
03 Gen 2025 Conclave: la fumata nera è il thriller degli angusti corridoi del Vaticano
Distribuito nelle sale italiane il 19 dicembre, Conclave è il nuovo film del regista vincitore dell’Oscar per il miglior film internazionale con Niente di nuovo sul fronte occidentale, su un totale di 9 candidature alla cerimonia del 2023. Ecco di seguito la recensione del film candidato a 6 Golden Globes e che vede un cast ben composto nella sua eccezionale bravura: Ralph Fiennes ad interpretare il cardinale Lawrence, Isabella Rossellini, Stanley Tucci e molti altri importanti comprimari.
Conclave: la trama del film con Ralph Fiennes
Conclave, adattamento dell’omonimo romanzo di Robert Harris, ci trascina nel cuore del Vaticano, dove la morte del Papa Gregorio XVII innesca il processo di elezione del suo successore. Tra segreti, intrighi e tensioni morali, il protagonista Thomas Lawrence si trova a fronteggiare dilemmi spirituali e politici.
Decano del collegio cardinalizio, Lawrence si impegna nel trovare uno tra i quattro candidati principali per ricoprire la figura del Pontefice: il liberale Aldo Bellini (Stanley Tucci) degli Stati Uniti, Joshua Adeyemi (Lucian Msamati) della Nigeria con un passato discutibile, Joseph Tremblay (John Lithgow) del Canada e il reazionario e bigotto Goffredo Tedesco (Sergio Castellitto) dell’Italia, Il collegio è sorpreso dall’arrivo all’ultimo momento dal misterioso Vincent Benitez (Carlos Diehz), un missionario originario del Messico, il quale è stato nominato segretamente dal defunto Papa arcivescovo di Kabul.
La narrazione si sviluppa con un ritmo serrato, intrecciando conflitti personali e lotte di potere, mentre il film porta avanti un susseguirsi di intrighi, rivelazioni, tentativi di persuasione e ripensamenti. La storia mette al centro le manovre e le preoccupazioni del decano Lawrence: mentre gli scrutini si moltiplicano senza mai riuscire a decretare un vincitore, Lawrence cerca di scoprire quali segreti i suoi colleghi custodiscano, svizzere o relazioni personali inconfessabili.
Quest’ultimo tema trova voce attraverso il personaggio di Sorella Agnes (Isabella Rossellini), incarnazione di una femminilità marginale – o forse sopra tutti? – e proprio per questo determinante. Isolati dal mondo esterno per diversi giorni, i cardinali danno vita a un’agguerrita campagna elettorale per aggiudicarsi il titolo di uomo più famoso del mondo.

Conclave, la recensione: il peso della fede è politica
Morto un Papa, se ne fa un altro. Ma chi è quello giusto?
Al centro della scena troviamo un Ralph Fiennes in stato di grazia, con una performance in perfetto equilibrio tra vulnerabilità e autorità, incarnando un personaggio diviso tra il dovere e i dubbi morali.
Accanto a lui, un cast corale di altissimo livello. Ogni cardinale è tratteggiato con cura, contribuendo all’atmosfera cupa e di tensione che permeano le sale del Vaticano. Le interazioni tra i protagonisti, basate su dialoghi ben scritti e intensi, rendono ogni scena un trattato del marcato conservatorismo della Chiesa cattolica.
Un elemento che merita una menzione particolare è l’uso sapiente dei colori, che diventa parte integrante del racconto. I toni scuri e neutri dominano gran parte delle scene, evocando l’austerità e il mistero sull’elezione del Santo Padre. Gli sprazzi di colori caldi, come il rosso delle vesti o la luce dorata che filtra dalle finestre aggiungono invece un contrasto: momenti di conflitto o rivelazione: non più passione per Cristo, ma il rosso fuoco della vendetta.
La scelta di soffermarsi sui volti, sui silenzi e sulle interazioni tra i personaggi porta un peso maggiore sulle decisioni che vengono e devono essere prese. Il ritmo volutamente lento diventa funzionale all’immersione nella storia, trasformando le stanze in uno strumento di acquisizione di informazione. Gli sguardi impassibili dettati dalle riprese dall’alto, enigmi inesprimibili e responsabilità schiaccianti di personaggi che si rivelano figure minuscole formiche rosse in movimento.
I cardinali e le suore di Conclave, catturati a fumare o consumare un pasto, vengono osservati attraverso distaccati movimenti dinamici, preferendo un’estetica fatta di fotogrammi statici che lasciano ai protagonisti il compito di rivelarsi, di vivere e muoversi oltre i loro segreti e misteri.
Questa distanza impedisce allo spettatore di stabilire una connessione emotiva con uomini e donne intrappolati nei loro ruoli, incapaci di celare errori e lati oscuri. Con Conclave, Edward Berger opera una vera e propria spoliazione simbolica. Gli abiti talari perdono significato, lasciando emergere l’essenza di uomini e donne esposti al giudizio dello sguardo esterno, al di là del loro ruolo ecclesiastico.
La fede, il sacro e il divino si dissolvono, sostituiti da peccati e profanazioni. La scrittura dei nomi dei candidati al soglio pontificio è come un inchiostro che tenta di coprire colpe nascoste: una macchia nera che deturpa un foglio bianco, come la realtà delle anime, quelle dei cardinali, ormai prive di innocenza. Intanto, il mondo intorno si colora di una fumata nera persistente, segno di una purezza irrimediabilmente compromessa.

Conclave, la recensione: L’innocenza è tutto ciò che non accettiamo
Conclave mette in scena con maestria il processo di negoziazione richiesto per tradurre un principio morale in azione. Se da un lato appare semplice affermare che il nuovo Papa dovrebbe essere la persona più virtuosa, dall’altro diventa estremamente complesso capire come questa idea si adatti alla realtà concreta che i protagonisti devono affrontare.
Il film si sviluppa tra porte chiuse, segreti che emergono gradualmente e personaggi che celano le loro vere intenzioni dietro parole ambigue. Conclave è un film che funziona per le prove dei suoi attori. Ralph Fiennes ha il compito non facile di direttore d’orchestra (da lui capiamo questi personaggi chi sono e cosa pensano) e si tiene per sé la parte più complicata, il personaggio più tormentato e che deve prendere le decisioni più difficili.
Sergio Castellitto, cardinale della restaurazione e della xenofobia, terribile e pieno di ambiguità, carismatico e mefistofelico crea lo spettro in cui è possibile vedere la parte peggiore di tutti i governi nazionali – si, anche il nostro. Lo spettatore si trova a condividere il percorso dei protagonisti, nel tentativo di discernere quale decisione rappresenti il bene superiore.
Come nella tradizione del cinema classico americano, la narrazione suggerisce che, nonostante le problematiche interne alle istituzioni, alla fine sia essenziale collocare la persona giusta al posto giusto. La scelta di un uomo retto come il cardinale interpretato da Fiennes per sovrintendere a un conclave così delicato ne è una chiara dimostrazione. Questo punto di vista può essere letto come idealista nella sua accezione migliore o, con maggiore cinismo, come eccessivamente ottimista. Tuttavia, la forza della sceneggiatura, e del film che la porta in vita, risiede nella capacità di affrontare e discutere in modo approfondito gli snodi narrativi fondamentali.
Il film non si concentra su una contrapposizione tra buoni e cattivi, né sulla descrizione di un mondo ideale. Al contrario, utilizza allegorie e rappresentazioni simboliche per mettere in discussione principi morali e politici.
Attraverso l’esame dei tre o quattro candidati più probabili per il ruolo di Papa, il film disamina le questioni essenziali per ogni sistema democratico: quale peso dovrebbero avere le azioni passate di un candidato, anche se ormai superate? Quanto conta il valore simbolico di una nomina rispetto alle reali capacità del prescelto? È giusto votare scegliendo il male minore, o addirittura contro un candidato piuttosto che a favore di un altro?

Conclave, la recensione: l’utopica stabilità di un innocente e speranzoso finale
Il film offre uno sguardo sobrio sugli eccessivi giudizi su una Chiesa attraversata da instabilità e tensioni, sospesa tra ragione e fede, tra il desiderio di potere e l’apertura verso l’altro. I dialoghi tra i personaggi mettono in evidenza la profonda dicotomia tra una sincera vocazione spirituale e un atteggiamento pragmatico e opportunista, dove la vittoria personale sovrasta spesso gli ideali. Si sviluppa un’analisi attenta sull’ostinazione nel preservare la tradizione, sia essa una visione conservatrice del mondo o un’apertura dolorosa e necessaria al cambiamento.
La figura del Papa diventa così il riflesso perfetto dello spirito del tempo, un simbolo di contraddizioni che spaziano tra certezze sofferte e dubbi profondi. Il finale da colpo di scena di Conclave ribadisce la crisi d’identità che pervade il ruolo del Pontefice, una figura che sembra trovare senso nell’abbracciare le molteplici sfaccettature dell’umanità, invece di dare una definizione univoca.
Conclave trasporta il pubblico all’interno delle stanze più riservate del Vaticano, un luogo dove tutto ciò che accade rimane confinato tra le sue mura, senza mai comunicare direttamente con l’esterno. Nonostante l’apparente staticità dello stile formale e rituale dell’elezione papale, il film riesce a mantenere alta l’attenzione grazie ad un’elegante regia e interpretazioni che sostengono una narrazione credibile, in un finale innocente.
★★★★
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