
19 Nov 2024 Il Gladiatore 2 è goffo ed impacciato nel voler spezzare le catene del suo ingombrante passato
24 anni dopo l’iconico Gladiator vincitore di 5 premi Oscar, tra cui Miglior Film, Ridley Scott torna a far immergere nuovamente lo spettatore nell’antica Roma, per una nuova storia di eredità e rivoluzione. Sequel diretto del film del 2000, Il Gladiatore 2 con protagonista Paul Mescal esce nelle sale italiane dal 14 novembre 2024 ed ecco di seguito la sua recensione.
Il Gladiatore 2, la trama del sequel di Ridley Scott
Basandosi su quanto creato da David Franzoni nello scorso film, David Scarpa firma la sceneggiatura del 29° lungometraggio diretto da Ridley Scott. La storia di Il Gladiatore 2 riprende 16 anni dopo la morte di Massimo Decimo Meridio e vede questa volta protagonista Annone, fatto prigioniero dal generale romano Marco Acacio durante una spedizione militare alla conquista della Numidia.
Il ragazzo è tuttavia un valido guerriero, notato fin da subito dal ricco mercante di schiavi Macrino che lo porta al Colosseo come gladiatore al fine di lottare per la sua sopravvivenza. Mentre Roma si trova sempre più sul ciglio del baratro, Annone e Macrino sono decisi a portare a termine i propri scopi e stringono un’alleanza per poterci riuscire.

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Non ho mai dimenticato come uno schiavo sia riuscito a vendicarsi di un imperatore.
<<Ciò che facciamo in vita, riecheggia nell’eternità!>>. Un’eternità durata in questo caso 24 anni, tanti sono serviti per riportare sul grande schermo l’epopea di Massimo Decimo Meridio (nonostante il progetto di un sequel fosse rimasto in cantiere per diverso tempo). Si inaugura la recensione di Il Gladiatore 2 indicando come, il nuovo film di Sir Ridley Scott, si mostri come un sequel polveroso, fangoso (le malelingue aggiungerebbero “infangante”) e che ristagna nell’epica del suo stesso passato.
Il primo ed ingombrante punto critico di questa operazione risiede proprio nel cortocircuito fra eredità e rivoluzione. Per tutto l’arco dei 150′, infatti, la visione trasuda un senso di rottura con il passato, non soltanto per l’effettiva guerra civile in atto a Roma, quanto soprattutto nell’inseguire la strada di quel tanto agognato “sogno”. Un anno cinematografico molto particolare quello del 2024, dove grandi maestri dalla carriera lungamente avviata si trovano a fare i conti con la propria storia, il proprio lavoro, in virtù di un’utopia ancora tutta da raggiungere.
La nuova e migliore Roma sognata da Marco Aurelio si abbraccia fortemente alla coltivazione della speranza nel Furiosa di George Miller, o alla realizzazione della Megalopolis di Francis Ford Coppola, con i 3 che arrivano addirittura a condividere in un certo senso lo stesso e Classico campo da gioco. Tuttavia ne Il Gladiatore 2 questa energia, di voler spezzare le catene del passato per proiettarsi libero al futuro ed inseguire veramente quel sogno, resta solo apparente, dimostrando come non possa evitare di essere figlio di quell’eredità così ingombrante.
Nonostante infatti qualche ventata d’aria fresca (le dinamiche in Senato vengono ad esempio maggiormente ravvicinate), il sequel di Ridley Scott annega nel fan service più spicciolo e nell’operazione di riscaldare la tanto maleodorante minestra, impedendo completamente al film di respirare a pieni polmoni. Al di là della critica in termini positivi o negativi, il film del 2000 riecheggia veramente nell’eternità dell’immaginario collettivo, soprattutto grazie all’imponenza del suo protagonista che ha saputo regalare citazioni e momenti divenuti particolarmente iconici.
Il Gladiatore 2 riprende senza pudore quelle stesse citazioni in modo diretto o attraverso continui omaggi, riciclando anche immagini più o meno “manomesse” del suo predecessore ed arrivando ovviamente anche alle note della colonna sonora. Quando il sequel vorrebbe camminare con le proprie gambe i risultati non sono decisamente ottimali, presentando spesso frasi che dovrebbero essere ad effetto ma fuori da ogni logica e pathos.
Con Annone/Lucio che riprende le orme di Massimo – da schiavo ad eroe nell’Arena – e con i due gemelli Geta e Caracalla che rilanciano la follia di Commodo (in maniera esasperata, ma si ritornerà qui a breve), anche lo schema narrativo viene riciclato nella scalata dell’eroe caduto, negli intrighi di palazzo e nei giochi di potere e discendenze. Rimanendo poi sui due insopportabili gemelli, questi rappresentano solamente la punta dell’iceberg di un’operazione di svecchiamento (ed appunto di rivoluzione) uscita con le ossa alquanto rotte (non completamente).
Tanto come personaggi quanto come interpretazioni recitative di Joseph Quinn e Fred Hechinger, i due sono infatti decisamente esasperanti ma si aggiungono solamente a tanti altri fattori (che sia il “circo” messo in scena, una partitella a tedesca sulla spiaggia, o la spettacolarizzazione di determinanti momenti ecc…) che portano ad una visione volontariamente kitsch e sopra le righe, ma che non riesce a raccogliere i risultati attesi.
Da questo punto di vista si tratta purtroppo di un fallimento d’intenti, con il campanello d’allarme arrivato già dallo stesso trailer del film, con No Church In The Wild di Jay-Z & Kanye West che irrompe in maniera almeno “spiazzante” in un ambiente peplum. Un fallimento in quanto, il registro adottato in Il Gladiatore 2, richiami comunque costantemente il senso di profonda e drammatica epica, il rapporto con le rampicanti radici del passato e la rabbiosa resilienza nel sopraggiungere alla propria causa.
Forza ed onore che, con l’aggiunta di questi “colori ironici”, tende pericolosamente ad avvicinarsi verso debolezza e disonore.
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È così che Roma tratta i suoi eroi?!?
Fuori tempo massimo, goffo, impacciato e schiacciato dal nome e dal peso del suo predecessore, i guai per Il Gladiatore 2 non terminano qui. Rimanendo in termini di sceneggiatura, oltre che inverosimile (ma su questo si può tranquillamente soprassedere) la trama viene continuamente forzata, al di là di quelli che vengono oggi definiti retcon, dando la palpabile sensazione manchino dei momenti salienti eliminati dal montaggio finale (nonostante i 150′ a disposizione).
Lo stesso personaggio di Annone/Lucio risulta alquanto problematico. Eccezion fatta per l’inizio del film, l’eroe non riesce mai a provare vero dolore, quello stesso e profondo sentimento che aveva aiutato a spingere e forgiare il destino di Massimo. Dolore emotivo assente, anche a causa di una recitazione minimale dello stesso Paul Mescal, ma anche e soprattutto fisico, per un soldato capace di vincere sempre in qualsiasi modo, dando vita ad una scalata videoludica boss dopo boss senza che ci sia un singolo momento di apprensione per la sua vita.
Condottiero senza carisma, con incitazioni a livelli di imbarazzo, che si trova in buona compagnia con il suo antagonista (?) interpretato da Pedro Pascal. Il personaggio di Acacio rimbalza infatti di qua e di là, più un burattino nelle mani di chi capita a muovere i suoi fili, sottomesso specialmente dalla moglie (non memorabile, ma Connie Nielsen fa degnamente il suo) e senza che vi sia un’efficace caratterizzazione.
Il pubblico non ha elementi per affezionarsi alla sorte dei protagonisti, se non per discorsi extracinema riferiti ai rispettivi interpreti, con la veridicità dei personaggi che cade rovinosamente sotto gli effetti di una CGI sgradevole. Dal canto suo, la messa in scena di Il Gladiatore 2 è veramente imponente, la ricostruzione di Roma e del Colosseo è magnifica ed il film offre una visione abbagliante dal punto di vista fotoscenografico. Peccato che, con un budget di oltre 250 milioni$, sopraggiungano degli animali davvero di pessimo aspetto, un pubblico visivamente finto ed un mare di plastica nella spettacolare sequenza iniziale.
Oltre all’imponente costruzione dell’immagine, occorre doverosamente soffermarsi anche sull’impeto di un regista di quasi 87 anni nel girare queste scene d’azione. Ridley Scott riesce infatti ad immergere in prima persona (anche letteralmente) lo spettatore nel campo di battaglia, regalando combattimenti rabbiosi ed avvincenti che sorreggono lo scorrere dei minuti con grande classe.
Una visione che prosegue egregiamente senza che se ne senta mai il peso delle sue 2 ore e mezza di durata, abbagliante nella messa in scena e con un alto livello nello stile di ripresa. Se gli eccentrici gemelli sono però la punta dell’iceberg della sconsiderata operazione di “rivoluzione”, Denzel Washington è quella di diamante dello stesso film. Il celebre e granitico attore 2 volte premio Oscar, per Glory – Uomini di gloria e Training Day (e potrebbe arrivare il terzo), porta su schermo un Macrino che ruba completamente la scena.
Un’interpretazione anch’essa “eccentrica” ma misurata a giuste dosi da un fuoriclasse, che unisce una prepotente recitazione ad un bellissimo personaggio che si presenta in punta di piedi e cresce in maniera costante. Resta tuttavia davvero poco per esaltare nell’interezza un film di cui, forse, non se ne sentiva davvero il bisogno e che non ha la potenza autonoma e necessaria per far cambiare idea.
★ ★ ½
