La recensione del film The Ugly Stepsister

The Ugly Stepsister: balli, corpetti ed orridi banchetti

Dopo essere passato per il Sundance Film Festival ed il 75° Festival di Berlino, arriva anche in Italia per Halloween The Ugly Stepsister. Si tratta del primo film scritto e diretto dalla regista norvegese Emilie Blichfeldt, che riporta sullo schermo il mito di Cenerentola in chiave horror. Ecco la recensione del film con protagonista Lea Myren.

The Ugly Stepsister, la trama del film horror su Cenerentola

La regista Emilie Blichfeldt si dedica alla realizzazione di cortometraggi dal 2013 al 2020, ma ora i tempi sono maturi per il debutto in un lungometraggio. The Ugly Stepsister è dunque l’opera prima dell’autrice norvegese, che riprende il mito della fiaba di Cenerentola dei Fratelli Grimm, rivisto sotto un’ottica dissacrante ed alquanto inedita.

Ambientato in un periodo storico verosimilmente a cavallo tra XVIII e XIX secolo, la storia del film è quella di Elvira, ragazza sgraziata e di brutto aspetto che sogna di sposare il principe Julian. La famiglia, con la perfida madre Rebekka e la premurosa sorellina Alma, non naviga certamente nell’oro, e l’occasione del ballo reale è perfetta per svoltare definitivamente le cose. Elvira deve sposare il principe, ma per riuscirci la ragazza è costretta a sottoporsi ad una trasformazione fisica estenuante.

La recensione del film The Ugly Stepsister

The Ugly Stepsister, la recensione: I sogni son desideri

Hai del talento, ma non importa a nessuno. Non è abbastanza quello che hai.

Quello di Cenerentola resta, indissolubilmente, uno dei miti popolari più celebri ed importanti nella cultura odierna, specialmente dal Novecento in poi. A rafforzare questa permanenza, all’interno dell’immaginario collettivo, il cinema ha rappresentato un chiaro ed evidente mezzo di diffusione, attraverso una produzione elefantiaca di adattamenti dell’opera.

Sono infatti una decina, tra corti e lungometraggi, le rivisitazioni della storia di Cenerentola sul grande schermo solo nell’età del muto, arrivando alle centinaia successive anche sul piccolo schermo. Inevitabile come, a plasmare l’iconografia del mito sullo schermo, ci abbia pensato “papà Walt” nel 1950, nonostante in pochi magari sanno che l’opera di riferimento, del leggendario film d’animazione Disney, è la raccolta di fiabe di Charles Perrault (I racconti di Mamma Oca).

Una pubblicazione, questa, a sua volta debitrice di Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile, arrivando con Cenerentola anche ad origini Classiche ed Antiche. Quello dell’ascesa della giovane protagonista, da serva a principessa, è dunque un topos rinnovato nei secoli che fa gola a qualsiasi narratore, chiamato ogni volta a plasmarne il contenuto all’interno della struttura. Ci hanno pensato infatti anche gli stessi Fratelli Grimm che, di Cenerentola, hanno dato la loro peculiare versione, influenzata anche e soprattutto dalla letteratura germanica.

Una rivisitazione, quest’ultima, alla quale The Ugly Stepsister fa riferimento, con la sua cruda rappresentazione che diventa incredibilmente attuale sotto diversi punti di vista, nel cinema e nell’extracinema. Per quanto riguarda il primo aspetto, in molti hanno rievocato la favola di Cenerentola nel dibattito sul grande vincitore della scorsa stagione Oscar, Anora. Nessun ballo, nessun principe e nessuna principessa, ma il topos precedentemente accennato veniva ricostruito e decostruito in chiave moderna, arrivando a conquistare la critica di tutto il mondo.

Viviamo, inoltre, negli anni di un progetto produttivo-cinematografico molto particolare, ovvero quello del c.d. Twisted Childhood Universe. Si tratta di una serie di rivisitazioni, in chiave horror, delle storie di molti personaggi che hanno accompagnato la crescita di diverse generazioni, come Winnie the Pooh, Bambi e Peter Pan. Il mito di Cenerentola è dunque tornato di moda e l’horror, come spesso avviene in questi casi, diventa lo sbocco preferito e preferibile.

Ma che tipo di horror potrà mai legarsi alla storia dei Fratelli Grimm? David Cronenberg impose la sua personalissima cifra stilistica già negli anni ’70-’80, perfezionando e diffondendo un body-horror che avrebbe fatto scuola nei decenni successivi. Nei suoi anni di preparazione, la nuova regista cinematografica Emilie Blichfeldt, proveniente dal Nord Europa, ha preso decisamente appunti su questo speciale sottogenere…e allora body-horror sia!

Si tratta di un preciso modo di raccontare l’orrore che, negli ultimi anni, sta prendendo sempre più piede nel cinema. Dal ritorno del suo “padre artistico” alla Palma d’Oro a Titane, passando per il Men di Garland ed il recente successo di The Substance, arrivando al meraviglioso Together di questo 2025. Più degli altri sottogeneri, il body-horror diventa di fatto quello più appetibile per i giovani autori, capace di far coniugare l’orrore visivo ad una profonda e sanguinante critica sociale.

Sono questi tutti fattori che portano, il mito di Cenerentola, a diventare spettro nudo e soprattutto crudo dell’era dell’apparenza che continuiamo a vivere, dell’oggettificazione del corpo (femminile) e della vitale necessità della vetrina pubblica. Cosa si è disposti a fare per essere accettati dalla società? La giovane protagonista di The Ugly Stepsister di tutto: dalla correzione fisica di un naso storto all’inghiottire un uovo di tenia per dimagrire, fino a soluzioni radicali per poter inserire un piede in una scarpa.

Body-horror e body-positivity, per una bellezza da poter scegliere su di un catalogo in sala di attesa, pericolosamente poco distante dalle app odierne. Uno dei dialoghi più significativi del film, tuttavia, resta quello fra la protagonista Elvira e la sua “educatrice” Sophie. <<Sei stata così coraggiosa da cambiare il tuo aspetto esteriore affinché quello interiore potesse prevalere. Solo quello che hai dentro conta veramente>> questo qualche secondo prima di darle comunque l’uovo di tenia per dimagrire.

Una bellezza, da questo punto di vista, che diventa solo ed esclusivamente un mezzo per prevalere sulle altre e raggiungere i propri interessi, siano essi collegati direttamente alla propria trasformazione personale siano indiretti per conferire prestigio alla propria scuola, istituto, accademia. Pezzi di carne, messi in vetrina e lasciati alla mercé dei gusti di squallidi uomini depravati (vale anche al contrario, ma intuibile come un lato prenda il sopravvento sull’altro).

Una realtà materialista, dedita al culto dell’oggettificazione, che spezza via alcun tipo di solidarietà con la competizione all’interno della competizione. Basti pensare al crudele personaggio della matrigna, che infligge sofferenze indicibili alla figlia non per regalarle un futuro, ma per cercare di far vivere nel lusso prima della sua stessa famiglia. Alla sua opera prima, la regista norvegese riesce in The Ugly Stepsister a cogliere tutti questi aspetti, parlando di cinema attraverso il cinema.

Orrido e squallore nel film sulla bellezza

Tu vorresti sposarti? Guardati allo specchio, tesoro.

Estremamente femminile e femminista, l’opera di Blichfeldt è infatti un trionfo dell’orrore sullo schermo, sotto tutti i suoi aspetti. Già nell’incipit, The Ugly Stepsister inizia a disorientare il suo spettatore, presentando sì il classico “Once upon a time…”, ma aggiungendo una musica elettronica assolutamente inaspettata. Il contributo di Kaada e Vilde Tuv, alla colonna sonora, è infatti non solo decisivo, ma anche funzionale ad inquadrare un film “totalizzante”.

La già citata musicalità elettrica si intreccia infatti con l’arpa ed i fiati che rievocano le sonorità d’epoca, per un’esperienza fuori dal tempo che infatti diventa terribilmente attuale nell’era dell’apparenza, dal verosimile ‘700 agli smartphone. La messa in scena fa pregio di incantevoli costumi e scenografie fiabesche, la favola sognante prende vita, ma il tutto diventa un incubo ripugnante.

La regista fa echeggiare il dolore anestetizzante che prova la sua protagonista, i mormorii dello stomaco, fino ai determinanti colpi visivi. Tra abiti principeschi e bouquet di fiori, a prendere il sopravvento è il rancido della messa in scena: cadaveri in decomposizione, pustole, muffa e vermi striscianti…il film sulla bellezza diventa quello dello squallore.

Un orrore viscerale che rende inoltre onore al cuore stesso del body-horror, ovvero le sanguinolente trasformazioni fisiche attraverso “divertenti” trucchi prostetici. Ottimo il lavoro effettuato sul cambiamento della protagonista, con una Lea Myren eccezionale che guida un gran cast.

In conclusione, The Ugly Stepsister è l’ennesimo caso di come una storia secolare ed ampiamente presente nell’immaginario collettivo possa ogni volta presentarsi in modo diverso, attraverso la visione d’autore. L’opera prima di Emilie Blichfeldt è da questo punto di vista perfetta, andando ad imprimere su schermo la nostra contemporaneità attraverso una rappresentazione fuori dal tempo.

Dal gotico al favolistico, il body-horror messo in scena valorizza tutto l’orrido possibile, dall’atmosfera pestilenziale al gore senza fronzoli. Impressionante notare, come questo speciale sottogenere, abbia un potenziale praticamente sconfinato, continuando a registrare un fattore determinante: l’horror è donna. Benvenuta Emilie Blichfeldt!

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Vittorio Pigini
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Laureato in Giurisprudenza, diplomato in Amministrazione Finanza e Marketing, ma decisamente un Hobbit mancato. Orgogliosamente nerd e da sempre appassionato al mondo cinematografico, con il catartico piacere per la scrittura. Studioso della Settima Arte da autodidatta, con dedizione e soprattutto passione che mi hanno portato a scrivere di cinema e ad avvicinarmi alla regia.