
24 Ago 2023 Oppenheimer: la recensione del nuovo film di Christopher Nolan
“Adesso sono diventato Morte, il distruttore di mondi”
Christopher Nolan, regista britannico acclamato da sempre da parte dalla critica e in particolar modo dal pubblico, torna nella sale a circa tre anni di distanza dal suo ultimo lavoro (Tenet) con un nuovo progetto, una nuova storia pronta ad affascinare i fan della settima arte di tutto il mondo: Oppenheimer.
Julius Robert Oppenheimer, meglio noto come J. Robert, fisico di fama mondiale e autore di importanti contributi specialmente nella meccanica quantistica, è il protagonista di questa storia, scritta secondo la visione di Christopher Nolan;
Oppenheimer non è stato solo uno dei massimi esponenti della fisica, ma la sua fama è legata soprattutto alla costruzione della prima bomba atomica nell’ambito Progetto Manhattan e alla successiva crisi di coscienza che lo indusse a rifiutare di lavorare a quella all’idrogeno.
Ad interpretare il fisico è l’attore britannico Cillian Murphy, affiancato da un cast d’eccezione come Robert Downey Jr., Emily Blunt, Matt Damon, Rami Malek, Florence Pugh, Kenneth Branagh, Benny Safdie e una piccola parte per Gary Oldman.

Non starò qui a raccontarvi la storia perché è giusto che viviate il racconto del regista in sala, quindi mi baserò semplicemente sulla tecnica utilizzata dal regista.
Anche in Oppenheimer, come per la maggior parte della filmografia di Nolan, la struttura temporale non è lineare.
Infatti, il regista britannico fin dalle prime scene ci mostra due prospettive diverse della pellicola: il bianco e nero e il colore.
Il bianco e nero non sta a rappresentare il passato ma il punto di vista oggettivo: i fatti secondo la prospettiva storica.
Le scene non sono incentrare sul protagonista ma sulle ripercussioni della bomba.
Il colore invece, sta a rappresentare gli elementi soggettivi della storia, dal punto di vista di Oppenheimer.
Le scene, nonostante i salti temporali andranno pian piano ad incrociarsi verso il finale.
Le visioni di Robert, soprattutto nella parte iniziale sono impressionanti, soprattutto se guardate in IMAX e 70mmcon Dolby Atmos/Cinema.
L’impressione dello spettatore è quella di essere completamente travolti e stravolti dalle immagini.

Inizialmente circolava la voce che il film non avrebbe avuto effetti speciali con l’uso della CGI, voci smentite dallo stesso supervisore VFX, Andrew Jackson:
“La notizia è stata interpretata male.
Alcune persone hanno capito che questo significava che non ci sono effetti visivi, il che chiaramente non è vero.
Gli effetti visivi possono comprendere un sacco di cose.”
Lo stesso Jackson ha confermato quindi che Oppenheimer include circa 200 riprese con effetti visivi.
Un lavoro incredibile svolto insieme al collega Scott R. Fisher, che durante la stagione dei premi vedremo spesso nei vari eventi.
Le musiche di Ludwig Göransson, compositore svedese alla seconda collaborazione con Christopher Nolan dopo Tenet, accompagnano per l’80% la visone, fondendo il suono e l’immagine in un’unica sola cosa.
La sceneggiatura, è frutto della mente del regista, uno dei pochi casi in cui l’autore racconta in prima persona le vicende:
“Dobbiamo vedere il mondo come lo vede lui, dobbiamo vedere gli atomi che si muovono, dobbiamo vedere il modo in cui immagina le onde energetiche, il mondo quantistico.”
Una novità assoluta che premia l’ambizione di Christopher Nolan.
In conclusione: andate in sala, vivetevi il film, mettete insieme il puzzle proposto dal regista e lasciatevi andare.
Fate riposare il film dentro di voi, perché ne avrete bisogno.
La riflessione che questa pellicola lascia allo spettatore è fondamentale e determinante.
Oppenheimer fa brillare gli occhi per la sua spettacolarità visiva ma allo stesso tempo fa bruciare lo stomaco per il suo orrore.
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