La recensione del film The Shrouds di David Cronenberg

The Shrouds: l’opera più personale di David Cronenberg è un corpo estraneo ed un peso morto

Dopo essere stato presentato in anteprima al Festival di Cannes 2024 arriva, nei cinema italiani dal 3 aprile, il nuovo film di David Cronenberg The Shrouds – Segreti sepolti. Si tratta del 23° lungometraggio scritto e diretto dal grande regista di Videodrome che, dopo il Crimes of the future del 2022 con Viggo Mortensen, continua il viaggio all’interno della sua filmografia scomodando trame complottistiche e l’inossidabile legame tra corpo, mente e tecnologia. Ecco di seguito la recensione di The Shrouds, con protagonista Vincent Cassel.

The Shrouds: la trama del film di David Cronenberg con Vincent Cassel

Nel corso della sua decennale carriera, il regista canadese David Cronenberg è riuscito a portare sul grande schermo in media un suo film ogni periodo di circa 3 anni. Nel 2014 esce Maps to the Stars e da lì, la fucina di idee e grande cinema dell’autore di La Mosca ha conosciuto un periodo di stop più lungo del solito, tornando sotto i riflettori solo nel 2022 con Crimes of the future. In questo lasso di tempo, tuttavia, è avvenuto un evento traumatico per Cronenberg, ovvero la scomparsa di sua moglie Carolyn nel 2017.

Inevitabilmente il fatto smuove anche artisticamente il regista, che nel 2021 si ritrova a co-dirigere ed essere presente come attore nel cortometraggio di sua figlia Caitlin dal titolo The Death of David Cronenberg. Viene presentata questa premessa doverosa, in sede della trama di The Shrouds – Segreti sepolti, per giungere nel migliore dei modi a concepire un film molto personale per Cronenberg.

Ambientata in un futuro prossimo, la storia del film segue infatti Karsh, uomo di mezza età che ha fatto fortuna nel concepire e vendere una speciale tecnologia, la GraveTech. Il mondo tende ormai sempre di più ad abbandonare il rituale della sepoltura per i defunti, privilegiando la loro cremazione, ma la GraveTech permette di osservare e seguire i propri cari all’interno della rispettiva tomba attraverso dei sudari particolari.

Una tomba che è stata poi destinata anche a sua moglie Rebecca, scomparsa di recente a causa di un tumore. Nel rivedere il suo corpo, tuttavia, Karsh nota delle strane escrescenze sulle sue ossa, iniziando ad indagare su cosa queste siano in realtà. Come se non bastasse, una notte il suo cimitero viene vandalizzato, colpendo fra le altre anche la stessa tomba di Rebecca. Sembrerebbe esserci qualcosa di più sotto, forse un piano di qualche organizzazione segreta.

Recensione The Shrouds film

The Shrouds, la recensione: da un corpo all’altro, pezzo dopo pezzo

Il dolore sta facendo marcire i denti. I denti sono sensibili alle emozioni.

Con la recensione di The Shrouds resta a dir poco impossibile non tornare a sottolineare quel valore di “opera più personale”, per un Autore come David Cronenberg. Si tratta infatti di un regista che, fin dagli anni ’70, ha iniziato a sconvolgere a poco a poco il panorama del cinema horror-fantascientifico, creando un vero e proprio sottogenere da lui derivato. Nonostante però più di 50 anni di carriera (50), l’autore canadese continua a mettersi in gioco, cercando di rinnovare ogni volta quel cinema che ha costruito con le sue stesse mani e soprattutto con la sua mente.

Lo spionaggio, o comunque le intricate trame di organizzazioni segrete, complotti e desiderio di rivoluzione, non sono elementi rari nella filmografia di Cronenberg (basti pensare a titoli come eXistenZ o Il pasto nudo). Eppure con Crimes of the future del 2022 il regista è riuscito a portare sul grande schermo qualcosa di inedito, seppur comunque ‘interno di quei binari della sua visione e poetica d’artista. Questi sono riconducibili ovviamente a quello speciale e sanguinolento legame, rapporto, conflitto ed interazione tra corpo, mente e tecnologia, in altre parole il body-horror.

Anche The Shrouds continua a viaggiare su quegli stessi binari, con il film che vede il suo incipit in uno studio dentistico e con il dottore riferire al paziente come <<Il dolore sta facendo marcire i denti. I denti sono sensibili alle emozioni>>. Oltre però al cinema tanto caro all’autore di Brood – La covata malefica, in questo caso a smuovere le fila del film è anche e soprattutto un sentimento ed un dolore così viscerale e profondo da raccontarlo solo attraverso la macchina da presa, ovvero quello della scomparsa di una compagna di vita.

Ecco che The Shrouds fa un compendio dell’intero cinema di David Cronenberg, toccando tutti gli elementi rappresentativi la sua poetica d’artista ed aggiungendo quel sentimento personale, quel dolore intimo, inevitabilmente restituendo la sensazione del tanto temuto “testamento artistico”. Si spera ovviamente di non arrivare mai a quel punto, non soltanto perché il cinema e l’Arte ha il continuo bisogno di autori di questo calibro, ma anche perché, in questo caso, The Shrouds non renderebbe minimamente onore alla filmografia di David Cronenberg.

Cuore e mente esplodono come bolle di sapone

Quanto desideri addentrarti nel buio?

Si giunge così al vero corpo di questa recensione, ripartendo tuttavia dall’inizio. La 77a edizione del Festival di Cannes ha visto il ritorno, per motivi e storie diverse, di 2 giganti della storia del cinema come Francis Ford Coppola (Megalopolis) e David Cronenberg (The Shrouds). Entrambi i maestri si sono ritrovati a celare loro stessi dietro i rispettivi protagonisti, a portare la maschera dei loro alter ego Cesar e Karsh: due uomini d’affari che hanno conosciuto il successo grazie ad una speciale tecnologia.

Entrambi i cineasti, inoltre, si sono ritrovati a dover ricondurre l’opera alla scomparsa delle rispettive mogli Eleanor e Carolyn, ma proprio da questo ulteriore punto in comune si ritrova non solo la differenza cruciale, ma anche quella più scottante. Mentre la scomparsa della prima avviene in prossimità della distribuzione del film, con emozionante dedica annessa, l’evento traumatico legato a Cronenberg è proprio quello che lo ha spinto a voler realizzare il film stesso, mancando sostanzialmente il bersaglio sotto diversi punti di vista.

Ovviamente si prescinde in questo caso dal valore personale ed emotivo, rimanendo per forza di cose ancorati al contenuto artistico. Quello di Vincent Cassel (alter ego del regista) è un uomo che sta infatti affrontando il doloroso percorso terapeutico dell’elaborazione del lutto, senza tuttavia riuscire mai a fare i conti con quel trauma ed arrivando ad un finale al limite dell’accettazione. Ironico. Karsh ha infatti la possibilità di guardare qualsiasi corpo, in ogni momento, anche posizionando l’immagine in continuo movimento sul proprio mobile di casa.

Eppure, quando si parla di dover riesumare il corpo di Becca per catturare delle prove (l’espediente che mette in moto la “trama”, ma su questo si arriverà a breve), avere finalmente un contatto visivo diretto senza filtri tecnologici, il personaggio mette in ballo la burocrazia, o qualsiasi altra scusa per non riuscire a dargli nemmeno un’occhiata. Riesumare il ricordo della moglie, letteralmente, resta naturalmente doloroso, ma il mancato momento della “resa dei conti” è forse l’emblema delle innumerevoli criticità presenti nel film.

Non solo l’amata moglie viene tradita (non tanto nella relazione con il personaggio di Soo-min, quanto soprattutto nella promessa infranta), ma il tradimento non ha nemmeno senso di esistere in un finale fatalmente tronco, anticlimatico e contraddittorio. Alla conferma del <<sì, c’è un noi>> tra Karsh e Terry segue immediatamente la fuga d’amore tra i personaggi di Vincent Cassel e Sandrine Holt, con l’ennesima immagine onirica nel finale che prima critica le scelte del protagonista per poi assecondarle subito dopo.

The Shrouds percorre quindi la strada dell’elaborazione del lutto, non riuscendo a registrare alcun passo in avanti, se questi ci sono mai stati e se mai ci saranno, senza nemmeno rendere tangibile l’impossibilità stessa di poter registrare miglioramenti in questo tipo di approccio col dolore. L’opera più personale di David Cronenberg manca quindi completamente cuore ed anima, non riuscendo mai ad emozionare nello straziante dolore, ma non rappresentando nemmeno l’unico limite di The Shrouds.

L’opera più personale di Cronenberg è un corpo estraneo

Ho amato quel corpo.

Risponde questo il personaggio protagonista ricordando la moglie morta: non “ho amato quella persona”, o semplicemente il suo nome, ma proprio il suo corpo. Una visione critica e fallimentare sotto diversi punti di vista, spingendo ad una perdita costante dell’amore a seconda dei “pezzi” in meno di quel corpo (il periodo della malattia, il momento più difficile dove quell’amore dovrebbe invece dimostrare la sua sincerità), e di una moglie che può essere semplicemente sostituita con lo stesso corpo di sua sorella gemella.

Con le premesse del paragrafo precedente, The Shrouds continua a registrare solo elementi velenosi e “pericolosi”, per un film senza cuore, senza anima e senza emozioni (oltre alla logica) là dove non poteva permetterselo. A non dare una mano sicuramente l’importante cast del film. Rigorosamente sempre vestito a lutto, l’alter ego del regista si figura esplicitamente in Vincent Cassel anche nel look e, così come lo stesso film, nel presentare un’innaturale monoespressività. Karsh sembra non provare nulla, nessuna rabbia, nessun dolore, nessun risentimento, contraddicendosi di volta in volta e tentando in alcuni casi a “smuoversi” emotivamente ma rilasciando solo scarsi risultati.

Al di fuori del personaggio protagonista, sono in generale tutti gli interpreti a non funzionare all’interno di The Shrouds, sia come approccio emotivo (tutti e 4 prendono una sola espressione e la mantengono per tutta la durata del film) sia come senso logico-narrativo all’interno del film stesso (in particolare il personaggio di Sandrine Holt). Quello della totale mancanza di incisività dell’intero cast è un importante problema nel momento in cui, il film, risulta così particolarmente verboso. Privilegiando il leggendario “lo dimo” di Boris, la sceneggiatura costruisce dialoghi su dialoghi, presentazioni per ogni personaggio ed anticipazioni su cosa questo farà, senza mostrare un effettivo e concreto risultato in scena.

The Shrouds arriva così a prendere, quindi, quegli stessi connotati dell’inesistente trama complottistica del suo intreccio. A differenza dell’alta caratura e della pulizia narrativa di Crimes of the future, in The Shrouds la confusione regna sovrana, facendo scoppiare la sua “elaborata” trama come un’incolore bolla di sapone. Alla fine della fiera la rivoluzione ed il complotto risultano essere semplicemente una farsa (forse sì, forse no, difficile dirlo), l’elaborazione del lutto è completamente assente, il mezzo tecnologico e l’immancabile poetica di Cronenberg provano a trainare tutto il film, ma solo appunto come mezzo su cui viaggiare, senza una vera e propria meta.

Già, il “mezzo tecnologico”. Ad aggiungersi alle diverse criticità sottolineate, è anche l’occasione persa nel non aver sfruttato nel migliore dei modi un potenziale affascinante come quello della GraveTech. Come precisato all’inizio di questa recensione, si vuole comunque evidenziare come l’autore, dopo 50 anni di carriera, continua a volersi rinnovare pur rimanendo sui binari del cinema che piano piano ha costruito con le proprie mani. A differenza infatti dell’approccio “carnale” degli scorsi esempi di body-horror, in The Shrouds ad elevarsi è una fantascienza spirituale, dell’anima, anche e soprattutto in stretta connessione con la digitalizzazione del corpo nella società contemporanea.

In un mondo che ha ormai perduto il valore spirituale dell’Aldilà, arrivando principalmente a cremare i propri cari senza una degna sepoltura, ecco giungere l’ateismo tecnologico. I defunti diventano articoli da museo, quasi da collezionare (chiedendosi anche come abbia fatto Karsh a costruire il suo impero) con l’esposizione in bella mostra con tanto di schermo interattivo che non può che agevolare questa associazione.

Aggiungendo una parentesi a quest’ultimo aspetto, The Shrouds si avvicina spesso anche ad una “pubblicità cinematografica” di dispositivi elettronici, IA e Tesla. Nonostante tutte le innumerevoli problematiche del titolo, è anche vero che David Cronenberg resta pur sempre un maestro di cinema, incapace di fallire visivamente un film nemmeno quando corpo e sostanza risultano completamente assenti e dannosi.

A cercare di salvare il possibile ci pensano infatti le sempre splendide musiche dello storico collaboratore Howard Shore, nonché il lavoro del direttore di fotografia Douglas Koch, che contribuisce fortemente a restituire una resa scenica formidabile. In conclusione, dopo 50 anni di enorme carriera e successivamente al meraviglioso Crimes of the future del 2022, il maestro canadese torna sul grande schermo con quella che dovrebbe essere la sua “opera più personale”.

The Shrouds, tuttavia, non riesce mai a reggere il peso emotivo (ed artistico) della posta in palio, non rendendo minimamente giustizia alla filmografia di un gigante come David Cronenberg. La speranza è quella di non doversi riferire a The Shrouds in qualità di “testamento artistico”, ma solo di scomodo e spiacevolissimo inciampo lungo un percorso ancora in atto.

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Th shrouds film David Cronenberg Vincent Cassel
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Vittorio Pigini
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Laureato in Giurisprudenza, diplomato in Amministrazione Finanza e Marketing, ma decisamente un Hobbit mancato. Orgogliosamente nerd e da sempre appassionato al mondo cinematografico, con il catartico piacere per la scrittura. Studioso della Settima Arte da autodidatta, con dedizione e soprattutto passione che mi hanno portato a scrivere di cinema e ad avvicinarmi alla regia.

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