30 Ago Maria è il tragico requiem di Pablo Larrain alla Divina della musica
Presentato in Concorso all’81a edizione del Festival del Cinema di Venezia, Maria è il nuovo film dell’autore cileno Pablo Larrain, successivo a El Conde che venne presentato proprio alla Mostra nella scorsa edizione. Di seguito la recensione del film con protagonista Angelina Jolie, che concluderebbe la personale trilogia spirituale del regista con Jackie e Spencer.
Maria, la trama del film di Pablo Larraín
Su sceneggiatura dello scrittore britannico Steven Knight, autore di Locke e Allied – Un’ombra nascosta, Maria di Pablo Larrain racconterebbe la storia della più grande cantante lirica del mondo, Maria Callas. Reinterpretando gli ultimi giorni di vita della Divina, il film mostrerebbe così luci ed ombre di un talento sconfinato e di una donna tanto forte e decisa quanto irrimediabilmente fragile.
Maria, la recensione: Ave o Maria
Con il suo 11° film, l’acclamato regista cileno Pablo Larrain conclude la sua personalissima trilogia spirituale sulle donne più iconiche del XX secolo. Dopo infatti i biopic di Jackie del 2016, con Natalie Portman, e di Spencer di 5 anni dopo con Kristen Stewart (sceneggiato sempre da Steven Knight), Larrain accantona first lady e principesse per trovare spazio direttamente tra le stelle del firmamento. Protagonista del nuovo biopic è in questo caso Angelina Jolie, Divina tanto quanto il personaggio chiamato ad interpretare, superando un’importante pressione tanto mediatica quanto recitativa.
A detta dello stesso regista, con Maria Callas si parla infatti della <<più grande cantante lirica di tutti i tempi>>, per un ruolo sicuramente non da poco, coccolato da Larrain dall’inizio alla fine di questa tragedia a tutti gli effetti greca. Con Maria si inscena il tormento di una donna che ha ormai perso qualsiasi vero valore: dai turbolenti amori all’innato talento, arrivando a perdere anche la stessa voglia di vivere. Una costruzione di questa tragedia che viene sostenuta dalle regole del biopic, con i tasselli che a poco a poco compongono il quadro generale, passando dal bianco e nero al barocco a seconda della condizione del passato. Tuttavia, Larrain non sceglie di soffermarsi sulla scalata al successo di Maria Callas, quanto sugli ultimi momenti nel suo canto del cigno, anzi, dell’uomo.
Immersa tra sacrali statue, la protagonista del film incarnerebbe appieno l’immortalità attraverso l’Arte, con quella del canto e della musica che sarebbe quella più genuina, spontanea ed impossibile da registrare e replicare. Larrain mostra così una Maria immortale, Divina, ma bloccata nel corpo della condizione umana e, con essa, tutti i suoi vizi autodistruttivi, sebbene la visione del film non vada oltre la schematica costruzione del semplice biopic. Con Maria ne fuoriesce infatti un racconto effimero, che non solo lascerebbe troppi punti in sospeso, ma che risulterebbe anche particolarmente inconsistente nel raccontare la rivalsa della protagonista, il suo ultimo grido di liberazione.
La perdita di forza nel tragico modo di raccontare la storia della Callas, che non deve lasciar intendere una altrettanto fioca cura nella messa in scena da parte del regista, regalando su schermo una costruzione tecnica di mirabile fattura. La macchina da presa segue quasi con timore il personaggio di Maria, ma non per paura quanto per scrupolo ed apprensione nel poterle dare fastidio, spiandola da dietro una porta ed accompagnandola dolcemente nelle sue passeggiate. Giorni intensi e di supporto che vengono illuminati da una fotografia particolarmente ingiallita, come le foglie d’autunno quale perfetta metafora dell’avvicinamento al fine vita.
Le sequenze sicuramente più evocative di Maria sono quelle dove si assiste alla straordinaria e “divina” potenza della cantante lirica, capace di creare bellezza solo attraverso la sua incredibile voce. In tali abbaglianti frangenti si mette in mostra anche l’affascinante ed elegante prova di Angelina Jolie, con il premio Oscar per Ragazze interrotte che torna con un ruolo importate a bucare il grande schermo. In scena dal tragico inizio alla tragica fine, la diva prende lo stampo della voce della Callas e riesce ad imprimere la sua personale Maria Callas, per un’emozionante prova di gigante di porcellana più che d’argilla.
Per quanto riguarda quindi il cast, ad essere di primo sguardo nel film di Larrain è anche una preziosa compagine italiana come quella di Alba Rohrwacher e Pierfrancesco Favino, nonostante la coppia risulti alquanto sacrificata per il ruolo. Per quanto riguarda quindi la sua personale trilogia spirituale sulle donne più iconiche del XX secolo, Pablo Larrain con Maria realizza un tragico requiem ingiallito che non riesce ad andare oltre la semplice costruzione del biopic. Appare tuttavia sullo schermo una visione particolarmente elegante e stilizzata, che può contare sull’emozionante prova da protagonista di Angelina Jolie.
★ ★ ★ ½