Recensione del film della saga Godzilla Minus One

Godzilla Minus One: il Re dei kaiju torna a squarciare lo schermo

Il 3 novembre del 2023, lo stesso giorno d’uscita del leggendario film del 1954 diretto da Ishirō Honda, la Toho fa distribuire nelle sale giapponesi Godzilla Minus One, il nuovo film di Takashi Yamazaki e 37° capitolo dello storico franchise. Dopo la sua breve apparizione in Italia nel dicembre dello stesso anno, il film è approdato direttamente su Netflix il 1° giugno 2024 ed ecco la recensione del vincitore del premio Oscar, per i Migliori Effetti Speciali, alla 96a edizione degli Academy Awards.

Godzilla Minus One: la trama del film di Takashi Yamazaki

Durante la Seconda Guerra Mondiale, il pilota kamikaze Shikishima fa atterrare il suo aereo su un’isola richiedendo supporto al capo meccanico della base; questo, tuttavia, intuisce come il militare sia in realtà fuggito dal suo dovere bellico. Proprio quella notte la base viene attaccata da una mostruosa e gigantesca creatura, causando morte e distruzione sull’isola.

Unico sopravvissuto, assieme al capo meccanico, Shikishima torna a Tokyo cercando di ricominciare una vita, nonostante i fantasmi dei suoi genitori ed i demoni dei sensi di colpa. Uccidere quella mostruosa creatura, nota come Godzilla, non salverà solo la Nazione, ma sarà l’occasione per riscattare la sua vita.

Godzilla Minus One, la recensione: una prova efficace che avrebbe meritato maggior coraggio

Non essere stato in Guerra è qualcosa di cui andare fiero.

Il titolo diretto da Takashi Yamazaki costituisce il 37° capitolo del longevo franchise sul kaiju più famoso della storia del cinema, nonché il 5° della nuova fase c.d. Reiwa, introdotta con il sorprendente Shin Godzilla del 2016. Il film del 2023 continua così lo speciale filone, di questa particolare saga monster-movie, sulla scia dei suoi illustri predecessori che sfruttano la titanica creatura più come McGuffin per spostarsi a raccontare altro, che siano principalmente la paura del nucleare e/o una feroce critica alle istituzioni giapponesi.

Il comun denominatore sembrerebbe essere, nella maggior parte dei casi, la più terribile incarnazione possibile del dramma e della distruzione della guerra – in particolare il Secondo Conflitto Mondiale – che ha visto il Giappone vittima e carnefice, il quale fa ancora i conti con questa scomoda realtà. Godzilla Minus One rappresenta da questo punto di vista quello che volgarmente viene identificato come “inno alla vita”, chiedendo al suo protagonista di lasciare da parte la vendetta e la sindrome del sopravvissuto che prende anche il posto di quella dell’impostore. Coloro che sono usciti in salvo dalla terribile guerra e le loro future generazioni non dovranno infatti essere schiacciate dal senso di colpa nell’aver partecipato ad una delle pagine più oscure e disumanizzate della nostra storia, né tanto meno il desiderio di tornare a camminare su quei percorsi di fuoco e macerie.

Con il suo film Yamazaki, attraverso il personaggio di Shikishima, chiede al contrario di scegliere la nuova vita davanti a loro, ovviamente non dimenticando le migliaia di vittime ma facendo pace con quel particolare senso di colpa. Da questo punto di vista la sceneggiatura dello stesso Takashi Yamazaki, ammantata di epica sconfitta, riesce ad imprimere grande cuore al suo monster-movie, sferrando anche una critica all’inefficienza delle istituzioni politiche giapponesi. Durante la stesura della scrittura, il regista è stato purtroppo fortemente ispirato dall’incapacità del proprio governo, come degli altri Paesi del mondo, di far fronte al fenomeno pandemico del COVID-19.

Privilegiando la struttura morale e psicologica del suo protagonista, la sceneggiatura ricca ed incisiva non è tuttavia esente da diversi punti critici, specialmente nel finale. Senza considerare infatti una non originalità nel racconto, reazioni degli uomini alla creatura alquanto discutibili ed alcune facilonerie (come ad esempio l’improponibile salvezza del personaggio di Noriko, che avrebbe invece guadagnato maggior spessore nell’atto del sacrificio), la sceneggiatura perde qualche colpo a mano a mano arrivando ad un finale forse pericolosamente ambiguo. Poco prima del gesto eroico di Shikishima viene infatti esplicitamente detto come, il governo giapponese, non abbia mai preso in considerazione il fattore umano dei propri militari, additando al fatto che armi ed attrezzature fossero insostenibili per una guerra di questa entità.

Messo ancora da parte il fatto che i personaggi tendano a contraddirsi più volte sulla strategia per sconfiggere la creatura (viene giustamente ricordato come le armi da fuoco non funzionino e, anzi, tenderebbero a renderla più forte, per poi arrivare a volerla sconfiggere attraverso una nuova bomba), il finale da questo punto di vista mostrerebbe come i giapponesi avrebbero potuto vincere la Guerra (contro Godzilla) – o almeno essere più incisivi – se solo avessero goduto di attrezzature migliori, come ad esempio un semplice seggiolino eiettabile. Tale pericolosa interpretazione, comunque non esplicitata dal film, farebbe così perdere molto pathos alla rivalsa personale di Shikishima, con la rivelazione al termine (della non totale sconfitta di Godzilla) che andrebbe così oltre la “semplice” sponsorizzazione del continuo della saga, indicando invece come i venti della guerra siano sempre pronti a tornare.

Un finale in qualche modo militarista da questo punto di vista, che cozzerebbe non poco con il messaggio di pace e di speranza lanciato dalle pure intenzioni del regista, a prescindere dal “cliché” (giusto, conforme ma evitabile) della famigliola felice. Nulla a che vedere ad esempio con il precedente Shin Godzilla che, attraverso una singola inquadratura terminale, sfodera una potente e tagliente critica in linea con il registro satirico della visione.

Recensione film Godzilla Minus One

Godzila Minus One: la recensione: la potenza di Godzilla torna a squarciare lo schermo

Al di là di qualche scivolone più o meno pesante in termini di scrittura, Godzilla Minus One è una meraviglia per gli occhi, riuscendo a restituire un’esperienza visiva semplicemente folgorante ed esaltante, con la vergogna che non sia finito degnamente sul grande schermo. Occorre indirizzarsi subito sull’elefante nella stanza degli straordinari effetti speciali, vincitori del relativo premio Oscar alla 96a edizione degli Academy Awards divenendo non solo il primo film del franchise di Godzilla a vincerlo, ma proprio il primo film non in lingua inglese ad ottenere la statuetta nella categoria.

La titanica creatura costruita interamente in CGI, rimodellata secondo tradizione, sorprende per la precisione di un character design in continua evoluzione, nonché per la sua speciale connessione tanto con la scenografia quanto con il cast presente fisicamente sul set. La fotografia di Kōzō Shibasaki è funzionale nel restituire una tavolozza di colori che punta principalmente su tonalità grigie, marroni e verdi acqua, dando maggior spessore soprattutto le varie sequenze via mare.

Una delle fonti d’ispirazione principali del regista nella realizzazione del film è stata, infatti, proprio Lo Squalo di Steven Spielberg (oltre che Jurassic Park), con la sequenza dell’inseguimento acquatico davvero eccezionale. Nonostante il film sia infatti molto verboso, proprio per restituire il dramma e la condizione psicologica del suo protagonista, Godzilla Minus One non fallisce ovviamente i suoi momenti più spettacolari e distruttivi, contando su un montaggio esplosivo capace di prendersi le sue pause e sulle note epiche e sacrali della colonna sonora di Naoki Satō.

In conclusione, oltre 20 anni dopo essersi costruito un nome importante nel mondo del cinema con Returner – Il futuro potrebbe essere storia, il regista nipponico Takashi Yamazaki sale definitivamente alla ribalta internazionale con il nuovo capitolo della leggendaria saga del kaiju più famoso del cinema. Nonostante qualche scomodo punto interrogativo, Godzilla Minus One non solo abbaglia per la potenza distruttiva del suo cinema che lo porterà a vincere anche un premio Oscar, ma presenta anche un gran cuore che si addentra nell’indicibile dramma della Seconda Guerra Mondiale.

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Vittorio Pigini
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Laureato in Giurisprudenza, diplomato in Amministrazione Finanza e Marketing, ma decisamente un Hobbit mancato. Orgogliosamente nerd e da sempre appassionato al mondo cinematografico, con il catartico piacere per la scrittura. Studioso della Settima Arte da autodidatta, con dedizione e soprattutto passione che mi hanno portato a scrivere di cinema e ad avvicinarmi alla regia.