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Ararat: la recensione del primo film in concorso al Lucca Film Festival 2023

Il primo film in concorso nella categoria lungometraggi del Lucca Film Festival 2023 è Araratdi Engin Kundag, pellicola presentata in anteprima mondiale alla 73ª edizione del Festival di Berlino.

La sinossi del film:

Zeynap, interpretata da Marve Aksoy causa un incidente stradale a Berlino e si rifugia a casa dei suoi genitori in Turchia, Hasan (Rasim Jafarov) e Fatma (Funda Rosenland).

Il comportamento autodistruttivo e ribelle della ragazza genererà un effetto domino nella situazione famigliare già difficile e controversa.

Engin Kundag racconta una storia intensa dai ritmi pacati che posso coinvolgere e allo stesso tempo infastidire lo spettatore:

Si perché, la narrativa se pur lineare viene continuamente espressa attraverso lunghi piano sequenza che, non affascinano ma fanno trasparire una regia ancora acerba che risulta fastidiosa e noiosa con il passare i minuti.

I dialoghi, scritti dallo stesso Kundag sono poco espressivi, calmi nella loro rabbia e freddi nel loro interagire nonostante la situazione.

I pochi dialoghi presenti sono accompagnati dal silenzio, infatti non è presente una colonna sonora durante l’intera pellicola.

Questo potrebbe risultare anche affascinante per il pubblico nei primi minuti ma tende a stancare la visione nonostante il ritmo (leggermente) più alto nella seconda parte dove la violenza e la rabbia inespressa vengono fuori dai personaggi.

Sullo sfondo della pellicola incombe una montagna che viene inquadrata più volte nel corso del film: Il monte Ararat.

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Facendo una breve ricerca ho trovato che il nome Ararat proviene dalla Bibbia e deriva da Urattu.

In lingua turca ağrı significa “dolore” e dağ significa “montagna;”

Il nome turco è dunque traducibile come “Montagna del dolore.”

Questo particolare che non conoscevo durante la visione oltre ad essere metaforicamente brillante, funziona come chiave di lettura della pellicola.

I temi affrontati: violenza domestica, patriarcato e stupro sono pugni allo stomaco e arrivano diretti.

Il montaggio a cura di Evelyn Rack non esprime, come per la regia il meglio di sé.

I tagli netti e i ritmi lenti rendono la sceneggiatura lineare quasi complessa.

Una nota da sottolineare è che nel film vengono usate diverse lingue: Fatma parla turco e tedesco, Zeynep solo tedesco e Hasan solo turco. 

Questa particolarità miscela la tradizione, quindi le origini e il cambiamento al contemporaneo, all’attualità.

In conclusione, Ararat è un film d’autore che cerca la libertà come la sua protagonista ma non riesce ad emergere e coinvolgere la sua dinamica per via dei ritmi mal gestiti.

★ ★ ½

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Sono il fondatore de I Soliti Cinefili. Un progetto, nato dalla grande passione per il cinema che ad oggi mi ha portato ad ampliare le interazioni in questa community a disposizione di ogni utente. La mia passione per il cinema nasce un po’ per caso: semplicemente guardando un film dopo l’altro con immediata opinione e voto al termine visione. Con il passare del tempo la mia concezione per la settima arte è completamente cambiata, portandomi a puntare all’obiettivo di diventare un critico cinematografico. Obiettivo che ho raggiunto nel 2024 entrando a far parte del Sindacato Nazionale dei Critici Cinematografici Italiani. Nel corso degli anni ho partecipato a numerose anteprime nazionali ed eventi, tra cui il Lucca Film Festival dove ho svolto l’incarico di Giurato Stampa nell’edizione 2022 e nell’edizione 2023. Inoltre, sono ospite tutti i giovedì alle 22:30 al programma radiofonico Suite 102.5 su RTL 102.5 e tutte le domeniche alle 16:30 al programma LaB - Lo Spazio delle idee a cura di Beatrice Silenzi su Radio Linea N°1.