
28 Ago 2025 Bugonia: un Lanthimos che prende in giro tutti
Bugonia segna il ritorno di Yorgos Lanthimos in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, due anni dopo il Leone d’Oro conquistato con Povere Creature!, rinnovando il sodalizio creativo con Emma Stone. L’attrice è protagonista insieme a Jesse Plemons di questo nuovo progetto che uscirà in sala il 23 ottobre 2025.
Il film è il remake in lingua inglese del cult sudcoreano Save the Green Planet! di Jang Joon-hwan e porta la firma dello sceneggiatore Will Tracy (The Menu, Succession). La storia segue due giovani cospirazionisti che, convinti che la CEO di una multinazionale sia in realtà un’aliena, decidono di rapirla. Direttamente da Venezia 82, ecco la recensione di Bugonia, il film di Yorgos Lanthimos.

Bugonia: trama del film di Yorgos Lanthimos con Emma Stone
Remake del cult coreano sci-fi Save the Green Planet! (2003) di Jang Joon-hwan, Bugonia narra la vicenda di due giovani che catturano e interroga una donna d’affari, credendo che sia un invasore alieno. Accanto a Emma Stone nel cast figurano Jesse Plemons, Aidan Delbis, Stavros Halkias e Alicia Silverstone. Con Bugonia, Lanthimos continua a esplorare il grottesco portando una potente satira sociale e anti cospirazionista, ma non troppo.
Bugonia: recensione del film in concorso a Venezia 82
Se Yorgos Lanthimos si è affermato ormai da anni come un regista che sa giocare e portare in scena il grottesco nel cinema contemporaneo come pochi, quest’anno, alla 82esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, dovrà fare i conti con il Frankenstein di Guillermo Del Toro. In attesa della visione dell’atteso adattamento del regista messicano, Lanthimos approda a Venezia con un film che può essere descritto con una sola parola: sbalorditivo.
Siamo ancora al secondo giorno della Mostra, ma la squadra costituita da Emma Stone, Jesse Plemons e lo stesso regista greco sembra essersi guadagnata il plauso di un lavoro riuscito perfettamente. O, quantomeno, questa è l’opinione di chi scrive.
Attingendo da un’opera già uscita nelle sale, e quindi rimaneggiare “di seconda mano” non è sempre facile. Basti pensare all’infinita disputa e incessabili reboot e (non più)origin story dei vari Spider-man, Batman o, per restare in contesto dell’attuale edizione di Venezia, il rifacimento da parte di Spike Lee di Oldboy (2013), celebre capitolo centrale della trilogia della vendetta di Park Chan-wook, quest’anno in concorso con l’attesissimo No other choice.
Ma quindi, andando al punto, Bugonia com’è?
Yorgos Lanthimos mette in scena un grottesco trattato anti cospirazionista e parallelamente politico e apolitico. Il regista pluripremiato di Povere creature! (2023) esce promosso con un film che mantiene alta la firma creativa di un autore che ha fatto del paradossale il suo marchio di fabbrica, con tanti meriti per la sua affabile musa, Emma Stone.
Se da un lato Servillo dimostra ne La Grazia di Sorrentino (qui la recensione) di essere padrone di un palcoscenico oramai solcato per decenni, Emma Stone non smette mai di stupire per i ruoli in cui riesce a calarsi quando si tratta di un film di Lanthimos. Produttrice della pellicola insieme allo stesso regista, l’attrice e protagonista dai tempi de La Favorita (2018) ha trovato, accanto a Yorgos Lanthimos, la carta vincente che le permette di sfondare e fare sfondare una pellicola che lavora principalmente sugli scambi di battute tra lei, Michelle, e Teddy, il personaggio interpretato da Jesse Plemons.
Considerabile una pecca o meno per il film sarà a discrezione dello spettatore, ma rispetto ai grandi spazi e luoghi che Emma Stone alias Bella Baxter visita in Povere Creature! (2023), in questo Bugonia Lanthimos sfrutta molto meno i suoi tipici grandangoli e virtuosismi registici, che lo rivelavano e posizionavano come un regista dalla spiccata ricercatezza visiva, che qui viene messa in secondo piano a favore di dialoghi grotteschi, esilaranti e fortemente satirici.
Ma se il precedente Kinds of Kindness (2024) aveva diviso il pubblico per la – scusate la ripetizione – suddivisione ad episodi, spezzando una narrativa che sembrava fermarsi proprio all’apice del grottesco Lanthimosiano, in Bugonia, la sceneggiatura non vede l’ora di andare avanti. A ritmo giusto, la storia procede tra sguardi e dialoghi a tratti surreali ma, forse, realistici, che suscitano risate per il primo e secondo atto, giungendo ad un epilogo che si rivela l’ulteriore ciliegina sulla torta di un film che prende in giro tutti.
Leggi anche: Povere Creature! (2023), recensione.

Bugonia, recensione: abbiamo un vincitore?
Quando un regista riesce a rimaneggiare un film già ben costruito e farlo proprio, chiamando i giusti attori e facendo loro impersonare i giusti personaggi, allora il gioco è fatto. Se la coppia Stone&Lanthimos convince già da 4 film, Jesse Plemons ritorna dopo la breve, ben riuscita ma leggermente dimenticabile esperienza di Kinds of Kindness interpretando un – allerta piccolo spoiler – malato di mente che fa rasare a zero la CEO Michelle per evitare che, una volta rapita, possa mandare dei segnali di aiuto alla sua navicella madre attraverso i capelli.
Teddy rappresenta proprio la deriva di un certo tipo di persona che, stanco, affranto e – molto, molto – sfortunato nella vita, inizia col dare la colpa ai padroni, ossia chi gli ha tolto il lavoro, chi ha quasi ucciso sua madre e a chiunque si trova letteralmente al di sopra di lui e ne riceve profitto dal lavoro che svolge in fabbrica,
Se i presupposti per stare nel “giusto” il personaggio Teddy ci mostra di averli nel corso della vicenda del rapimento e dei esilaranti dialoghi e momenti di follia dello stesso, è proprio nella sua esagerazione e nel suo eccedere della sua convinzione (lo dimostra una certa stanza all’inizio dell’epilogo) a portare l’ago dal lato sbagliato della bilancia, rotta poi da un finale sbalorditivo e contro tutti i termini previsti da Lanthimos fino a quel punto.
Lodevole la bravura con cui si inserisce il personaggio interpretato da Aidan Delbis. Don, cugino di Teddy e ragazzo problematico, è desideroso ma al contempo spaventato dall’aprirsi e affrontare la realtà. Vorrebbe essere preso e portato via da Michelle, nel caso in cui fosse davvero un’aliena. Vuole andare via ma allo stesso tempo essere protetto dal cugino, e quando arriva il momento per lo spettatore che sembra poter mettere il personaggio “di lato”, a favore dei dialoghi tra i due protagonisti, un’azione preventiva porta Don verso un tragico e perfetto epilogo.
In definitiva, Bugonia ha tutti gli elementi (e difetta dei giusti, per quanto mi riguarda) per inserirsi nella filmografia di Yorgos Lanthimos come un’opera completa e che rasenta la perfezione, con una stupefacente prova attoriale del duo protagonista, che sfonda lo schermo per trovare (forse) almeno una Coppa in due interpretazioni che si rivelano come perno e punto cum laude del film. Con meno sperimentazioni e meno macchina da presa in mostra, Lanthimos gira un’opera più posata, ma senza tralasciare una satira pungente e un grottesco che cresce sempre di più fino a esplodere in un finale che lascia a bocca aperta. Bugonia: abbiamo un vincitore?
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Leggi anche: Kinds of Kindness (2024), recensione.



