Recensione film Iddu Elio Germano

Iddu – L’ultimo padrino: dal Vangelo secondo Matteo

Terzo film della coppia di registi formata da Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, Iddu – L’ultimo Padrino viene presentato in Concorso nella cornice dell’81a edizione del Festival di Venezia. Non propriamente un film biografico sulla figura del boss mafioso Matteo Messina Denaro, ma comunque liberamente ispirato a fatti realmente accaduti, come quelli dello scambio epistolare tra lui e l’ex sindaco di Castelvetrano Antonino Vaccarino nei primi anni 2000. Di seguito la recensione di Iddu – L’ultimo padrino, con Elio Germano e Toni Servillo.

Iddu – L’ultimo padrino, la trama del film su Matteo Messina Denaro con Elio Germano e Toni Servillo

La coppia di registi Fabio Grassadonia e Antonio Piazza realizzano anche la sceneggiatura di Iddu – L’ultimo padrino, ispirandosi a fatti realmente accaduti in seguito alla latitanza di Matteo Messina Denaro. Tuttavia, il protagonista di Iddu diventa Cotello, ex politico e sindaco uscito da 6 anni di prigione per essere stato condannato per concorso esterno in associazione di tipo mafioso.

Quello che viene chiamato il Preside, in virtù dei suoi trascorsi scolastici, ha però l’occasione per ricominciare la propria vita insieme alla sua famiglia e, questa occasione, passa per la collaborazione con la giustizia. A Cotello verrà infatti chiesto dai servizi segreti di mettersi in contatto con il figlioccio Matteo Messina Denaro, al fine di arrivare alla cattura del boss. Nasce un rapporto epistolare tra i due, nel quale il boss si racconta.

Iddu – L’ultimo padrino, la recensione: una squallida lettera di commiserazione per il martirio mafioso

Qui il ridicolo uccide, anche più delle pallottole.

Magari fosse il “ridicolo” ad uccidere una visione come quella di Iddu – L’ultimo padrino assistendo, indipendentemente dalla consapevolezza, ad un vero e proprio elogio della figura di Matteo Messina Denaro e, in generale, dei “martiri” mafiosi. Tanto la conduzione quanto la conclusione del film portano ad un resoconto a dir poco agghiacciante per la storia del nostro Paese, rappresentando Matteo Messina Denaro come una figura cristologica, tradita ed in balia del suo martirio.

Il film narra infatti di come un boss della malavita scelga di aprirsi alle lettere di un amico, rivelando i suoi dubbi, i suoi tormenti e le sue aspirazioni. Viene tratteggiato un uomo semplice in fuga da una giustizia corrotta ed ingiusta, un martire tradito dalle persone a lui più vicine, in esilio e che non può nemmeno conoscere il proprio figlio o avere un’ora d’aria dalla sua prigione in libertà. Non solo dunque il racconto di un insistito gioco del gatto con il topo che ha il sapore di una persecuzione, dal “Vangelo secondo Matteo”, ma anche una visione che risulta particolarmente problematica (senza voler esagerare) dall’inizio alla fine della sua genesi.

La produzione di Iddu – L’ultimo padrino inizia le sue riprese nell’estate 2023 e, sebbene non sia necessariamente un film biografico (e non avrebbe dunque necessario bisogno di tali dinamiche), non si porta avanti nemmeno un accenno all’arresto del boss avvenuto mesi prima. Nel film non solo non ci sarebbe dunque traccia dei risultati ottenuti dalla giustizia, nonostante i sacrifici nel corso degli anni, ma ci si spingerebbe anche per andarle contro. Oltre alla cattura non pervenuta di quello che sarebbe dovuto essere il protagonista, il personaggio di Catello rappresenterebbe di fatto la vana utilità dei collaboratori di giustizia.

L’aver supportato i servizi segreti non solo ha portato infatti solo ad un buco nell’acqua, indicando inoltre come l’eventuale cattura di Denaro non risolverebbe il problema (un altro prenderebbe il suo posto, è inutile), ma ha compromesso anche la stessa vita di Catello nonostante la promessa protezione. Da “pentito” e uomo che ammette con coraggio i propri errori per cercare di catturare pericolosi criminali, Catello diviene semplicemente un disonorevole iscariota. Una lettera raggelante da questo punto di vista, la quale riguarderebbe tuttavia “solo” una presa di posizione sul film totalmente morale e moralistica (sebbene non possa essere scissa in questo caso).

Uscendo da tale quadro analitico ed entrando in quella più prettamente filmico, Iddu – L’ultimo padrino presenta comunque notevoli punti critici. Si accennava ad inizio recensione del “ridicolo” presente nel film di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza. A stonare pesantemente è infatti il registro adottato nella gestione tra ironia e dramma su schermo, con entrambe le linee espositive che tenderebbero ad intrecciarsi incautamente e risultando solo decisamente fuori luogo.

Un registro incapace di essere supportato nemmeno da una coppia attoriale di primissima fascia, come quella di Elio Germano e Toni Servillo. Il primo ha la sua maschera ben impostata, ma che non riesce purtroppo ad avere il giusto spazio (emotivo e narrativo) all’interno della visione, con la prova soffocata di quello che dovrebbe essere il protagonista che viene lasciata fatalmente di lato.

La prestigiosa carriera di Servillo gli permetterebbe di recitare con classe qualsiasi copione, ma con una sceneggiatura così per l’attore di La grande bellezza di Paolo Sorrentino e Qui rido io di Mario Martone si fa davvero fatica. “Re” e “principe” del panorama italiano a parte, il resto del cast non brilla ed anzi porta in quasi tutti i singoli casi ad evidenziare un’innaturale esasperazione recitativa.

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Vittorio Pigini
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Laureato in Giurisprudenza, diplomato in Amministrazione Finanza e Marketing, ma decisamente un Hobbit mancato. Orgogliosamente nerd e da sempre appassionato al mondo cinematografico, con il catartico piacere per la scrittura. Studioso della Settima Arte da autodidatta, con dedizione e soprattutto passione che mi hanno portato a scrivere di cinema e ad avvicinarmi alla regia.

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