
02 Set 2025 The Testament of Ann Lee: il comico musical con Amanda Seyfried
Ritorna alla Mostra del Cinema di Venezia Mona Fastvold, presenza ormai consolidata del Festival sia come sceneggiatrice al fianco del partner Brady Corbet (L’infanzia di un capo, The Brutalist) che in veste autoriale con Il mondo che verrà (2020). La regista norvegese approda in Concorso con The Testament of Ann Lee, un’ambiziosa opera che fonde elementi del period drama con suggestioni musicali, ricostruendo l’epopea della controversa fondatrice del movimento Shakers, setta religiosa radicale emersa sul finire del Settecento. Direttamente da Venezia 82, ecco la recensione de The Testament of Ann Lee, il film di Mona Fastvold.

The Testament of Ann Lee: trama del film di Mona Fastvold
Nella Manchester della metà del Settecento, la devota Ann Lee, giovane moglie di un fabbro segnata da quattro gravidanze interrotte, aderì alla comunità quacchera degli «shakers» e ne assunse la guida spirituale, diffondendo un messaggio fondato su frugalità, astinenza sessuale ed egalitarismo inteso come comunione nello Spirito.
The Testament of Ann Lee: recensione del film con Amanda Seyfried
Mona Fastvold orchestra un’opera di respiro cinematografico grandioso, costruita come un musical epico che racconta la straordinaria vicenda di Ann Lee. La regista norvegese, supportata dalla sceneggiatura co-firmata con Brady Corbet (reduce dal clamore di The Brutalist), porta sullo schermo la figura misconosciuta della fondatrice del movimento Shakers, interpretata con intensità da Amanda Seyfried.
La pellicola si immerge nella biografia di questa pioniera religiosa, leader di un culto calvinista dalle radici quacchere che dalla Manchester del XVIII secolo si diffuse nel Nuovo Mondo. Ann Lee emerge come personaggio di straordinaria complessità: una donna visionaria che fin dall’infanzia, mentre fatica nelle filande insieme al fratello William, manifesta doni profetici attraverso lampi premonitori che la spingono verso dimensioni trascendenti.
L’adesione al movimento Shakers la trasforma in protagonista di rituali estatici caratterizzati da grida e danze convulsive. La sua esistenza tragica, data dalle quattro gravidanze concluse prematuramente con la morte dei figli, prosegue con le persecuzioni sistematiche che la conducono tre volte in carcere per accuse di blasfemia. La sua dottrina centrale, il rifiuto della sessualità come ostacolo al Regno divino terrestre, la eleva al ruolo di Mother Ann, la nuova guida spirituale.
La fuga negli Stati Uniti nel 1774 segna un momento cruciale: durante la tempestosa traversata atlantica, Fastvold costruisce una sequenza di grande potenza visiva dove Ann Lee, simile al profeta Gabriele di Moby Dick, continua a danzare tra le onde, continuando a ricercare l’epica dietro ad una illuminante interpretazione della protagonista Amanda Seyfried.
Visivamente e acusticamente l’opera raggiunge vette considerevoli, tuttavia The Testament of Ann Lee privilegia eccessivamente l’aspetto formale a discapito della costruzione climatica. La violenza e la sofferenza pervadono la narrazione e la storia della protagonista, senza però toccare profondamente lo spettatore, che si ritrova catapultato sin da subito in danze e convulsioni che suscitano, alla fine dei conti, solo una grande comicità. I corpi, le espressioni e lo svolgimento dei rituali sembrano voler intrappolare lo spettatore in un atto documentaristico che si rivela rigido, bloccato in se stesso, impedendo una vera partecipazione emotiva.
L’unico momento in cui dal musical emerge la tanto attesa “grazia” nella figura della protagonista è sul finale: il volto di Ann Lee, illuminato dalla luna, chiede dell’assenza del fratello William, rimossa dalla memoria di ciò che era avvenuto un anno prima. In questa scena emerge finalmente una sospensione dalla formalità portata avanti fino a quel punto, lasciando uno spiraglio di speranza per future opere dell’autrice, suggerendo forse più espressività e una mira più decisa sulla messa in scena della storia.
In definitiva, The Testament of Ann Lee è un film che conferma l’ambizione autoriale di Mona Fastvold e la sua predilezione per un cinema epico e visionario. L’interpretazione intensa di Amanda Seyfried restituisce una protagonista ultra terrena, ma la costruzione narrativa fatica a trovare un equilibrio tra l’impianto formale e il coinvolgimento emotivo. Pur offrendo momenti di grande potenza visiva e sonora, l’opera rimane spesso prigioniera della propria estetica, riuscendo a toccare davvero lo spettatore solo in rari momenti. Un lavoro affascinante e irregolare, che ribadisce il talento della regista ma lascia ampi margini di miglioramento.
★ ★
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