Recensione del film di Mario Martone Fuori

Fuori porta dentro lo schermo le sue agrodolci contraddizioni

In uscita nei cinema italiani, immediatamente dopo la presentazione in anteprima al Festival di Cannes 2025 del 20 maggio, Fuori è il nuovo film scritto e diretto da Mario Martone. L’11a regia, dell’autore di Il giovane favoloso e Qui rido io, porta sullo schermo un nuovo personaggio storico del nostro Paese, ovvero la scrittrice Goliarda Sapienza interpretata qui da Valeria Golino. Ecco di seguito la recensione di Fuori, il film presentato a Cannes78 con Matilda De Angelis ed Elodie nel cast.

Fuori: la trama del film di Mario Martone con Valeria Golino

Prodotto da Rai Cinema ed Indigo Film, Fuori è l’11° film del regista napoletano Mario Martone, successivamente a Nostalgia del 2022 con protagonista Pierfrancesco Favino. Il regista torna nuovamente sulla Croisette con questo nuovo film, che porta sul grande schermo la storia di Goliarda Sapienza, considerata una delle scrittrici italiane più significative del Novecento.

Alla sesta collaborazione, il film viene co-sceneggiato da moglie e marito Ippolita Di Majo-Mario Martone, basandosi sul romanzo autobiografico della scrittrice L’università di Rebibbia. Fuori narra della vita dell’autrice Goliarda Sapienza dopo la carcerazione nella struttura romana, avvenuta nel 1980, mettendo in relazione la sua vita intima e professionale dietro ed oltre le sbarre.

Con i ricordi dell’abisso che riaffiorano ed una carriera bloccata, la vita di Goliarda riprenderà colore quando ritroverà la sua ex compagna di cella Roberta, che le risveglierà il desiderio ed il bisogno di scrivere.

Fuori: la trama del film di Mario Martone con Valeria Golino

Fuori, la recensione: dov’è finita la Dolce Vita?

Sei una criminale, esattamente come me.

Sentirsi un pesce fuor d’acqua, essere fatti fuori dal mondo che ti circonda e trovare la libertà in carcere, dietro le sbarre. Il nuovo film di Mario Martone è ricco di contraddizioni, nel bene e nel male, come essenza stessa di una contraddizione. Più che tracciare un biopic sulla figura di Goliarda Sapienza (la quale arriverà ovviamente a breve nell’analisi), fin dai suoi primi attimi il film spinge al concetto di unione, di appartenenza nell’isolamento.

Le due protagoniste di Fuori sono due donne a loro modo sole, emarginate: Goliarda dal mondo intellettuale e da quella intellighenzia che non riesce a valorizzare il suo lavoro, il suo contributo artistico; Roberta dalla sua famiglia e da quello stesso gruppo che pensava di aver trovato e che si rivelerà essere solo un’illusione. Sentirsi dietro le sbarre anche oltre la struttura; sentirsi fuori e libere quando si è dentro la propria cella.

La principale e trainante contraddizione del nuovo film di Mario Martone sta tutta qui, non elogiando ovviamente la vita in carcere (qualora non fosse sufficiente arriva a sostegno la negazione direttamente di Goliarda Sapienza nei titoli di coda), quanto sottolineando la morsa istituzionale e dei costrutti sociali fuori di essa. L’autrice e scrittrice si trovava già in una prigione ancor prima di commettere quel furto, “costretto” dalla frustrazione proprio di quella condizione, con la differenza che a Rebibbia ha potuto conoscere storie e persone che la cambieranno umanamente e professionalmente.

<<Si ‘na criminale>> continua a ripetere “affettuosamente” proprio il personaggio di Matilda De Angelis a quello di Valeria Golino, rafforzando ulteriormente il concetto di sentirsi estranea a quella “società civile”. Ecco che arriva tuttavia un elemento critico determinante nella visione del film, dato dall’eccessivo didascalismo durante l’intera visione. Che sia grazie a molte frasi fatte, o per la ricostruzione di uno spazio carcerario sul retro di un negozio, Fuori porta ripetutamente su schermo la sua principale contraddizione in tutti i modi possibili.

Una contraddizione che non può che risultare scivolosa e pericolante, andando a descrivere una vita in carcere alla stregua di uno stage. Eccezion fatta per l’improvvisa crisi del personaggio di Barbara (che non riesce mai ad avere vero respiro nell’economia del film) ed un piccolo – e al limite della comicità – screzio iniziale, l’esperienza dietro le sbarre di Goliarda viene mostrata con eccessiva serenità.

Tutte le detenute sono amiche e si sostengono a vicenda, l’autrice ha libertà di scrivere e si mangia buoni pasti senza troppi intoppi. Sopraggiunge dunque un secondo fattore di criticità nel film di Mario Martone, ovvero la manipolazione del contesto socio-politico che ruota attorno alle protagoniste. Nonostante infatti gli anni che si stanno vivendo, con continui riferimenti a “sospetti” e ai moti e scontri nelle strade, proprio come il suo titolo Fuori lascia il tutto fatalmente off-screen.

Tale scelta narrativa, infatti, priverebbe di un necessario graffio che sarebbe essenza stessa di un film per sua natura “politico”. A rimanere estranea alla visione è infatti tutta la sottotrama attivista del personaggio di Roberta (che forse sarebbe stata più interessante), anche per cercare di mantenere intatto l’effetto sentimentale del colpo di scena finale che, a suo modo, porta ad un altro e cocente punto critico.

Il film viene inaugurato da una celere parte biografica in 4 righe, preparando il terreno a quel <<…ma ad un certo punto della sua vita deciderà di scrivere…>>. Tutto farebbe dunque pensare ad un racconto di Goliarda Sapienza sullo schermo che elevasse la sua abilità nella scrittura, l’autrice italiana più importante del Novecento. Nel film Fuori, tuttavia, la Goliarda “criminale” prende il sopravvento sulla Goliarda “scrittrice”.

Quest’ultimo lato della sua persona viene infatti completamente schiacciato, non offrendo nessuno spunto (o quasi) delle sue capacità intellettuali ed artistiche. Eccezion fatta per qualche scritto, con L’Arte della Gioia che viene spesso e convenientemente messo in risalto senza venire mai presentato al di fuori del “romanzo maledetto”, non si riesce mai veramente a scrutare nel personaggio di Valeria Golino una grande autrice.

Un film di agrodolci contraddizioni

Quelle donne di Rebibbia stanno dentro anche quando stanno fuori. Così quando stiamo insieme mi sento dentro anche io, libera.

L’unico film italiano presente al Festival di Cannes 2025 non può, dunque, che ripartire da quel titolo che ha fatto tanto parlare di sé in occasione dei grandi premi del cinema italiano, ovvero L’Arte della Gioia. Una miniserie televisiva che diventa cinema, un’autrice come Goliarda Sapienza per troppi anni sconosciuta ed ora continuamente sotto i riflettori, Mario Martone che torna sul grande schermo probabilmente con il suo film più femminile e femminista.

Le contraddizioni di Fuori sono le stesse che smuovono le opinioni, fanno riflettere: denudarsi per mostrare gli artigli. Non tradendo le rivoluzioni costantemente in atto, a mettersi a nudo nel film italiano di Cannes78 sono infatti le due ottime protagoniste, così agli antipodi ed allo stesso modo necessariamente confluenti. Dopo aver fatto sua la trasposizione della sua opera più celebre (David di Donatello per la Miglior Sceneggiatura non Originale), Valeria Golino diventa direttamente Goliarda Sapienza.

La sua prova è di assoluto rigore e compostezza, per una protagonista tormentata che sembra si sia ormai arresa alla vita (e forse è così), dando idea di non tenere a ciò che le si presenta davanti, per poi dimostrare di essere stata sempre ascoltatrice ed osservatrice dall’inizio. A “portare il vento” nella vita di Goliarda è invece l’ombra di luce che prende il nome di Roberta, per una Matilda De Angelis davvero sugli scudi.

Il personaggio è molto intrigante e l’attrice bolognese risulta infatti assolutamente credibile nell’evidente caricatura da “romana de Roma”, incarnando una forza e allo stesso tempo una fragilità che funge da calamità per il personaggio di Goliarda. In sede di sceneggiatura, regista e consorte riescono infatti a tracciare un rapporto tra le due quale continuo terreno di incontro e scontro, per un legame speciale che le unisce che si libera dalle “etichette” di amicizia, sentimentale e materno.

Per Elodie resta invece una “lussuosa passerella” nel film di Martone, per un personaggio che ha troppo poco spazio per incidere e che, se non avesse avuto in locandina il nome della star musicale, sarebbe probabilmente passato all’oscuro. Oltre ciò, nota di merito in Fuori è sicuramente l’ottima ricostruzione scenografica della Roma degli anni ’80, ristretta nella “prigione” del formato e fatta risplendere dalla cocente palette cromatica del lavoro di Paolo Carnera (Io capitano).

A tal proposito si deve tuttavia concludere con una messa in scena che, purtroppo, non riesce mai veramente a graffiare sullo schermo, né esteticamente né sonoramente. Eccezion fatta per qualche incisiva trovata immaginifica, l’occhio del regista si pone semplicemente di seguire la sua protagonista perennemente in scena, diventando un tutt’uno con essa nell’attendere placidamente lo scorrere degli eventi.

★ ★ ★ ½

Fuori, la recensione: Un film di agrodolci contraddizioni
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Vittorio Pigini
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Laureato in Giurisprudenza, diplomato in Amministrazione Finanza e Marketing, ma decisamente un Hobbit mancato. Orgogliosamente nerd e da sempre appassionato al mondo cinematografico, con il catartico piacere per la scrittura. Studioso della Settima Arte da autodidatta, con dedizione e soprattutto passione che mi hanno portato a scrivere di cinema e ad avvicinarmi alla regia.