
21 Ott 2024 François Truffaut: 40 anni dopo la sua morte, l’eredità di un Maestro del Cinema
A quarant’anni dalla morte di François Truffaut, il 21 ottobre 1984, il mondo del cinema continua a celebrare la figura di uno dei più grandi cineasti del Novecento. Regista, sceneggiatore, critico e attore, François Truffaut è stato una delle personalità più innovative e influenti del cinema francese e internazionale, nonché uno dei fondatori del movimento della Nouvelle Vague. La sua carriera straordinaria, caratterizzata da una profonda riflessione sull’arte cinematografica, ha cambiato per sempre il modo di fare cinema, spingendo i confini della narrazione visiva e delle tecniche registiche.

François Truffaut: da critico a pioniere della Nouvelle Vague
François Truffaut nasce a Parigi il 6 febbraio 1932. L’infanzia è segnata da un difficile rapporto con i genitori, che alimenta la sua sete di evasione attraverso il cinema. Giovanissimo, comincia a frequentare le sale cinematografiche della capitale, innamorandosi dei film americani e sviluppando un interesse ossessivo per la settima arte.
Gli anni ’50 segnano il suo ingresso nel mondo del cinema come critico. Collabora con la celebre rivista Cahiers du Cinéma, dove si fa notare per il suo stile aggressivo e anticonformista. In particolare, diventa famoso per il suo attacco al cosiddetto “cinéma de qualité”, criticando aspramente il cinema francese convenzionale, accusato di essere eccessivamente letterario e privo di originalità visiva. Questo spirito critico lo porta a sviluppare l’idea di un cinema d’autore, in cui il regista non è solo un narratore, ma un vero e proprio creatore, in grado di imprimere la propria visione personale al film.
L’approccio di François Truffaut sarà essenziale nella nascita della Nouvelle Vague, movimento che rivoluzionerà il cinema francese (la “Nuova Onda”) e internazionale, portando alla ribalta registi come Jean-Luc Godard, Claude Chabrol, Alain Resnais, Agnes Varda, Éric Rohmer e molti altri. Truffaut, più di tutti, ne diventa il simbolo, riuscendo a trasformare le sue teorie in una pratica cinematografica che sfida le convenzioni dell’epoca.
François Truffaut e Antoine Doinel: il debutto d’autore più grande di sempre con I 400 colpi (1959)
Il 1959 segna l’inizio della carriera da regista di François Truffaut con I 400 colpi (Les Quatre Cents Coups), un’opera semi-autobiografica che racconta la storia di un ragazzo, Antoine Doinel, che vive un’infanzia difficile, tra incomprensioni familiari e problemi scolastici. Il film, fortemente ispirato alle esperienze personali del regista, è un manifesto della Nouvelle Vague e della sua estetica. François Truffaut si allontana dalle narrazioni classiche, sperimentando con il montaggio, le riprese in esterno e l’uso della camera a mano, donando al film un senso di spontaneità e realismo raramente visto prima.
I 400 colpi non solo segna l’affermazione di François Truffaut come regista, ma introduce anche uno dei suoi personaggi più iconici, Antoine Doinel, interpretato da Jean-Pierre Léaud, che ritornerà in altri quattro film, accompagnando il pubblico lungo la sua crescita, dall’adolescenza all’età adulta. Con la saga di Doinel, François Truffaut realizza una delle prime vere “autobiografie cinematografiche”, un progetto che riflette il suo personale viaggio emotivo e intellettuale nel corso degli anni.
In Italia il cinema francese, in particolare quello di Truffaut nella sua saga di Doinel, è stato largamente bistrattato con adattamenti, tagli e capovolgimenti delle pellicole originali. L’apprezzamento di tale autore, rivoluzionario nel campo della settima arte, è possibile solamente vedendo i film in lingua originale, a causa di manovre ridicole (vedi il caso di Domicile conjugal del 1970 tradotto come “Non drammatizziamo… è solo questione di corna” per renderlo appetibile come un filmaccio della commedia sexy all’italiana) che sono il risultato, ad oggi, di un cinema italiano assolutamente decaduto e che non conta più della qualità che lo ha reso il migliore al mondo nei decenni successivi al dopoguerra.

François Truffaut e il cinema come arte magica e suprema: Effetto notte (1973)
François Truffaut non ha mai nascosto la sua devozione per il cinema, non solo come regista, ma anche come spettatore e studioso. I suoi film sono costellati di riferimenti e omaggi al cinema che amava, soprattutto quello hollywoodiano. Questa passione per il cinema americano si esprime in opere come La sposa in nero (1968) e La mia droga si chiama Julie (1969), dove il regista esplora il noir e il thriller, generi che aveva apprezzato durante le sue prime esperienze da spettatore.
L’omaggio più evidente al cinema arriva con Effetto notte (1973), un film metacinematografico che racconta le difficoltà e le gioie della realizzazione di un film. François Truffaut, oltre a dirigere la pellicola, interpreta anche il ruolo del regista Ferrand, rendendo il film un vero e proprio tributo al mestiere del cineasta. Con Effetto notte, Truffaut celebra la magia del cinema, ma al tempo stesso ne svela il lato più complesso e laborioso, fatto di compromessi, sacrifici e fallimenti.
Effetto Notte è la storia di un film nel film: la vicenda ruota attorno alla troupe che sta realizzando Je vous présente Pamela, una classica storia melodrammatica, in cui una giovane donna si innamora del padre di suo marito.
Il titolo del film fa riferimento a una tecnica cinematografica – l’effetto notte, appunto – usata per simulare una scena notturna girata di giorno mediante l’uso di filtri e luci speciali. Questo dettaglio tecnico diventa metafora dell’intero processo cinematografico: il cinema è un’arte che manipola la realtà, creando illusioni che diventano verità sullo schermo.
Fin dalle prime scene, Effetto Notte rivela il suo carattere meta-cinematografico. L’intero film si svolge all’interno del set, e gli spettatori non assistono solo alla creazione di un’opera, ma anche alla vita caotica, complessa e imprevedibile della troupe cinematografica. Dal primo ciak all’ultimo, François Truffaut ci porta nel cuore pulsante del cinema, facendoci vivere le tensioni e i problemi quotidiani che si nascondono dietro la realizzazione di un film: dagli imprevisti tecnici ai capricci degli attori, dalle difficoltà economiche alle crisi personali.
Ma nonostante le difficoltà, Effetto Notte trasmette un messaggio chiaro: il cinema è passione. La stessa passione che unisce la troupe, che nonostante tutto continua a lottare per completare l’opera. Il personaggio di Ferrand incarna questo amore incondizionato per il cinema. Ferrand è un regista stanco, spesso costretto a risolvere situazioni al limite del possibile, ma il suo entusiasmo non viene mai meno. In una delle scene più iconiche del film, Ferrand dichiara: “I film sono più armoniosi della vita. Non ci sono imbrogli nei film. Ci sono solo personaggi che vogliono fare qualcosa. […] Il cinema ci sostituisce ciò che ci manca nella vita”.

François Truffaut e la sua poetica: possibili eredi?
Uno dei più grandi contributi di François Truffaut al cinema è stata la sua capacità di fondere la narrativa tradizionale con un nuovo linguaggio visivo. Se il cinema degli anni ’50 e ’60 seguiva regole rigide, con sceneggiature ben strutturate e una regia formale, Truffaut introduce un approccio più libero e sperimentale. Con la Nouvelle Vague, i registi sfidano le regole consolidate: il montaggio disordinato, l’uso del fuori campo, i dialoghi improvvisati e la rottura della quarta parete diventano estensioni dei sentimenti dei personaggi di Truffaut.
Con la saga di Antoine Doinel iniziata con I 400 colpi (1959) e terminata con L’amore fugge (1978), Truffaut ha saputo esplorare l’infanzia come fase cruciale della vita, ricca di emozioni spesso complesse e non comprese dagli adulti, dicasi anche per Gli anni in tasca (1976).
Sia in Jules e Jim (1962, dove François Truffaut esplora l’amore libero e complesso tra due uomini e una donna, sia in La signora della porta accanto (1981) che tratta dell’amore distruttivo e passionale, la sensibilità del regista nel trattare i sentimenti umani in tutta la loro contraddittorietà e profondità è rimasta tutt’ora ineguagliata.
Negli ultimi anni della sua vita, Truffaut continua a lavorare con intensità, sebbene la sua salute cominci a deteriorarsi a causa di un tumore. Muore a soli 52 anni, lasciando incompiuti alcuni progetti, ma lasciando dietro di sé un’eredità cinematografica immensa.
Oggi, a quarant’anni dalla sua scomparsa, l’innovazione di François Truffaut è diventata grammatica per gli aspiranti registi, insieme all’importanza della narrazione (Sceneggiatura, sceneggiatura, sceneggiatura diceva il suo amico Alfred Hitchcock, con cui ha anche una meravigliosa intervista cliccando qui). La Nouvelle Vague ha aperto la strada a una nuova libertà espressiva nel cinema, e Truffaut, con la sua poetica sensibile e il suo amore per il cinema, rimane uno degli autori più importanti al mondo.
L’eredità di François Truffaut non è solo nei suoi film, ma in tutto il cinema contemporaneo. Sono tantissimi i registi che si sono ispirati al cinema di Truffaut e a quello della Nouvelle Vague in generale (per scoprirne uno, clicca qui). Noi de I Soliti Cinefii vi invitiamo a recuperare l’intera filmografia – qui in misera parte citata -, e ad ammirare le incredibile innovazioni e forme di espressione cinematografica che un autore del calibro di Truffaut ha portato al cinema.