
19 Nov 2022 The Menu: La recensione
Sulla scia delle nuove produzioni culinarie: Boiling Point – Il disastro è servito, e la serie prodotta FX “The Bear”, disponibile su Disney Plus, arriva, come una agghiacciante e sottile lama di coltello (da cucina), The Menu.
Diretto dal britannico Mark Mylod, il film propone un thriller, a tratti psicologico, della cucina stellata, con una forte componente di satira che vuole con cattiveria mostrarci come l’arte della cucina, o perchè no l’arte in generale, sia troppo spesso imbrigliata nei giochi capitalistici. L’intento, ebbene, riesce alla grande.

Il film apre con una giovane coppia, Tyler e Margot, rispettivamente interpretati da Nicholas Hoult e l’ormai onnipresente Anya Taylor Joy. I due protagonisti si imbarcano, insieme ad altre personalità di alta estrazione sociale, verso l’isola di Hawthorne, la quale ospita quello che il film propone come il miglior ristorante del mondo.
Una cena in questa location costa ai partecipanti l’esorbitante somma di 1250 dollari, cifra che allo stesso tempo seleziona solo clienti tra i più facoltosi, e promette un’esperienza del tutto unica: l’apice estremo della ristorazione. Tyler, super fan della cucina più ricercata, sembra essere perso nell’estasi, e dopo pochi minuti dall’entrata nel ristorante, questa lo porta a dimenticarsi di rispettare le regole del luogo speciale in cui si trova, disturbando uno dei cuochi e rubando qualche scatto proibito ai piatti.
In questo contesto entra in scena lo chef Julian Slowik, interpretato da Ralph Fiennes, che si divertirà molto a sviscerarne la psicologia tramite incredibili rese espressive. Lo chef a questo punto presenta il suo concept: la natura viva ed eterna dell’isola che li circonda, viene catturata, sfilettata, emulsionata, sferificata, e impiattata agli affamati paganti in modo da far assaporare loro l’essenza effimera che il passaggio dell’uomo ha su quella stessa natura.
La filosofia dello chef non tarda a palesarsi, le portate assumono sempre più un agghiacciante tenore, e con esso la presa di coscienza da parte dei commensali che le loro colpe, i tradimenti, le frodi, non resteranno a lungo impunite.
Margot si sente un po’ fuori posto, il suo ragazzo ha mantenuto nella prenotazione il nome della ex, e il cibo così ricercato all’inizio non la rende molto affamata, inoltre riconosce uno degli altri clienti, non hanno un buon trascorso a giudicare dalla sua reazione.
Al proseguire delle portate, il ristorante dal moderno design diventa sempre più claustrofobico e minaccioso, lo chef promette un menù che può raggiungere la perfezione solo ad un costo estremo da parte di tutti, nessuno escluso. O forse no, perchè Margot non era prevista, Tyler doveva portare la sua ragazza ufficiale, tutto era calcolato per ogni partecipante.
Allora lo chef si rende conto che nel suo menu perfetto c’è effettivamente una grande imprecisione, che lo fa ricadere nel dubbio e nelle paure, nei traumi delle esperienze che ha da sempre chi lavora in questo affascinante, ma difficile settore…
Il ritmo del film è scandito dal battito di mani dello chef che annuncia le eccentriche portate, non ci si annoia a seguire l’avvicendamento delle varie personalità invitate che, anche se abbastanza stereotipate, funzionano perchè ben intelate nell’intreccio: i giovani, investitori arricchiti, amici del proprietario, la critica culinario col suo editore, la star meteora accompagnata da una giovane ambiziosa,poi ancora gli abituè che nonostante siano venuti molte altre volte non hanno mai imparato ad apprezzare l’operato della brigata.
La tensione viene sempre tenuta bene in un climax vincente e ben reso. Visivamente il film rispetta sia i canoni della cucina che del teatro, offrendo sempre piani di dettaglio per le composizioni dei piatti e un campo che ci fa sentire sempre tra la sala del ristorante e la cucina.
La fredda e buia notte dell’isola, crea la perfetta atmosfera per i malcapitati avventori, ed è contrastata dalle chiare luci del ristorante, che abbagliano come riflettori i peccati e le sofferenze delle due compagnie divise dal bancone.
Una dark comedy da leccarsi i baffi
Nonostante la vena drammatica, l’evidente satira sociale che si respira rende il film una pellicola più che digeribile per tutti, perché i ricchi egoisti sono prede sempre succulenti, (sopratutto per chi ha adorato l’estremismo di The Triangle Of Sadness) ed addirittura lascia l’acquolina in bocca a chi avrebbe sperato in un bis delle portate più brutali.
Da vedere? Assolutamente Si, Chef!
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