
25 Nov 2023 La Chimera: la recensione del nuovo film di Alice Rohrwacher
“Ognuno insegue la sua chimera, senza mai riuscire ad afferrarla.”
Presentato in anteprima mondiale alla 76ª edizione del Festival di Cannes, il quarto lungometraggio dietro la macchina da presa di Alice Rohrwacher si intitola La Chimera.
Dopo Le Meraviglie del 2014 e Lazzaro Felice del 2018, la regista toscana chiude il cerchio della trilogia con un film fiabesco, libero, enigmatico e soprattutto ammaliante.
Scritto dalla stessa Rohrwacher insieme a Marco Pettenello e Carmela Covino, La Chimera racconta la storia di un ragazzo inglese, Arthur (interpretato da Josh O’Connor) e del suo ritorno dai “vecchi amici” di un tempo, un gruppo di “tombaroli.”

Siamo a Riparbella in Toscana, presumibilmente negli anni ‘80; La scena di apertura ci mostra Arthur addormentato durante un viaggio in treno: nelle immagini che seguono appaiono visioni (splendidamente girate in 4:3) di un ragazza, un amore perduto, Beniamina.
Ci rendiamo conto fin da subito che Arthur ha qualcosa di speciale: il suo aspetto insolito, la sua stanchezza e il suo lato oscuro e malinconico nascondono dietro al ragazzo qualcosa di misterioso.
Arthur è appena uscito di prigione, e al ritorno nel piccolo borgo fa subito visita a Flora (Isabella Rossellini), un’aristocratica locale molto affezionata al ragazzo e madre di Beniamina.
Scopriremo pian piano che il ragazzo negli anni passati insieme agli amici di un tempo, una banda criminale del luogo, si mantenevano facendo i tombaroli; Il motivo per cui Arthur è stato arrestato.
Il ragazzo ha un dono: sa percepire i vuoti sottoterra dove possono essere nascoste tombe dai tesori inestimabili, antichità etrusche principalmente.
La banda si guadagna da vivere rivendendo il valore di quei tesori ad un losco commerciante chiamato Spartaco, capace di falsificare i documenti di provenienza e rivenderli nuovamente sul mercato.
In un viaggio tra vivi e morti, tra boschi e città, tra “bicchierini” e momenti di malinconia, si svolgono i destini intrecciati dei protagonisti, tutti alla ricerca ostinata di qualcosa e per Arthur di un ultimo contatto con un amore perduto…
I “tombaroli”, profanatori senza padroni alla ricerca di tesori nascosti che il mondo sembra aver dimenticato, costituirono un fenomeno molto diffuso nell’Italia centrale degli anni ’80.
La bravura della regista toscana sta proprio nel saper raccontare una storia dal tocco magico e dal timbro fiabesco.
Molti attori secondari fanno parte della trilogia diretta da Alice Rohrwacher: Le Meraviglie, Lazzaro Felice e La Chimera appunto, sono le uniche esperienze cinematografiche per molti di loro; da una parte è un valore aggiuntivo, il coraggio di inserire attori non professionisti, dall’altra un limite, chiaramente per la recitazione.
Cosa che non si puo assolutamente dire per il suo protagonista: Josh O’Connor, attore britannico noto per aver interpretato il principe Carlo nella terza stagione di The Crown, non è mai stato così bravo.

La sua stanchezza, il suo volto malinconico e il suo accento italiano (l’attore recita per la maggior parte della pellicola in italiano) sono straordinari.
La sua interpretazione di Arthur infatti, gli è valsa la nomination come miglior attore protagonista agli European Film Awards 2023.
La bellissima regia che Alice Rohrwacher porta sullo schermo è in primis la conferma del suo talento dietro la macchina da presa e in secondo luogo frutto dell’incredibile lavoro svolto dai tecnici che collaborano già da anni con lei;

La direttrice della fotografia Hélène Louvart, assistente in tutta la filmografia dellla regista, compreso il cortometraggio Le Pupille, cura una fotografia granosa, perfettamente in linea con l’atmosfera e la regia del film.
Emita Frigato, scenografa molto nota nel nostro cinema, da vita a scenari perduti e ambientazioni nostalgiche.
Nelly Quettier, montatrice francese vincitrice di un EFA nel 1992 per Gli amanti del Pont-Neuf e un Premio Cèsar, cura un montaggio senza imperfezioni e sbavature.
In conclusione, La Chimera è un film pittoresco, un viaggio tra il sacro e il profano. L’opera più affascinante della carriera di Alice Rohrwacher.
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