Recensione del film Giurato numero 2

Giurato Numero 2 è il martello del Giudice che mette alla sbarra lo spettatore

Distribuito nelle sale italiane dal 14 novembre 2024, successivamente all’anteprima dell’AFI Fest, Giurato Numero 2 (in originale Juror #2) è il 40° film diretto da una leggenda come Clint Eastwood. Sulla strada verso i 95 anni, l’attore icona del cinema western e regista premio Oscar porta sul grande schermo un legal-thriller viscerale, intimista, che costringe lo spettatore ad una cocente riflessione personale e non solo. Ecco di seguito la recensione di Giurato Numero 2.

Giurato Numero 2, la trama del film di Clint Eastwood

È impressionante prendere nota di come, la sceneggiatura di Giurato Numero 2, veda il debutto cinematografico dello scrittore Jonathan Abrams sebbene, dati temi ed elementi esposti nel film, la collaborazione con Eastwood possa essere stata particolarmente vicina e determinante. L’opera vede come protagonista il giovane giornalista Justin Kemp, cittadino modello che assiste la moglie Ally al suo settimo mese di gravidanza.

Tuttavia, lo stesso sarà spesso via di casa in quanto selezionato per far parte della giuria popolare (il numero 2) ad un processo, il quale vede l’imputato accusato dell’omicidio della fidanzata. Una volta in aula e preso nota delle dinamiche dell’accaduto, Justin realizza che potrebbe essere stato lui stesso autore dell’omicidio in seguito ad un incidente stradale. Il giurato numero 2 punterà così a rendere colpevole un imputato innocente, scagionando definitivamente se stesso, o si assumerà le sue responsabilità?

Recensione film Clint Eastwood Giurato numero 2

Giurato Numero 2, la recensione: il dolore di assumersi le proprie responsabilità

Tu sai cosa fare.

Il 7 novembre 2024 viene ufficialmente distribuito, nelle sale italiane, il terzo capitolo della saga di Terrifier. Una visione violentissima, truculenta e sanguinolenta in termini quasi esasperati; tuttavia, in quel caso, la sensazione che ricopre il film è quella di un macabro divertimento, ironico e che riesce a strappare più di una risata. Poi, una settimana dopo, è il tempo del ritorno sul grande schermo di una vera e propria leggenda come Clint Eastwood. Giurato Numero 2 è un’opera pacata, rigorosa, rispettosamente parlata e mai urlata, eppure di una violenza emotiva e morale inaudita.

Rimanendo solamente nell’ultimo periodo di una carriera d’oro di oltre 40 lavori di regia, l’autore di opere come Mystic River, Gran Torino e Richard Jewell continua a battere il suo martello in aula sul concetto di “giustizia”, scandagliando veramente nel profondo l’essere umano (sempre peccatore) e spingendolo a chiedersi: sono pronto a prendermi le mie responsabilità?

La giustizia degli uomini, la giustizia negli uomini, con lo stesso film che si apre con l’immancabile ed immaginifica istantanea della Dea bendata che, dall’alto dell’empireo, giudica i misfatti degli uomini mortali. Si tratta di un’immagine ferma, opaca ed ingiallita, per una Giustizia in evidente difficoltà che viene anche rappresentata dalla stessa fotografia del film nelle aule di tribunale.

Negli interni, infatti, la palette cromatica tende particolarmente ad appassirsi, catturando una visione ocra ed a tratti tenebrosa che, una volta fuori da quegli spazi, riprende i suoi (rigorosamente freddi) colori. Quella di Iustitia è poi la stessa immagine della statua posta a simbolo immutabile all’ingresso del suo tempio, con i propri sacerdoti (giudici, avvocati d’accusa e difensori) chiamati alle rispettive funzioni.

Queste ultime vengono, tuttavia, fortemente influenzate e manovrate da interessi e necessità che esulano da quello stesso concetto di “Giustizia”: si accusa un uomo con indagini approssimative solo perché è l’indiziato perfetto; l’accusa deve vincere per personali scopi politici; quando dovrebbe essere annullato il processo prosegue per mancanza di fondi e molte altre criticità drammaticamente reali.

Ma Eastwood, in questo caso, non vuole “solo” soffermarsi sull’instabilità di un sistema giudiziario in crisi e che non si scandalizza nel mandare alla gogna un innocente, ma porta in atto un’operazione ancora più intimista. <<La giustizia è cieca. La colpa vede tutto.>> è la tagline del film, con l’inizio della visione effettiva che si apre con una donna anch’essa bendata, Ally, guidata dal fedele marito Justine. Il personaggio interpretato da Nicholas Hoult è il “normal man” di Clint Eastwood, il cittadino modello, l’uomo semplice con famiglia ed i propri scheletri nell’armadio che porta avanti la società.

Il messaggio di Giurato Numero 2 sarebbe “semplice ed immediato” già da questo momento iniziale: la Giustizia è bendata e deve essere guidata dagli uomini. Un’immagine potente e destabilizzante incrementata dal fatto che, quella stessa donna bendata, è incinta, portatrice di una nuova generazione. Ma di quali uomini si sta parlando? Justine (non a caso in originale simile a justice) è un vero paradosso.

L’uomo si ritrova infatti a dover giudicare, da agente esterno, su un caso di omicidio che lo vedrebbe colpevole. Allo stesso tempo, tuttavia, Justine sa che si è trattato di un fatale incidente che sarebbe potuto succedere a chiunque (soprattutto per le precarie condizioni climatiche), è un uomo cambiato che ha lasciato alle spalle il suo passato da alcolista e sta per ricominciare una vita rigogliosa con sua moglie e la sua bambina, le quali non meriterebbero di vedere infranta la loro vita per un errore.

Arriva qui il paradosso: Justine dovrebbe spingere verso la colpevolezza di un uomo innocente, ex criminale e che date le circostanze avrebbe potuto comunque commettere quell’azione da un momento all’altro, o si dovrebbe assumere le proprie responsabilità? La verità è vera giustizia? Ecco quindi che “la colpa vede tutto”, arrivando a sconvolgere emotivamente e moralmente la vita di Justine che, inizialmente, riesce ad assumersi con precauzione le proprie responsabilità.

Sapendo cosa c’è in gioco, infatti, l’uomo è scosso dall’eccessiva celerità del resto della giuria, il quale al contrario non si assume le rispettive responsabilità e con una facilità disarmante condanna al carcere a vita un uomo, solo per sbrogliare rapidamente la pratica fastidiosa. Ognuno risponde ai propri egoistici interessi, con l’unico veramente coinvolto nel caso (e che trarrebbe solo vantaggio a vedere colpevole l’imputato) che guida veramente quella Dea bendata, in cerca anche di un perdono divino ed una possibile redenzione. Impressionante.

Ma Eastwood ha ormai da tempo abituato il suo pubblico a ricevere i giusti e perfetti colpi allo stomaco. Quando la ricerca della giustizia arriva ad un punto morto, ad uno stallo, è lì che diventa più facile scendere a compromessi per chiudere la faccenda. Cittadino modello per tutto il film, Justine alla fine si “piega” al volere degli altri giurati per poter tornare a casa dalla moglie e dalla figlioletta appena nata. Un innocente viene mandato in carcere, la giustizia ha perso e la colpa di tutti ha trionfato.

Ma nel cinema essenziale di Eastwood c’è ancora tempo per un’ultima bussata alla porta, uno sguardo che trafigge, riportando “ordine” alla faccenda da chi si è assunta alla fine le proprie responsabilità dopo averle raggirate per troppo tempo. Dov’è la “Giustizia” in tutta questa storia?

Giurato Numero 2, la recensione: il ruggito del leone di una leggenda del cinema

Al sistema giudiziario. Non è perfetto, ma è il migliore che abbiamo.

Al brindisi si potrebbe tranquillamente e doverosamente aggiungere anche un: a Clint Eastwood! Altro che canto del cigno per la leggenda di Hollywood, che all’età di 94 anni sfodera il ruggito di un vero leone. Senza dover tornare alla determinante sceneggiatura di Jonathan Abrams, la messa in scena di Giurato Numero 2 rapportata allo schermo è semplicemente “perfetta”.

Innanzitutto si celebra il registro stilistico adottato dal regista nella sua narrazione che, avendo in mente su tutti un’opera fondamentale come La parola ai giurati di Sidney Lumet del 1957, intreccia un racconto pronto a cambiare punto di vista da un momento all’altro. Così come la stessa Dea, lo spettatore bendato si ritrova Giurato Numero 1 (e allo stesso tempo metaforicamente imputato) di un processo che viene ricostruito pezzo pezzo, attraverso elementi oggettivi che vengono analizzati secondo un occhio soggettivo a seconda degli agenti in gioco.

Fino a gran parte del film, infatti, non si riesce ad avere la certezza sui fatti realmente avvenuti, se Justine si stia prendendo la colpa per un crimine mai commesso. Intelligentemente, il film non mostra mai il vero momento d’impatto tra l’auto del protagonista e la vittima, lasciando il dubbio che abbia effettivamente investito “solo” un cervo di fatto fino ad un’inversione di marcia. Quel “ragionevole dubbio” si espande come una malattia, coinvolgendo non solo le parti in causa ma anche e soprattutto la mente dello spettatore, che segue l’evolversi di un processo a dir poco avvincente.

Un legal-thriller dai risvolti spiccatamente drammatici che mostra, infatti, la trasformazione del processo statunitense anche dal punto di vista “burocratico”, sulla scia di una pregnante visione che fa eco ad altre opere come ad esempio il televisivo American Crime Story: Il caso O.J. Simpson. Un montaggio dunque essenziale, mostrando su schermo solamente ciò che merita di essere visionato (proprio come prove determinanti del processo), registrando una ricerca rigorosa e pulita dell’inquadratura che sa rilasciare immagini significative.

In Giurato Numero 2 tutto si trova al suo posto, dall‘incisiva fotografia di Yves Bélanger all’emozionante colonna sonora di Mark Mancina, già collaboratore con il regista nel precedente Cry Macho – Ritorno a casa, ma anche compositore in film come Tarzan del 1999 assieme a Phil Collins e Training Day di Antoine Fuqua. A trovarsi perfettamente a suo agio in scena è poi un ricco cast di interpreti importanti. Non sfigurerebbe una candidatura ai prossimi premi Oscar di Toni Collette come Miglior Attrice non Protagonista, con J. K. Simmons che riesce sempre ad incidere nelle misurate scene a disposizione.

Un cast corale dove, a prevalere, sono poi i glaciali ed impauriti occhi di Nicholas Hoult. Già pronto a mettersi alla prova negli anni con il cinema dei grandi, per prove in film come Mad Max: Fury Road di George Miller e La favorita di Yorgos Lanthimos, l’attore britannico trova nel 2024 un anno decisivo per la sua carriera. Dopo infatti la presentazione al Festival di Venezia del film di Justin Kurzel The Order ed in spasmodica attesa per il Nosferatu di Robert Eggers, la prima collaborazione con un gigante come Clint Eastwood lascia abbondantemente il segno.

In conclusione, Giurato Numero 2 trasuda emozioni e grande cinema, portando sul grande schermo una visione pacata, rigorosa e rispettosa che sa essere moralmente violenta e spietata. Attraverso la costruzione del racconto per immagini da vera leggenda, il regista mette alla sbarra lo spettatore, interrogandolo sull’assunzione delle proprie responsabilità e sul senso di “fare la cosa giusta”.

★ ★ ★ ★ ½

Giurato numero 2 film Clint Eastwood recensione
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Vittorio Pigini
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Laureato in Giurisprudenza, diplomato in Amministrazione Finanza e Marketing, ma decisamente un Hobbit mancato. Orgogliosamente nerd e da sempre appassionato al mondo cinematografico, con il catartico piacere per la scrittura. Studioso della Settima Arte da autodidatta, con dedizione e soprattutto passione che mi hanno portato a scrivere di cinema e ad avvicinarmi alla regia.