Flow recensione film animazione

Flow porta la comunicazione del grande cinema che deve essere urgentemente accolta

Presentato in anteprima alla 77a edizione del Festival di Cannes, nella sezione Un Certain Regard, Flow – Un mondo da salvare è il secondo film di Gints Zilbalodis dopo il precedente Away del 2019. Uno splendido titolo d’animazione che è stato selezionato per rappresentare la Lettonia ai prossimi premi Osca nella sezione del Miglior film internazionale, andando quasi sicuramente a concorrere (e forse a vincere) in quella per Miglior Film d’Animazione. Ecco di seguito la recensione di Flow – Un mondo da salvare.

Flow, la trama del film d’animazione di Gints Zilbalodis

Scritto dallo stesso regista assieme a Matīss Kaža. Flow – Un mondo da salvare è un’avventura d’animazione in uno scenario apocalittico. In un’epoca in cui ogni traccia dell’uomo sulla Terra sta per scomparire, protagonista di questo film animalesco è un piccolo gatto nero che, dalla tranquillità del suo quieto vivere, deve improvvisamente fare i conti con l’apocalisse.

Il livello delle acque sta infatti salendo vertiginosamente e tutta la terra sta piano piano scomparendo. Il gatto deve fare i conti con la sopravvivenza come mai prima d’ora e trova una nave che potrebbe trarlo in salvo. A resistere a queste critiche condizioni di vita non sarà tuttavia da solo, incontrando e scontrandosi con altri animali lungo il suo viaggio di navigazione.

Recensione film animazione Flow

Flow, la recensione: un fragile miagolio d’aiuto tutto da accogliere

Il diluvio durò sulla terra quaranta giorni: le acque crebbero e sollevarono l’arca che si innalzò sulla terra. Le acque divennero poderose e crebbero molto sopra la terra e l’arca galleggiava sulle acque. Le acque si innalzarono sempre più sopra la terra e coprirono tutti i monti più alti che sono sotto tutto il cielo. Le acque superarono in altezza di quindici cubiti i monti che avevano ricoperto.

Per quanto possa essere tenero e tutto da coccolare il felino protagonista nella locandina di questa splendida favola, i toni dell’opera restano quelli dirompenti del biblico e del post-apocalittico. Un nuovo diluvio sta facendo sprofondare la Terra nelle acque ed un’improbabile Arca prova a portare in salvo le specie rimaste in vita. Tuttavia, ciò che viene completamente eliminato in Flow – Un mondo da salvare, da questo passo del Diluvio Universale, sono qualsiasi elemento divino e l’essere umano, non le sue tragiche impronte lasciate sulla Terra.

Il nostro tempo non ha infatti bisogno che venga mandato, dall’Alto, un nuovo intervento Onnipotente che possa far estinguere la vita dell’Uomo per una nuova rinascita, dato che quello stesso animale “evoluto” ci sta pensando benissimo da solo. Il mondo sta già crollando sotto i colpi del cambiamento climatico, gli animali soffrono e si estinguono, la Natura si sfalda e si trasforma troppo rapidamente per starle dietro.

In una superficie completamente inondata, chi sembrerebbe trarre beneficio dalla situazione potrebbero infatti essere gli animali acquatici e quelli d’aria. Lo scenario mostrato su schermo da Flow è tuttavia catastrofico e disarmante, con il capovolgimento nel finale che porta gli uccelli a venire risucchiati in cielo e le balene che crollano a terra morenti per mancanza d’acqua.

Si torna così con i “piedi per terra”, arrivando alla consapevole inesistenza di interventi divini in questi casi e con la “codarda” sparizione di una specie, quella umana, che si è autodistrutta a causa dei suoi innumerevoli vizi lasciando un’eredità fatalmente compromessa.

Flow, la recensione: la comunicazione del grande cinema

Arrivando all’elefante nella stanza (lui sì che sarebbe salito a fatica sull’Arca), quello di Flow è una disarmante critica ambientalista che urla il suo messaggio d’allarme senza ce ne sia bisogno di emettere un fiato. Seguendo altri intensi e grandi titoli del cinema d’animazione, il secondo film scritto, diretto e realizzato quasi nella sua interezza (fotografia, colonna sonora ed anche ruolo di art director) da Gints Zilbalodis non ha alcuna linea di dialogo.

Sfruttando la fauna d’occasione, dal capibara dormiglione all’irresistibile lemure cleptomane, passando per un eroico serpentario ed un labrador giocherellone fino al suo piccolo grande protagonista, Flow – Un mondo da salvare incarna appieno la potenza comunicativa del grande cinema. L’immersione in questa nuova vita animale è totale e totalizzante, con lo spettatore che – proprio come i protagonisti in scena – non può conoscere cosa stia succedendo e quali civiltà abbiano mai costruito le città e statue incontrate lungo il percorso.

In tale circostanza, non è infatti necessario conferire alcun background o troppe informazioni d’ambientazione, con l’eliminazione anche dei dialoghi che permette di concentrarsi maggiormente sulla costruzione dell’epico viaggio di questa improbabile squadra. Oltre ai dialoghi ed alla presenza di umani nel racconto, infatti, si evita qualsiasi tentativo di spingere i protagonisti verso una forma antropomorfa, lasciando che gli animali seguano il loro istinto naturale e facciano semplicemente gli animali.

Il regista mette così in atto una mirabile e “documentaristica” costruzione di movenze e caratterizzazione, con il pregevole lavoro che rende particolarmente agevole quel citato tentativo di far comunicare razze molto differenti. Nessun dialogo, ma lo spettatore è perfettamente capace in Flow di apprendere cosa si cela dietro un miagolio, l’abbagliare di un cane o qualsiasi altro verso emesso dalle creature.

Si perde in tal senso una certa forma di umanizzazione, entrando a proprio agio nell’ambiente della Natura selvaggia, senza perdere tuttavia mai il lato emotivo. Quello messo in scena da Gints Zilbalodis è infatti un viaggio emozionante, delicato e dalla potentissima esperienza sensoriale. Come accennato, l’autore si prende carico dell’aspetto grafico e fotografico, nonché della colonna sonora.

Per quanto riguarda il primo aspetto, l’esplorazione del nuovo mondo post-apocalittico è particolarmente immersiva e fluida, giocando su uno straordinario utilizzo della luce che riesce ad enfatizzare ombre e dettagli di una rappresentazione luminosa, variopinta e che colpisce meravigliosamente l’occhio. Le forti emozioni rilasciate dall’estasiante esperienza visiva non risparmiano nemmeno il comparto sonoro.

Le note di Flow costituiscono di fatto l’anello di congiunzione tra la delicatezza del comparto grafico e la dirompenza dello scenario post-apocalittico, non nascondendosi nel contrapporre le dolci sonorità da favola a quelle più vibranti e conturbanti. In conclusione, come per il genere horror il 2024 continua a confermarsi un grande anno anche per il cinema d’animazione.

Interessante inoltre notare come, gli ultimi due grandi titoli usciti in Italia come appunto Flow e Il robot selvaggio, condividano la quasi totale assenza di umani sullo schermo, i quali diventano tragicamente sempre più inutili se non dannosi e non necessari. I due film d’animazione quasi sicuramente si daranno battaglia in campagna Oscar, trovando una folta concorrenza, ma con Flow che potrebbe partire favorito non solo per i profondi ed urgenti messaggi rilasciati, ma per la rarità con la quale questi vengano portati sul grande schermo.

★ ★ ★ ★ ½

Film animazione Flow Un mondo da salvare
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Vittorio Pigini
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Laureato in Giurisprudenza, diplomato in Amministrazione Finanza e Marketing, ma decisamente un Hobbit mancato. Orgogliosamente nerd e da sempre appassionato al mondo cinematografico, con il catartico piacere per la scrittura. Studioso della Settima Arte da autodidatta, con dedizione e soprattutto passione che mi hanno portato a scrivere di cinema e ad avvicinarmi alla regia.