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Una storia vera: recensione del film di David Lynch

Nel 1999, David Lynch sorprende il cinema con un’opera che sembra completamente estranea al suo universo onirico. Una storia vera è un film lineare, luminoso, privo di quegli elementi che hanno caratterizzato la filmografia del sognatore. Eppure, la grandezza di David Lynch è dimostrata proprio dalla sua straordinaria capacità di raccontare l’essenza più profonda dell’essere umano, anche attraverso un viaggio in trattorino come metafora contemporanea.

Con la rassegna The Big Dreamer, Lucky Red e Cineteca di Bologna portano in sala dal 3 al 5 novembre 2025 Una storia vera, il film di David Lynch. Ecco di seguito la nostra recensione.

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Una storia vera: trama del film di David Lynch

Alvin Straight, settantatreenne con problemi di vista e alle gambe, vive a Laurens, Iowa, insieme alla figlia Rose. Quando apprende che suo fratello Lyle, con cui non parla da oltre dieci anni per un vecchio litigio, ha avuto un infarto nel Wisconsin, Alvin decide di andarlo a trovare. Non avendo più la patente e rifiutando qualsiasi aiuto, sceglie un mezzo di trasporto quanto mai insolito: un trattorino tagliaerba John Deere. Per sei settimane, a una velocità di 7-8 km orari, Alvin attraversa le pianure americane, da Laurens a Mt. Zion, affrontando guasti meccanici, intemperie e incontri casuali, fino all’arrivo dal fratello e a un silenzioso, commovente ricongiungimento.

Una storia vera: recensione del film di David Lynch

Considerabile un’anomalia nella carriera di David Lynch, Una storia vera è il film che si pone all’apice dello sguardo del regista americano sull’industria cinematografica e sull’identità statunitense.

Il film rallenta drasticamente il ritmo rispetto a Strade perdute (1997), mantenendo però al centro la linea stradale come polarizzatore dell’America. Richard Farnsworth, nel suo ultimo ruolo, è probabilmente alla sua migliore performance: tragicamente, l’anno seguente, affetto da una malattia incurabile, deciderà di togliersi la vita.

La trama segue Alvin Straight, settantatreenne dell’Iowa che vive con la figlia Rose. Quando apprende che suo fratello Lyle, con cui non ha più contatti da anni, ha subito un attacco cardiaco, decide immediatamente di raggiungerlo. L’ostacolo? Lyle abita a quattrocento chilometri di distanza nel Wisconsin e Alvin non può più guidare. La soluzione è tanto folle quanto commovente: partire su un minuscolo trattore tagliaerba.

Il Festival di Cannes del 1999 è ricordato come una delle edizioni più prestigiose, con nomi del calibro di Almodóvar, Jarmusch e lo stesso Lynch in competizione. Gli anni Novanta erano stati difficili per il regista: dopo il trionfo di Cuore selvaggio (1990) e il fenomeno Twin Peaks. Lynch aveva lavorato anche in televisione e nella pubblicità, ma apparentemente messo ai margini da Hollywood. Una storia vera diventa quindi il film rivincita proprio alla fine del secolo.

Il cambio di ritmo di Una storia vera è straniante per chi conosce Lynch: un cineasta che ha sempre privilegiato la velocità, le fughe, la notte, improvvisamente congela tutto. Lo spazio rimane, ma il tempo si dilata. Il titolo originale The Straight Story gioca sul cognome del protagonista, ma significa anche onesto, riferendosi al carattere di Alvin ma anche al percorso dritto che percorre.

Molti ammiratori di Lynch faticarono ad accettare un film così apparentemente lontano dalla sua sperimentalità. Eppure, fin dall’inizio il film dimostra la sua prospettiva originale: la tranquilla cittadina di Laurens rispecchia la fittizia Lumberton di Velluto blu, e il lento carrello verso la casa di Alvin richiama l’infarto del padre di Jeffrey. David Lynch annuncia così che questo sarà un film lineare, senza scherzetti dietro i termosifoni.

Il viaggio procede senza scosse, popolato di incontri con persone semplici e gentili. Per David Lynch si tratta di mostrare il mondo attraverso gli occhi di Straight: un’America rurale invecchiata, priva di cinismo. Dove altri registi troverebbero materia per la satira, il film da valore alla semplicità, che elimina ogni sovrastruttura. Quando alla fine Lyle chiede al fratello se ha davvero percorso tutta quella strada per lui, il semplice assenso di Alvin non necessita elaborazioni.

Una storia vera è il film attraverso cui Lynch sfida letteralmente l’industria, la costringe a rallentare, ad aspettare il piccolo trattore inadeguato alle strade moderne. È paradossale che Disney abbia distribuito il film, ma conferma quanto Lynch ami i finali positivi: come in Velluto blu o Cuore selvaggio, la conclusione vede i due fratelli riuniti sotto il cielo stellato, quello stesso cielo che attraversa tutta la filmografia del regista. Dopo il viaggio, anche Alvin può finalmente rivedere le stelle.

★★★★½

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Dario Vitale
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Passo il tempo libero guardando film belli. Mi piace anche leggere (pensa un po’!). Ogni tanto suono. Ah sì, sono uno studente di lingua giapponese che tenta di prendere la magistrale.