Recensione film con Paolo Calabresi L'Anima Salva

L’Anima Salva ed il folk-horror del passato che torna a bussare dalla tomba

Uscito nelle sale italiane dall’11 luglio, L’Anima Salva è il nuovo film scritto e diretto dalla regista Federica Biondi, successivamente al precedente La ballata dei gusci infranti sulle storie ambientate ed intrecciate sui Monti Sibillini. Con un ricco cast, il film è un thriller-horror ambientato nella provincia fermana della regione Marche e riserva un’indagine serrata tra folklore, sangue ed un richiamo alla responsabilità ed al senso civico di una comunità.

L’anima salva, la trama del film di Federica Biondi

Su sceneggiatura di Mario Andretti e coadiuvato in sede di scrittura dalla stessa regista, L’Anima Salva viene ambientato nel paesino immaginario di Settémani, la quale comunità viene sconvolta da un’inspiegabile serie di decessi. Alla morte infatti della suocera del sindaco, iniziano a verificarsi misteriosi casi di suicidio tra gli abitanti.

Due poliziotti, dal carattere praticamente opposto, iniziano così un’indagine che non sembrerebbe trovare altra soluzione se non quella della fatalità. I casi di suicidio, tuttavia, sono sempre più strani ed accomunabili dallo stesso modus operandi, mentre non tutta la verità sul passato di Settémani è stata rivelata.

L’anima salva, la recensione: il passato che torna a graffiare dalla tomba

Questo paese è pieno di cose non dette, storie chiuse negli armadi sottochiave.

Buona la seconda per la regista marchigiana Federica Biondi, che dopo il suo precedente La ballata dei gusci infranti cambia completamente registro per dedicarsi ad un thriller-horror dall’indagine serrata e ricca di sangue. A non essere abbandonato resta, tuttavia, lo spirito di portare sul grande schermo luoghi e tradizioni della propria Terra e, con essa, l’inesauribile fascino del folklore e della necessità del preservare il ricordo del passato.

È una storia di suggestioni, superstizioni e leggende (?) popolari quella di L’Anima Salva, che nel borgo di periferia/provincia trova decisamente linfa vitale. Un aria malsana si respira durante la visione del film per la quale, tra cimiteri e luoghi di culto, si libera un richiamo dalla tomba, dalla terra, dalla bara, che graffia sulla sbiadita pagina di un passato che è tuttavia pronto a tornare con effetti decisamente nefasti.

In un titolo che per atmosfera, speciale legame con il folklore ed anche stile tecnico-estetico tenderebbe ad avvicinarsi all’eredità (guarda caso) del cinema di Argento e soprattutto del filone gotico-padano di Pupi Avati, L’Anima Salva non mette sicuramente da parte il suo lato dell’orrore. Le morti dei malcapitati vengono infatti costruite ad arte tanto per la spettacolarizzazione della scena, dove il sangue non si intimidisce, quanto per la brutalità anche narrativa di come queste vengono presentate allo spettatore.

Al di là infatti del fascino della tradizione popolare e la visione di genere, il film travalica i confini dello schermo per raggiungere anche il campo dell’analisi sociale. Emblematica in tal senso la morte del primo ragazzo, emarginato dalla propria comunità tanto da far sembrare normale un suo suicidio (tranne per chi ha avuto veramente modo di interfacciarsi con lui) e con il pensiero del “si poteva fare qualcosa per impedirlo” che arriva a ruggire.

L’Anima Salva addita così la quotidiana routine degli abitanti del suo stesso paesino immaginario di Settémani, occupati principalmente a curare il proprio orticello ed a non avere problemi che si potrebbero evitare semplicemente mentendo o girando la faccia da qualche altra parte. Il ricordo e rispetto del passato, specchio qui della tradizione stregonesca, risulta funzionale anche in tal senso, vietando di nascondere quegli stessi problemi sotto il tappetto e gli scheletri nell’armadio, puntando unicamente all’egoistica tranquillità (un ragazzo si è suicidato e si deve fare in modo che ciò non accada mai più).

Il risveglio al puro senso civico che si allarga ad altre tematiche, come ad esempio e su tutte quella del femminicidio o comunque delle violenze di ogni sorta verso le quali non si può chiudere gli occhi, viene offerto così alla collocazione fuori dallo spazio del film. L’Anima Salva è sì girata nel fermano marchigiano, tuttavia il paesino di Settémani resta immaginario, non sottolineando infatti una precisa demarcazione geografica tra accetto calcato, abitudini e stili di vita o luoghi culturali particolarmente esaltati al grande pubblico, risaltando in questo modo un discorso più universale e fuori da confini precisi.

L'anima salva film recensione

L’anima salva, la recensione: aprire gli occhi…anche e soprattutto sulla violenza mostrata

E comunque questo non è un suicidio!”
– Shh! Che fai, alzi la voce?

Non solo analisi sociale e ricco fascino della tradizione popolare che si incanala nei ristretti vicoli del borgo, ma L’Anima Salva è anche un film di genere di gran livello. Innanzitutto, la visione si pregia di un lato orrorifico non banale, che fa della semplicità la sua arma vincente. Nessuno spirito terrificante in cerca di vendetta, eppure è una silente storia di fantasmi; non un vero e proprio slasher, ma le esecuzioni sono figlie di questo speciale filone; non vengono mostrate sette sataniche o congreghe di streghe, ma queste restano palpabili e sprigionano la rispettiva inquietudine.

Le vene vengono tagliate, il sangue schizza dalla testa ed una sequenza conclusiva memorabile fa ottimamente il resto, mantenendo alta l’asticella di violenza ed orrore del film. A parte forse qualche indecisione di troppo in sede di sviluppo narrativo, un visione che viene poi traghettata anche da un’indagine investigativa non indifferente, con colpi di scena ed un‘intrigante veste noir, sebbene l’affascinante ed ambiguo mistero dei decessi (se causati da un evento paranormale o frutto di attività criminose di un serial killer) non venga protetto fino alla fine.

L’Anima Salva tuttavia mostrerebbe a più riprese la natura indipendente della sua produzione, sebbene le qualità artistiche ed artigianali tra trucco, sonoro e stile di ripresa tenderebbero ben volentieri a sopperire queste mancanze. Livello fotografico di gran livello quello che restituisce su schermo una visione gotica di piacevole fattura e che, soprattutto, viene esaltata dalle meraviglie tenebrose del borgo di riferimento.

Nota che lascia forse qualche riserva è poi però quella del cast, che vanta comunque nomi di alto profilo. Paolo Calabresi (Boris, Smetto quando voglio, Rapito) mostra decisamente una marcia in più rispetto al resto del cast, sebbene risultino comunque azzeccate le prove dello “sceriffo” di Simone Riccioni (che intreccia un buon legame-contrasto anche generazionale con il collega) e del Don Attilio di Federico Fazioli. Oltre infatti al resto delle comparse sullo schermo, si respira forse troppa indigesta isteria a casa invece della protagonista interpretata da Arianna Becheroni, la quale comunque riesce bene a primeggiare in “famiglia” per il giovane talento di un nome da tenere fortemente in considerazione.

L’Anima Salva è così un’opera indipendente che si radica nella realtà del borgo marchigiano, estrapolando tutto il fascino del folklore con eventi decisamente nefasti. Un racconto sul senso civico e di comunità, che viene sviscerato proprio come le vene che vengono tagliate via dai polsi dei malcapitati, per un film horror genuino che intreccia una malsana atmosfera gotica ad un’indagine investigativa incalzante.

★ ★ ★ ½

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Vittorio Pigini
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Laureato in Giurisprudenza, diplomato in Amministrazione Finanza e Marketing, ma decisamente un Hobbit mancato. Orgogliosamente nerd e da sempre appassionato al mondo cinematografico, con il catartico piacere per la scrittura. Studioso della Settima Arte da autodidatta, con dedizione e soprattutto passione che mi hanno portato a scrivere di cinema e ad avvicinarmi alla regia.