24 Mag 2024 Furiosa – A Mad Max Saga: lezioni di grande cinema dalle Terre Desolate
Distribuito in Italia dal 23 maggio 2024, dopo l’anteprima al Concorso del 77° Festival di Cannes, Furiosa : A Mad Max Saga è il quinto capitolo dell’iconica saga creata da George Miller, con il regista australiano che torna a scrivere e dirigere un film che funge da prequel/spin-off del titolo precedente.
Furiosa, la trama dello spin-off di Mad Max
Il nuovo capitolo della saga, creata dall’autore australiano George Miller, è ambientato anni prima dello straordinario film del 2015 Mad Max: Fury Road e vede protagonista proprio il personaggio che da nome al titolo del film, Furiosa. Un gruppo di motociclisti, che segue il Signore della Guerra Dementus, scopre l’idilliaco rifugio dove vive la piccola Furiosa e sua sorella Valchiria (il Luogo Verde delle Molte Madri), con la prima che viene rapita dall’orda. Sua madre parte all’inseguimento per salvare sua figlia, ma ciò sarà purtroppo inutile, con la bambina costretta ad assistere alla sua esecuzione per mano di Dementus e della sua banda. Da custodita prigioniera, Furiosa cresce tra i folli criminali che l’hanno rapita, finché non le capiterà l’occasione di prendere in mano la propria vita, rispettare la sua promessa e compiere la sua personale vendetta.
Furiosa – A Mad Max Saga, la recensione: il polo dell’inaccessibilità
La domanda è: saprai rendere questo momento epico?
A quasi 80 anni George Miller torna nella sua Australia rotta e decadente, sporca d’olio e coperta di sabbia, ardente e vibrante come i motori dei personaggi meccanici in gioco. Un autore che non smette di coccolare la propria creatura e, ogni volta, di aggiungere materiale succoso per la sua macrotrama, non dimenticandosi di valorizzare gli altri capitoli della saga, i quali incredibilmente cedono il passo ad un altro titolo ancora più sorprendente. Sembrava infatti impossibile superare nel prestigio lo straordinario Fury Road del 2015, eppure Furiosa potrebbe aver raggiunto l’importanza di quello che da molti è stato definito il miglior film del decennio 2010-2019, sicuramente tra gli esempi più luminosi di sempre del cinema action.
Il film del 2024 dona così il suo braccio al suo sequel, mostrandosi come ottima spalla per sorreggere quelle che – da qualche voce fuori dal coro – vengono definite le criticità di un Fury Road “senza trama, senza cuore”, finendo però per prenderne il posto anche solo dal punto di vista concettuale. Incredibile, da questo punto di vista, come il capitolo forse più epico ed evocativo della saga veda il pazzo Max solo come cameo, con uno spin-off decisamente perfetto dal punto di vista produttivo e narrativo nel sfruttare la storia personale di uno dei personaggi più affascinanti del titolo del 2015 per arricchire, da tutti i punti di vista, il materiale del franchise.
Furiosa resta infatti un film di per sé autonomo, che narra l’Odissea della sua poco loquace protagonista per allargare il discorso alla folle ciclicità della guerra nella natura umana, anche quando la Natura risulta un polo inaccessibile. Una presa di coscienza questa mostrata dal film in un continuo dualismo, tra resa della massacrante condizione e speranza combattiva di un mondo migliore, immaginando un nuovo Eden che possa fiorire dalle pietre e dalla sabbia. Un ritorno alle primordiali origini nella società del futuro che trova terreno “fertile” tra la polvere del post-apocalittico, che Miller intensifica proprio attuando un accattivante lavoro sul concetto religioso. Continuando infatti la mistica immersione storico-mitologica del suo precedente film Tremila anni di attesa, il mondo in cui viene ambientato Furiosa vede un profondo calderone culturale e spirituale che parte dal Medio Oriente, passa per le civiltà classiche e norrene, per arrivare al credo della Macchina, mantenendo intatto il concetto della ciclicità bellica della natura umana.
Sono veramente innumerevoli gli esempi offerti da Miller in tal senso: la Mela nel giardino di Eden, le ninfe nei murales, la biga di Dementus ed il Cavallo di Troia a Gastown, l’Odissea di Furiosa costretta a vagare nel “mediterraneo” delle Terre Desolate per tornare a casa, i Figli della Guerra che si sacrificano in battaglia per raggiungere il Valhalla, arrivando persino al metacinema di un Chris Hemsworth tinto di rosso e più fedele alla mitologia norrena di Thor di quanto non fosse la chioma bionda della Marvel, ma gli esempi sarebbero veramente molti altri, coinvolgendo anche il vestiario e non solo. Alla ricerca della Terra dell’Abbondanza tra Olimpo e Valhalla, la “società” umana per Miller ha raggiunto il traguardo evolutivo dell’autodistruzione ed è costretta a ricominciare dalla polvere portandosi dietro sempre quella inesorabile propensione per la guerra, per la lotta.
La differenza rimane tutta nel capire verso quale direzione viene spinta tale propensione, se continuare a combattere quale mero e selvaggio istinto arreso alla legge della giungla, o combattere per migliorare le cose. Il “seme” (in tutti i sensi) della speranza nel finale di Furiosa che sconfigge l’odio, la speranza da coltivare e che può essere sì alimentata anche dalla rabbia e dal rancore, ma non sovrastata. Quella stessa speranza, come Miller mostra alla fine in un’operazione forse senza precedenti, che diventa lo stesso Fury Road, dove Furiosa riuscirà a tornare in qualche modo alla sua Itaca. Miller riempie così di carburante emotivo e tematico il suo precedente film, raggiungendolo e superandolo in una folle corsa sulla furiosa strada dell’inferno australiano.
Furiosa – A Mad Max Saga, la recensione: la clandestina
Io sono Furiosa!
Ma se Furiosa potrebbe già presentarsi come il capolavoro della filmografia di George Miller, quale emblema della sua personale saga (tanto dal punti di vista tecnico-estetico quanto tematico), è grazie soprattutto al cuore e alla spina dorsale che conferisce ai suoi personaggi. L’Immortal Joe di Lachy Hulme (che Miller si porta dietro dal precedente film del 2022) è decisamente carismatico nella sua posizione di potere, ma al quale viene concesso purtroppo poco spazio in scena, per un personaggio che meriterebbe uno spin-off tutto suo e che ha avuto il suo momento di gloria nel precedente Fury Road.
Il sovrano della Cittadella non è alla fine determinante nell’economia del film (sicuramente meno dei suoi sottoposti) perché la storia viene totalmente rapita dai due personaggi protagonista. Il primo è lo straordinario e tragic(omic)o Dementus di Chris Hemsworth, il quale prova a portare avanti la propria carriera dopo la pagina scritta nel Marvel Cinematic Universe, cercando (riuscendoci) di reinventare la sua immagine sul grande schermo, nonostante non siano pochi gli elementi che lo accomunerebbero al Thor cine-fumettistico. Il suo personaggio – già solo per il nome – acquisirebbe dalla sua presentazione i connotati del grottesco giullare, ai limiti della linea comica del film; tuttavia, il personaggio evolve radicalmente, arrivando a dimostrare come possa essere un diabolico tiranno che ha perduto (forse mai avuto) il comando della sua gente e che viene spinto quasi esclusivamente da un istinto selvaggio.
Proiettando in ginocchio una grande ombra nel finale, Dementus si mostra come il vero Mad Max, folle come il suo nome, che ha perduto la ragione (quella di vivere) e che si è ormai arreso alla follia di un mondo perennemente in guerra, dove il senno non può esistere. Qui Hemsworth si reinventa in una figura decisamente bizzarra e sfuggevole che tenderebbe, in qualche modo, a rappresentare una figura paterna da combattere e rispettare, nonostante tutto. Da modello Prometeo, Dementus dona infatti a Furiosa la cocente conoscenza del mondo in cui loro stanno vivendo, finendo con la maledizione di continuare a viverci concimando il suo terreno invece di essere sviscerato dai corvi.
A differenza però del villain, la ragazza non si arrende, non vuole e non può permettersi di farlo. Furiosa è una combattente, che cova la speranza di rispettare la sua promessa che non è più la vendetta, ma il ricordo della madre di tornare in qualche modo a casa in un mondo migliore. Un personaggio splendido quello interpretato con foga e sudore da una carismatica Anya Taylor-Joy quasi sempre impeccabile e che, qui, aveva il duro compito di “rimpiazzare” una prova come quella di Charlize Theron. È necessaria quasi metà visione per far entrare veramente nel vivo il personaggio di Furiosa che, clandestinamente, inizia a farsi le ossa nelle desolate terre del nemico. Spietata e con una brutalità determinata, a brillare sul volto della ragazza sporco di sangue, olio per motori e polvere, sono i suoi occhi fiammanti, che sovrastano decisamente le poche ed incisive battute del suo furente personaggio. Per rimanere in un “ambiente biblico”, quello che dovrebbe essere “il più oscuro degli angeli” o “il quinto cavaliere dell’Apocalisse” diventa semplicemente una Salvatrice che, dall’Eden passando per la Fury Road, cerca di portare speranza.
Furiosa, la recensione: lezioni (di cinema) dalle Terre Desolate
Signore e signori, accendete i motori!
Cosa ha reso veramente speciale un titolo come Fury Road è, soprattutto, il suo stupefacente comparto tecnico, il ritmo frenetico, gli incredibili effetti speciali, la colonna sonora e la conduzione della regia coadiuvata da un brillante lavoro fotografico. Tutti elementi che sono presenti e valorizzati anche in Furiosa, sebbene con le dovute differenze. Per dare respiro alla narrazione del film e soprattutto all’emotività dei suoi personaggi, il ritmo tende molto ad azionare il freno per permettere una miglior assimilazione anche dello straordinario paesaggio.
Facilità disarmante come la fotografia passi da essere ardente, sotto il sole delle Dune, al blu della notte dello sconfinato deserto o degli interni fiocamente illuminati. La bellissima direzione cromatica di Simon Duggan (La battaglia di Hacksaw Ridge, Warcraft – L’inizio), in qualche modo tinta di Medio Oriente con le sue tonalità sabbiose e dorate, permette di Ammirare una scenografia visivamente imponente e con Miller che, da grande creatore di immagini, regala diverse sequenze che catturano meravigliosamente l’occhio. Giusto per citarne una si potrebbe fare riferimento all’elegante crescita di Furiosa rappresentata dal ramo incastonato nella parete scoscesa, con la sua rabbia e sete di vendetta che possono finalmente sbocciare.
Al di là delle varie istantanee, che possono essere tranquillamente appese al muro, Miller riesce a catturare lo spettatore anche grazie alla maestria di uno spettacolo puro. Allo stesso modo dell’immersione socio-religiosa, Furiosa resta un meraviglioso calderone anche per lo stile della sua narrazione, che si mostra addirittura in una veste grottesca dove, a predominare, non sono però le risa ma una determinata violenza psicologica, lasciando la brutalità fisica nascosta dietro un velo trasparente. Prendendo ovviamente le caratteristiche fantascientifiche del post-apocalittico, Furiosa è un’epica Odissea, un’avventura e cammino dell’eroe, una storia di vendetta, un western in campo aperto con lo spettacolare arrembaggio dei pirati, un action esplosivo ed un dramma emozionante per poi terminare, come se non bastasse, con le circostanze del war-movie.
Tutti gli ingranaggi di generi e sottogeneri vengono così perfettamente oliati ed incastrati tra di loro, restituendo sul grande schermo ciò che ha reso grande la saga di Mad Max: l’esaltante spettacolo visivo. Tanto la disarmante fluidità della macchina da presa di Miller, quanto il montaggio serrato di Margaret Sixel, assicurano un raro coinvolgimento sensoriale per quanto riguarda l’alto tasso di spettacolarità delle scene. Impossibile non citare quell’interminabile (in termini ovviamente solo d’elogio) assalto alla Blindocisterna sulla Fury Road davvero esaltante, o la concitata caccia all’uomo nel finale nella quale occasione la resa dei conti viene aperta dallo stormo di corvi in volo, nello stesso modo in cui venne anticipata la morte della madre di Furiosa (e di essa stessa). Un coinvolgimento sensoriale che passa inesorabilmente anche dal mirabile lavoro di Tom Holkenborg che, proprio dopo la sconquassante colonna sonora di Fury Road, torna a comporre un ritmo forte, vigoroso, tribale e che si sposa perfettamente al rombo del motore.
In conclusione, attraverso uno spin-off della sua personalissima saga Miller non perde occasione di tornare a coccolare il suo franchise cinematografico, cercando di alimentare con caldo carburante il suo precedente Fury Road. Furiosa, tuttavia, riesce addirittura a superare il suo leggendario predecessore con una storia di bellissimi personaggi, attingendo dalla ciclica e mitologica storia dell’essere umano per cercare di proiettarsi con speranza al futuro. Mentre il cuore del film ribolle, la macchina dalla visione mozzafiato continua a sfrecciare proprio sulla stessa strada che ha reso grande la saga di Mad Max.
★ ★ ★ ★ ★