
28 Mar 2025 Fantozzi è la rappresentazione più umana dell’italiano medio
A cinquant’anni dalla sua prima apparizione sul grande schermo, il ragioniere più sfortunato e umano della storia del cinema italiano torna in sala. Fantozzi (1975), il capolavoro di Luciano Salce con un indimenticabile Paolo Villaggio è al cinema dal 27 marzo 2025, nei suoi tragici risvegli all’alba e nelle partite impossibili tra scapoli e ammogliati. Dal temibile Megadirettore Galattico all’inarrivabile cavaliere conte Diego Castellani, passando per la signorina Silvani, Filini e il mitico biliardo diabolico, il film è in sala per raccontare nuovamente la vita dell’uomo medio italiano: “È lui! È proprio lui! È Fantozzi!”

Fantozzi: la trama del film con Paolo Villaggio
Il ragionier Ugo Fantozzi è un umile e sfortunato impiegato della Megaditta, un’enorme azienda dove trascorre le sue giornate. Ignorato dai colleghi e servile verso i superiori, Fantozzi è talmente trascurato che, rimasto accidentalmente chiuso nei vecchi bagni dell’azienda per diciotto giorni, nessuno si accorge della sua assenza.
La sua vita familiare non è più rosea: sposato con Pina (Liù Bosisio), una donna stanca e sciatta, e padre di Mariangela (Plinio Fernando), una bambina talmente brutta che viene scambiata per una bertuccia, Fantozzi affronta quotidianamente situazioni tanto grottesche e paradossali quanto reali e umane.
Il film racconta la sua vita: dalla tradizionale partita di calcio tra scapoli e ammogliati organizzata dal collega Filini (Gigi Reder), alle Olimpiadi Aziendali organizzate dal nuovo direttore, il marchese conte, fino al finale indimenticabile nell’acquario del Megadirettore Galattico (Paolo Paoloni).
Fantozzi, la recensione del film di Luciano Salce
A cinquant’anni dalla sua prima uscita, Fantozzi (1975) di Luciano Salce nasce dal successo editoriale delle cronache tragicomiche scritte da Paolo Villaggio, che qui porta sullo schermo un personaggio che rappresenta perfettamente la sottomissione, la frustrazione e l’eterna disfatta dell’uomo medio italiano.
L’avventura ha inizio con il ragioniere che riemerge letteralmente dalle viscere della Megaditta, dopo essere stato murato vivo nei bagni in disuso. Il mondo in cui vive Fantozzi è una prigione gerarchica: in questo primo capitolo della saga naviga tra vessazioni lavorative, un matrimonio senza amore e l’inseguimento impossibile di conquistare l’irraggiungibile signorina Silvani (Anna Mazzamauro).
Gli sketch da citare sono innumerevoli: la partita di calcio, il viaggio infernale a Courmayeur e la cena al ristorante giapponese, dove Fantozzi, nel tentativo di mantenere una certa dignità, finisce per subire ogni genere di umiliazione. Il tutto è accompagnato dalla voce fuori campo dello stesso Villaggio, che accentua quasi come un tiranno verso lo stesso personaggio che interpreta, disperato delle sue disavventure, che narra quasi fossero episodi di una moderna via crucis.
Non mancano momenti di amarezza, come lo sguardo malinconico della piccola Mariangela, la figlia disprezzata perfino dal padre, o la scena finale con il figliol prodigo che sguazza nell’acquario del Megadirettore, un potente mai raggiungibile.

Com’è umano lei! Fantozzi, il cult come simbolo culturale
Dal momento in cui il primo Fantozzi arrivò al cinema nel 1975, il suo cognome smise di essere solo un nome di fantasia e divenne il simbolo di una condizione. Non solo della situazione lavorativa di milioni di impiegati schiacciati da un sistema burocratico e alienante, ma anche di uno stato d’animo, di un’esistenza segnata da sfortuna, sottomissione e goffi tentativi di riscatto. Espressioni come la nuvola di fantozziana, il megadirettore galattico e la famigerata poltrona di pelle umana sono delle metafore entrate ormai nell’immaginario; forse solo per i più o forse per chi neanche lo ha mai visto, mantengono tutt’ora il valore satirico e beffardo del film.
Gran parte del merito va a Paolo Villaggio, che prima di diventare il simbolo dell’impiegato frustrato era stato davvero un anonimo lavoratore in una grande azienda italiana, la Cosider. Ma altrettanto fondamentale fu la regia di Luciano Salce, scelto dopo che inizialmente si era pensato a Salvatore Samperi. Salce riuscì a dare al film un equilibrio ancora oggi perfetto tra ironia e amarezza, unendo i vari episodi meglio di qualunque altro film successivo col ragionere.
Fantozzi è (l’)impiegato in un sistema senza dignità e aspirazioni. È servile, privo di coscienza sociale, disposto a umiliarsi in ogni modo pur di mantenere un’esistenza che, per quanto grigia e insoddisfacente, rappresenta comunque una sensazione di “mi accontento per dove sto” che è ancora presente nella maggior parte degli elettori di oggi.
Si ride delle sue disavventure, delle corse per timbrare il cartellino alle cene aziendali, ma stiamo ridendo della condizione reale e umana di molte persone.
Grazie anche al contributo di due maestri della sceneggiatura italiana come Leo Benvenuti e Piero De Bernardi, il film sa quando fermare la girandola di gag per fare leva sulla malinconia. Indimenticabile la scena della festa aziendale, quando Fantozzi, di fronte ai dirigenti, assiste impotente al dileggio della figlia Mariangela, derisa per il suo aspetto. L’uscita dall’azienda con la bambina che chiede perché l’abbiano chiamata Cita – nome della scimmia di Tarzan – e il tentativo disperato del padre di consolarla con una bugia gentile (Era una diva bellissima, Cita Hayworth), è la sequenza più umana e terribile della saga di Fantozzi.
Fantozzi, però, non è un caso isolato: basta guardare i suoi colleghi durante la festa di Capodanno per rendersi conto che è solo la manifestazione più evidente di un disagio molto più ampio. La mediocrità, l’illusione del successo, la rassegnazione a un destino già scritto accomunano tutti i personaggi che ruotano intorno a lui. Il geometra Calboni (Giuseppe Anatrelli), ne è la rappresentazione più sincera: un inetto che si beffa di Fantozzi dall’alto della sua nullità più vera, forse è il personaggio che è più facile ritrovare nelle vite di tutti giorni anche oggi.
L’ultima apparizione cinematografica del ragioniere risale al 1999, in un’altra epoca, in un altro secolo. Eppure, nel mondo di oggi, dove la precarietà è diventata la normalità e la sicurezza lavorativa un lontano miraggio, viene da chiedersi se Fantozzi non abbia ancora qualcosa da dirci. E se Fantozzi, in realtà, non avesse tutto quello a cui aspiriamo noi oggi.

Fantozzi, film integrale su Youtube: clicca qui per vederlo
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