
27 Dic 2024 Il Cinema Horror Giapponese degli anni ‘90: Cure di Kiyoshi Kurosawa
Nel dicembre 1997, il regista giapponese Kiyoshi Kurosawa rilasciò Cure, un thriller psicologico inquietante e profondo che afferma un nuovo concetto di paura. Il film, inserito nel filone del Cinema Horror Giapponese degli anni Novanta, è diventato simbolo del cinema horror giapponese degli anni ’90.
Cinema Horror Giapponese: Cure, la trama
Cure segue Takabe (Kōji Yakusho, molto prima di Perfect Days), un detective che indaga su una serie di omicidi misteriosi in cui ogni vittima viene trovata con una “X” incisa sulla gola. Gli assassini vengono identificati con facilità, ma tutti affermano di non ricordare le circostanze che li hanno portati a uccidere. Al centro di questa spirale di violenza si trova Mamiya (Masato Hagiwara), un uomo enigmatico che sembra capace di manipolare la volontà altrui con una sorta di ipnosi.
Lontano dai jump scare e dagli eccessi gore tipici di altri sottogeneri horror, Cure punta su un ritmo tipicamente giapponese: lento e soffocante. Un’atmosfera alimentata da dialoghi minimali e da una regia che lascia spazio a ciò che non si dice.
L’aspetto interessante del Cinema Horror Giapponese è l’apatia verso spiegazioni concrete e razionali: Kurosawa dipinge il male come un virus invisibile che si diffonde senza motivo apparente, lasciando intendere che la violenza è insita nell’uomo.

Il Cinema Horror Giapponese degli Anni ’90: Tra Tradizione e Avanguardia
Cure si inserisce in un periodo florido per il Cinema Horror Giapponese, che negli anni ’90 conobbe una trasformazione significativa. Questo decennio vide una transizione dai kaidan eiga tradizionali (film di fantasmi) a opere più psicologiche e sperimentali, portando sullo schermo la realtà di una società in rapido cambiamento.
Un tema ricorrente in questi film è il senso di alienazione, spesso legato all’urbanizzazione e alla tecnologia. Ad esempio, Ringu (1998) di Hideo Nakata – uno dei titoli più rappresentativi del periodo – esplora il rapporto tra folklore e modernità: una videocassetta maledetta da cui esce fuori la bambina maledetta, Sadako (diffidate dalla – purtroppo – ben più famosa Samara). Anche Pulse (2001), un’altra opera di Kiyoshi Kurosawa, parla della solitudine amplificata dall’avvento di internet.
Negli anni ’90, l’horror giapponese si differenziò da quello occidentale per la sua capacità di evocare il terrore attraverso l’ambiguità del normale. Cure e Ringu si concentrano sull’atmosfera e sull’angoscia, invece di stupire con effetti speciali o scene di violenza esplicita.
Cure non è solo un film fondamentale per il Cinema Horror Giapponese, ma anche un’ispirazione per il cinema contemporaneo: Registi come Bong Joon-ho (Memories of Murder e Parasite) e David Fincher (Zodiac, Panic Room) hanno riconosciuto l’influenza di Kiyoshi Kurosawa nella loro opera, citando il suo approccio atmosferico e il modo in cui costruisce la tensione.
Il film di Kurosawa ha anche anticipato molte delle preoccupazioni che sarebbero emerse come tematiche nel cinema del nuovo millennio: il ruolo dell’inconscio nella società moderna e il potere distruttivo delle relazioni umane malate. Inoltre, Cure è un esempio perfetto di come l’horror e, quindi, il genere, possa essere utilizzato per parlare della società.
Tornando a Cure e Kurosawa, è importante riconoscere il ruolo innovatore e il contributo del Cinema Horror Giapponese alla cultura cinematografica globale. Ciò che dimostra più di tutti l’amara realtà è che il vero terrore non risiede nei mostri o nei fantasmi, ma nei recessi inesplorati della mente umana. Con la sua inquietante ambiguità, Cure è considerabile una delle opere più significative della storia del cinema horror contemporaneo.