Recensione del film horror Final Destination Bloodlines

Final Destination Bloodlines: un inutile ed inconsistente spargimento di sangue

A 14 anni dal precedente capitolo, il franchise di Final Destination torna al cinema dal 15 maggio 2025 per la regia di Zach Lipovsky e Adam Stein. Con protagonista un cast corale, guidato da Kaitlyn Santa Juana, Teo Briones e Richard Harmon, ecco la recensione di Final Destination Bloodlines, che porta nuovamente i suoi protagonisti a scontrarsi con la Morte in una corsa contro il tempo “ereditaria”.

Final Destination Bloodlines: la trama del nuovo film horror della saga

Nato dal soggetto di Jon Watts (Spider-Man: No Way Home, Wolfs), Guy Busick e Lori Evans Taylor, con questi ultimi 2 che ne scrivono la sceneggiatura, Final Destination Bloodlines è il sesto capitolo del franchise. Inaugurata nel 2000 con il film di James Wong, la saga di Final Destination porta i protagonisti dei suoi capitoli a scontrarsi con la Morte stessa, cercando ogni volta di sfuggire alla Mietitrice.

Il film del 2025 vede protagonista Stefani Reyes, studentessa del college che viene tormentata ormai da 2 mesi da un sogno ricorrente: assistere alla morte di decine di persone. La ragazza scoprirà che la donna del sogno, Iris, è in realtà sua nonna materna mai conosciuta e decide di volerci vedere chiaro sulla faccenda.

Quel sogno di morte è stata infatti la premonizione della sua antenata che le ha permesso di salvare decine di vite, con la Mietitrice che ha cercato vendetta nel corso degli anni contro le discendenze dei sopravvissuti, arrivando ora anche alla famiglia di Stefani.

Final Destination Bloodlines: la trama del nuovo film horror della saga

Final Destination Bloodlines, la recensione: un legame di sangue che andava interrotto

Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato.

Sono passati ben 14 anni dall’ultimo film della saga di Final Destination, con quel 5° capitolo diretto da Steven Quale, e la New Line Cinema ha pensato di ritirare fuori uno dei suoi franchise forse non più fortunati ma uno dei più iconici. Per la distribuzione nelle sale, inoltre, si attende l’uscita dell’ultimo film di Oz Perkins The Monkey, l’adattamento dell’omonimo racconto di Stephen King che condivide più di qualche elemento con la saga di Final Destination (anche se i riferimento sarebbero invertiti per le date di pubblicazione).

Ecco quindi arrivare al cinema il nuovo capitolo Bloodlines, considerato un pre-sequel alquanto autonomo ma con lo stesso immutabile “format”: la Morte è dietro l’angolo per tutti, più provi a sfidarla e più lei la prende sul personale. Se la saga nasce da premesse esistenziali (dall’ansia dell’inevitabile countdown al senso di colpa), inserendo dentro anche le imperscrutabili vie del destino, qui si cerca di aggiungere qualche elemento di colore in più.

Innanzitutto, e proprio come indicato dallo stesso titolo, Final Destination Bloodlines vuole puntare sulla “colpa ereditaria”, gli errori commessi dai genitori che ricadono sui figli e discendenti. In questo, tuttavia, il film mette in scena un vero tiraggio di coperta: se da una parte si potrebbe raggiungere il tema dello spaccato generazionale con genitori assenti, dall’altro la sfera causa-effetto mostra dubbiose criticità.

La “colpa”, infatti, sembrerebbe essere solo quella di non voler morire e salvare più persone possibili. Quello della linea di sangue (poi effettivamente tradita) risulterebbe dunque un semplice stratagemma di trama, giusto per poter introdurre un elemento in più rispetto allo “schema” tradizionale della Morte. Si prova dunque ad inserire il film in qualcosa di “diverso” e di più interessante rispetto al solito, fallendo tuttavia su tutta la linea a causa di una sceneggiatura (se così si può chiamare) davvero tragica.

Soprattutto tenendo a mente il film inaugurale della saga (al quale occorre riferirsi in questo caso) le criticità sono infatti alla base e sono sostanziali, essendo implausibile che la Morte attenda tutti questi anni per colpire le sue vittime (non facendo di conseguenza nascere l’intero film). La collezione di decessi improbabili sono davvero rocamboleschi, con l’idiozia che regna davvero sovrana nella costruzione delle esecuzioni (si arriverà a breve sul “registro” adottato).

Incarnando semplici bestie da macello, i personaggi protagonisti sono assolutamente inutili, senza un minimo peso tanto narrativo quanto emotivo (sebbene non sia la prima volta nella saga, qui si assiste alla traumatica e deflagrante morte di un parente stretto quasi col sorriso). Il cast non supporta sicuramente la causa, con quella che dovrebbe essere la protagonista (Kaitlyn Santa Juana), impacciata ed al limite dell’imbarazzo nell’improvvisato ruolo di “madre acquisita” nel voler proteggere premurosamente gli altri.

Nonostante l’effetto nostalgia e lo spicciolo fan-service, impossibile non chinare il capo alla comparsa di Tony Todd (Candyman), per la sua ultima apparizione sul grande schermo prima della scomparsa. Si tratterebbe sostanzialmente di un cameo (narrativamente anche di troppo in quanto superfluo narrativamente), per tuttavia l’unico intervento degno di nota di tutto il film, che dovrebbe essere intatti improvvisato e non presente in sceneggiatura.

La becera e divertente fiera dello splatter

La Morte verrà a prendersi la nostra famiglia.

Final Destination Bloodlines rispolvera dunque un franchise che, forse, sarebbe dovuto rimanere tra le ragnatele se questi sono i risultati. Un capitolo che non porta effettivamente nulla alla saga, costruito su una sceneggiatura che – partendo da interessanti premesse – si perde continuamente dietro risoluzioni implausibili ed indecorose. Un progetto dunque fallimentare che, almeno, prova a portare acqua al proprio mulino con quanto rimasto, ovvero la mattanza sullo schermo.

Il film diretto dalla coppia Zach Lipovsky e Adam Stein (degno di nota solo il precedente Freaks del 2018, con Emile Hirsch e Bruce Dern), riesce a reggersi sulle sue gambe, pur mantenendo i cardini che hanno reso celebre la saga. Non si fa riferimento in tal caso “solo” ad elementi narrativi del fatal destino, ma anche per la vicinanza più prettamente tecnica nel soffermarsi principalmente sui dettagli, sugli attrezzi di una morte che incombe.

A tal proposito si vuole sottolineare un efficace lavoro di montaggio, anche nel saper spingere il film verso una visione agevole. Qualsiasi oggetto di scena può infatti rendersi fatale per i protagonisti, da un treno in corsa ad una semplice monetina. Il reiterato gioco dei “falsi allarmi” può infastidire, ma c’è da dire che – cgi a parte – le esecuzioni di Final Destination Bloodlines risultano alquanto soddisfacenti per gli amanti dello splatter.

A questo si aggiunge un incipit davvero intrigante, nella messa in scena e nell’effetto catastrofe di una sequenza onirica comunque preventivata. Si arriva, infine, al citato apporto umoristico nel film. Più che fastidiosamente involontaria, l’ironia di Final Destination Bloodlines risulta alquanto “invisibile”, facendosi tuttavia notare di volta in volta. La maggior parte delle esecuzioni (se non nella loro totalità) viene costruita seguendo una linea di macabra e beffarda ironia (il bambino schiacciato, l’erezione “magnetica”, il taglia erba ecc…), nonostante il film tendi a mantenere un “piglio serioso” senza strabordare nella spicciola demenzialità.

In conclusione, il nuovo capitolo del franchise di Final Destination porta sullo schermo principalmente un effetto nostalgia, rispolverando la saga per i fan e regalando loro ciò che ha contraddistinto i suoi film. Un buon montaggio ed una regia di mestiere portano infatti in scena un carosello di esecuzioni soddisfacenti per gli amanti dello splatter. Tuttavia, tale mattanza dei protagonisti sullo schermo non presenta una minima dimensione di logicità, un elemento d’interesse che possa andare oltre il semplice specchietto per le allodole, con una squadra di personaggi inconsistenti ed inutili ai fini emotivi e narrativi.

★ ★

Final Destination Bloodlines, la recensione
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Vittorio Pigini
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Laureato in Giurisprudenza, diplomato in Amministrazione Finanza e Marketing, ma decisamente un Hobbit mancato. Orgogliosamente nerd e da sempre appassionato al mondo cinematografico, con il catartico piacere per la scrittura. Studioso della Settima Arte da autodidatta, con dedizione e soprattutto passione che mi hanno portato a scrivere di cinema e ad avvicinarmi alla regia.