09 Mar Poor Things: la recensione del film di Yorgos Lanthimos
Presentato in anteprima mondiale all’80. Mostra del cinema di Venezia dove ha trionfato con il Leone d’oro, Yorgos Lanthimos, regista greco dal timbro ben definito, ci regala una pellicola che non solo non ha deluso le aspettative ma ha addirittura alzato l’asticella di una filmografia già ricca; molti di voi infatti, conosceranno l’autore per La Favorita, The Lobster, il Sacrifico del Cervo Sacro o addirittura per Dogtooth, film feroci, audaci, dove i protagonisti mostrano un certo distacco con ciò che li circonda e con il pubblico stesso che li sta guardando.
Con Poor Things invece, Lanthimos mostra una differenza notevole: è una pellicola ben mirata, una favola gotica e vittoriana che balza il regista greco tra gli autori più visionari e importanti di questa epoca; Un salto di qualità arrivato nel giro di pochi anni dopo l’acclamazione da parte della critica mondiale.
Basato dall’omonimo romanzo del 1992 scritto da Alasdair Gray, Povere Creature! racconta la storia della giovane Bella Baxter (interpretata da Emma Stone) morta suicida incinta in una Londra novecentesca e riportata in vita dall’eccentrico scienziato/chirurgo Godwin Baxter (interpretato da Willem Dafoe) dopo aver impiantato il cervello del feto sopravvissuto dando una seconda vita alla ragazza.
Bella progredisce rapidamente e mostra fin da subito una certa disinvoltura nell’autoerotismo, infatti gran parte della sua scoperta si presenterà sotto forma di sesso che il regista greco metterà in scena dettagliatamente, anche in maniera ripetitiva e (unica nota dolente del film) stancante.
Viste le circostanze, Il Dottor Godwin deciderà di dare Bella in sposa a Max, uno studente di medicina molto vicino allo scienziato.
Debutterà così l’avvocato Duncan Wedderburn (interpretato da Mark Ruffalo) pronto a scappare con la giovane alla scoperta del mondo e alla ricerca della libertà.
Poor Things é un’opera visionaria che intrattiene, diverte e convince.
Lanthimos è stato capace di raccontare la storia dell’essere umano attraverso le vicissitudini della protagonista, grazie all’incredibile lavoro di Emma Stone, regalando alla settima arte una delle migliori interpretazioni dell’anno e probabilmente la migliore della sua carriera.
In 141 minuti possiamo ammirare la crescita di una mente infantile trapiantata artificialmente nel corpo di un’adulta, esplorando nuovi orizzonti da parte del personaggio e dell’attrice stessa.
Dafoe è un maestro nel suo ruolo esponendo eccentricità, follia e genialità.
Rami Youssef, nel ruolo di Max è presumibilmente la figura più ingenua della pellicola a differenza di Duncan, insulso e imbroglione interpretato magnificamente da Mark Ruffalo.
Poor Things è tecnicamente impeccabile e visivamente una meraviglia per gli occhi: la scenografia curata da Shona Heath e James Price immerge lo spettatore in un mondo quasi distopico, grazie anche all’uso del digitale e al talento di Robbie Ryan, direttore della fotografia irlandese già noto per le collaborazioni con Ken Loach e per aver curato la fotografia de La Favorita e C’mon C’mon.
Un’altro punto di forza di Poor Things è senza dubbio il make-up su Willem Dafoe; quest’ultimo ha rilasciato un’intervista molto interessante dove ha dichiarato che si presentava sul set alle 3:00 del mattino; sembra infatti che Dafoe dovesse sottoporsi per ben 4 ore di trucco mentre il resto del cast poteva presentarsi sul set alle 7:00.
Un dettaglio che spiega benissimo lo sforzo sia dell’attore stesso che dal team del truccatore britannico Mark Coulier.
In conclusione, Poor Things è un opera matura: un film che va alla ricerca della libertà, come la sua protagonista Bella Baxter.
La libertà che tutti noi dovremmo avere.
★ ★ ★ ★ ½
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