza e gentilezza senza pensare alle conseguenze filmiche ed extracinema.
L’autore modella la sua creatura a sua immagine e somiglianza, dimostrando di non aver perso quello spirito punk (rock) degli esordi, di quello spirito artistico nel saper e voler andare controcorrente. Attraverso il suo totale controllo, Gunn rifiuta il controllo stesso, tanto del potere politico quanto e soprattutto dei mass-media, intaccando non solo la trama delle sue storie ma, allo stesso tempo, anche l’accoglienza e le aspettative fuori dallo schermo. James Gunn non presenta una origin story, ma inaugura la sua nuova avventura mostrando l’essere invincibile appena sconfitto in battaglia. Inizia l’era di James Gunn, e le premesse sono più che luminose.

Una S nel cielo di Gaza (?)
È questo lo sbaglio più grande che hai sempre fatto Lex. Io sono umano come chiunque altro.
Ma quali sono queste “premesse”? Basterebbe infatti questa frase per riassumere l’intero nuovo film del regista di Slither, assieme all’immagine di Superman che salva un semplice scoiattolo dall’onda distruttiva di un nuovo mostro in città. Nel corso degli anni James Gunn ha sempre più dimostrato di essere il “regista degli sfigati”, da Super a The Suicide Squad, passando ovviamente per gli sgangherati Guardiani della Galassia.
In questo caso la posta in gioco era sicuramente più alta, ovvero quella di rendere uno “sfigato” il supereroe per eccellenza. Il protagonista indossa infatti la tuta di Superman per quasi l’intera visione del film, ma il regista è abile nel non abbandonare Clark Kent nemmeno per un momento. Non si parla in tal caso di una “fragilità” esclusivamente fisica e relazionale, presentando un personaggio che riceve un considerevole numero di bastonate, non riesce a sostenere un “duello dialettico” con la sua donna e viene abbandonato dal suo gruppo di presunti amici.
Il carattere dello “sfigato” assume contorni decisamente più ampi e determinanti nel nuovo film di James Gunn, che non poteva non inserire del suo e che al Super aggiunge il cruciale Man. Lo “sfigato” (termine etichettato anche direttamente tra gli uffici del Daily Planet) si identifica nell’emarginato, il diverso che viene trattato diversamente da una maggioranza compatta. Il nuovo protagonista di casa DC è un umano immigrato in un mondo di alieni, dove essere gentili, empatici e salvare vite diventa un problema.
<<Non pensi alle conseguenze delle tue azioni?>> viene chiesto con violenza a Superman, ma quali conseguenze nefaste potrebbero mai esserci nell’impedire una guerra e lo spargimento di sangue? Domande appunto assurde per chi non è di questo mondo, abituato più a spezzare e veder spezzare vite invece di salvarle. “Coccolando” il pubblico ai suoi “colori”, senza mai abbandonare i suoi sani principi, James Gunn arriva infatti a spiazzare lo spettatore per la portata diretta e dirompente del suo approccio politico nella realtà odierna che ci circonda.
Le fake news nel giornalismo, il dannoso connubio tra IA ed algoritmi nel processo di innovazione tecnologica, arrivando a poco velati riferimenti geopolitici. Difficile non pensare infatti alla polveriera in Medio Oriente nel conflitto filmico tra Boravia e Jarhanpur, alla paura dell’atomica (Superman) ed al ritorno della guerra preventiva, ad un Presidente autoritario e fantoccio di almeno 3 leader politici di oggi. Il film di James Gunn è fortemente immerso nel mondo che ci circonda, come monito ed appello per continuare a cercare quella S nel cielo, la S di Speranza nel prossimo e di un mondo votato alla bontà e alla giustizia.
Il privilegio della semplicità in questi tempi sempre più complicati
Io non stavo rappresentando nessun altro se non me!
Il nuovo film di James Gunn non sarebbe dunque nient’altro che una favola, portando lo spettatore alla convinzione che ognuno può essere “Super” anche nel proprio piccolo. Una piccola e buona azione, un gesto di bontà e gentilezza possono salvare il mondo. Una conclusione che si potrebbe definire alquanto “ridimensionata”, soprattutto dopo aver messo sul fuoco tanta carne così piccante e sostanziosa.
L’ultimo atto di Superman arriva infatti a complicare un po’ le cose, con l’irrompere della questione dello squarcio dimensionale che distoglie l’attenzione del protagonista dal discorso prettamente geopolitico dell’invasione. Non si tratta naturalmente di un “errore di intenti”, facendo semplicemente tornare il personaggio sui binari “fumettistici” della battaglia con il proprio villain e delegando quello che poteva essere davvero il punto determinante e definitivo del nuovo Superman di Gunn.
Da questo specifico punto di vista, infatti, nonostante le premesse, intelligenza creativa e coraggio del suo autore, il film non riesce a distaccarsi troppo dalla massa dei suoi simili facendo riferimento, giustamente, ad una visione “inclusiva” e bonaria per il grande pubblico. Gli incisivi discorsi riguardo il giornalismo 2.0, l’era dell’IA e degli algoritmi restano infatti più elementi a margine della “semplice” avventura del protagonista nella crescita personale e della sconfitta del suo antagonista. Lo stesso piano geopolitico diventa infatti un semplice pretesto per una vendetta personale di Lex, con la S di Superman che, si sarà capito, diventa anche quella di Semplicità.
Da una parte, infatti, il film prende la strada più sicura e meno gravosa, focalizzandosi sull’aspetto più propriamente pop e presentando un intreccio narrativo con non poche uscite di sicurezza. Il film presenterebbe infatti fin troppe “facilonerie”, arrivando anche a forzare elementi fin troppo dirompenti per un primo tassello di un nuovo universo cinematografico. In tal caso si fa riferimento non soltanto all’immissione di personaggi (dal cameo di Peacemaker alla stessa Justice Gang) e alle dinamiche interpersonali, ma anche e soprattutto ai livelli di forza degli stessi, specialmente per la forza sovrumana dell’impero creato da Lex Luthor.
A proposito si apre una parentesi sull’ottimo antagonista interpretato da Nicholas Hoult (Nosferatu, Giurato Numero 2), presentando un villain davvero spietato, pericoloso e dai sentimenti ben individuati. Ampliando la parentesi alle prove recitative, nel calderone di comparsate e ruoli secondari (dove la Lois di Rachel Brosnahan convince a tratti), David Corenswet è semplicemente perfetto per essere Superman.
Ecco allora che si torna a quella tanto decantata “semplicità”, che non deve e non può assumere solo ed esclusivamente connotati negativi. Nella sua nuova ed ardua impresa, James Gunn sceglie di inseguire la strada che più conosce, ovvero quella dei sentimenti. Il regista riesce infatti a divertire ed emozionare, non caricando la mano tanto sul lato comico dei suoi precedenti lungometraggi, ma sapendosi piuttosto soffermare sui caratteri intimi ed intimistici del suo protagonista.
Gunn riprende uno degli elementi più forti della sua vincente trilogia dei Guardiani della Galassia (il ruolo del doppio padre di Peter nel secondo film), indovina la nuova mascotte nel giocherellone cane Krypto ed incasella una serie di combattimenti spettacolari ad ampio raggio (ed ampio budget) che sanno giocare con lo spettatore. In conclusione, l’attesa era spasmodica e le aspettative elevate. James Gunn si ritrovava nella scomoda e stimolante condizione di rinnovare l’universo cinematografico della DC, partendo dal suo leader e dall’emblema dei supereroi sul grande schermo.
Lo fa trasformando il salvatore per eccellenza in un “immigrato sfigato”, emarginato da un mondo guerrafondaio e sempre più conflittuale (soprattutto nell’era digitale) per via della sua gentilezza, empatia e senso di giustizia. James Gunn porta su schermo un cinecomic intimo, divertente e spettacolare, che lascia purtroppo da parte un bagaglio potenzialmente enorme nel cercare di rendere semplice un qualcosa che semplice non può essere.
Si sarebbe in tal caso creato un banco di prova davvero troppo importante per i prossimi progetti del neonato DCU, mantenendo comunque un profilo decisamente alto. Superman non è forse il miglior James Gunn, è forse tra le migliori trasposizioni del personaggio (se non la migliore) su schermo, ma in ogni caso resta un “semplice” film che dice e vuole dire molto, anche troppo.
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