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Thunderbolts*, la recensione del nuovo film Marvel

Ad un paio di mesi dall’uscita del quarto capitolo di Captain America, arriva nelle sale Thunderbolts*, il trentaseiesimo film del Marvel Cinematic Universe nonché l’ultimo della cosiddetta fase cinque. La pellicola, diretta da Jake Schreier vede tra gli interpreti principali Florence PughSebastian Stan, David Harbour e i due figli d’arte Lewis Pullman e Wyatt Russell.

Thunderbolts*, la trama del film con Florence Pugh e Sebastian Stan


Un Improbabile gruppo di agenti governativi, già noti ai più per alcuni film e serie televisive Marvel dell’ultimo periodo, si ritrovano dover collaborare nel tentativo di salvare non solo loro stessi, ma anche le sorti di uno strano personaggio che proprio in questo film fa la sua prima apparizione, vale a dire Robert “Bob” Reynolds, interpretato da Lewis Pullman.

Parlando di fumetti, sul finire degli anni ottanta esordisce negli albi della DC comics quella che è grosso modo l’idea della Suicide Squad (Squadra Suicida o Task Force X che dir si voglia) così come abbiamo imparato a conoscerla in anni più o meno recenti, vale a dire una squadra di supercriminali che per conto di qualche agenzia governativa è chiamata a compiere missioni per la salvaguardia del mondo. Qualche anno più tardi arrivano in Marvel i Thunderbolts, i quali nel tempo inizieranno ad essere caratterizzati da una connotazione simile: ex cattivi che agiscono per il bene, anche in questo caso controllati a distanza con dei congegni che impediscano a questi personaggi di ribellarsi a chi ha concesso loro questa sorta di libertà vigilata. In entrambi i casi le formazioni di personaggi che verranno designati per questo ruolo saranno continuamente rimescolate, pur mantenendo lo spirito dell’operazione. 

Sempre parlando di comics e nello specifico dei Thunderbolts, chi scrive questa recensione è particolarmente affezionato alla rilettura che ne fece lo sceneggiatore Warren Ellis poco più di quindici anni fa, dove la squadra coinvolta si trovava nella paradossale posizione di dare la caccia a tutti quei supereroi che, a differenza loro, operassero al di fuori della legge poiché non registrati; tale arco narrativo, pur avendo ben poco a che fare con la trasposizione cinematografica di Jake Schreier, per situazioni e personaggi coinvolti, gettava le basi per tutto quello che, senza fare spoiler, viene in qualche modo ripreso a fine pellicola, in particolare riguardo un personaggio che sarà chiave per la stessa e probabilmente per quelle a venire. 

In ambito di trasposizioni cinematografiche è ancora una volta la DC ad arrivare per prima e nel 2016 giunge nelle sale il primo Suicide Squad, diretto da David Ayer che è un fallimento su tutta la linea: l’idea che anche i cattivi in realtà non siano poi così cattivi  non funziona per niente dal momento che lo spettatore si trova davanti ad una serie di personaggi piuttosto anonimi, non approfonditi e comunque nuovi per il grande schermo, dei quali risulta praticamente impossibile apprezzarne una qualche redenzione se non si è avuta la minima occasione di apprezzarli quantomeno come cattivi. Spiccano soltanto il tanto odiato Joker di Jared Leto e la Harley Quinn di Margot Robbie, prima apparizione in assoluto del personaggio in carne ed ossa, nonché l’unica a mantenere una qualche tridimensionalità. Non a caso  il personaggio della Robbie sarà l’unico che verrà mantenuto nel ben più riuscito seguito (uno dei migliori cinecomics dell’era moderna a dire il vero, nonché il migliore di tutto il DCEU a mani basse) diretto da James Gunn, che nella scena iniziale si libera da tutti i legami con il primo film e decide di ripartire da zero andando a ripescare personaggi, dinamiche ed estetica dai fumetti più vecchi probabilmente meno noti al pubblico moderno, con un approccio alla scrittura e alla messa in scena ben più genuino del suo predecessore. D’altronde aveva già dimostrato nei film dei Guardiani della galassia di non avere problemi a far innamorare lo spettatore di personaggi completamente nuovi e mai visti.

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Thunderbolts*, la rivincita degli “sfigati”

Veniamo al momento presente: nel 2025, la Marvel cinematografica, reduce da un periodo di evidente crisi nel quale ha tentato incessantemente di lanciare nuovi personaggi ma trovando pieno successo solo nell’andare a ripescare quelli già rodati, che carte ha da giocare? Sorprendemente, più di una in realtà. 

Innanzitutto realizza un film corale, come aveva già fatto per i film degli Avengers e per quelli dei Guardiani della galassia,  scegliendo un approccio piuttosto diverso dai titoli sopracitati e tutto sommato atipico. I protagonisti non sono nuovi agli spettatori dei film e delle serie Marvel (contrariamente a quanto successo nei film di Gunn) ma non sono neanche i protagonisti delle opere dalle quali provengono (come era stato per Avengers). 

Thunderbolts sono in sostanza degli emarginati comprimari di film e serie che non hanno avuto il successo aspettato: di questo ne è consapevole la Marvel, ne è consapevole lo spettatore e ne sono perfettamente coscienti anche i personaggi stessi, in una sorta di cortocircuito metatestuale che finisce per essere uno dei punti di forza del film. Nel far ciò può comunque contare su un cast di tutto rispetto nel quale brilla su tutti una Florence Pugh che buca lo schermo, accompagnata tra gli altri da un sempre convincente Sebastian Stan e soprattutto da un divertentissimo (e divertito) David Harbour

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Nel tratteggiare questa rivincita degli “sfigati”, Jake Schreier (The Beef), coadiuvato in scrittura anche da Joanna Calo di The Bear, sembra aver imparato la lezione di Gunn riguardo l’alchimia tra i vari personaggi e decide di affrontare il racconto attraverso una messa in scena non banale ed attenta a scavare nella psiche di tutti i caratteri. 

Le sequenze action non mancano di certo ma man mano che la pellicola procede ci si rende conto che non è sulla spettacolarizzazione delle stesse che punta il regista: tutto viene affrontato a terra, come a voler sottolineare i limiti fisici dei personaggi, perché stavolta più che mai i superproblemi superano i superpoteri. Da questo punto di vista il film è una continua sorpresa perché contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare da una pellicola del genere, piuttosto che esplodere finisce per richiudersi su se stesso in maniera quasi anticlimatica. Non bisogna aspettare il terzo atto affinché la squadra si costituisca per affrontare una minaccia incombente: al contrario, mentre il team si riunisce praticamente da subito,  non è chiaro contro chi o cosa dovranno combattere, fino al punto in cui sarà palese che il conflitto più grande viene direttamente dall’interno.

Ė a questo punto che quello che era partito come un film tutto sommato divertente e spensierato diventa qualcosa di ancor più interessante e profondo, letteralmente più cupo dal punto di vista visivo, che riesce nell’arduo compito di affrontare con le immagini una tematica così delicata e spinosa come quella della malattia mentale.

Concludendo, Thunderbolts* è molto più che una ventata d’aria fresca per la Marvel cinematografica, e che fa ben sperare per il futuro del MCU, che in molti davano ormai per spacciato e che forse potrebbe trovare proprio in questi personaggi, e in questo approccio alla scrittura e alla messa in scena, la chiave per poter ripartire. 

Da segnalare infine  che gli autori delle musiche di Everything Everywhere All At Once ci regalano una colonna sonora niente male, ben al di sopra della media alla quale la Marvel ci ha spesso abituato.

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Lorenzo Scipioni
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Mi chiamo Lorenzo Scipioni, classe 1994 e sono un fumettista e illustratore visceralmente appasionato di cinema. Nel 2016 sono stato accolto dalla scuderia della casa editrice Hyppostyle, per la quale ho pubblicato due volumi della serie distopico-steampunk "Blackbox", ideata e scritta da Giuseppe Grossi, usciti rispettivamente nel 2017 e nel 2018. Dal 2019 ho iniziato la mia collaborazione con Edizioni NPE e da questo connubio è uscito nel 2022 "Hidden in the Woods", riduzione a fumetti dell'omonimo film di Patricio Valladares, scritto da Andrea Cavaletto, fumetto per il quale ho curato sia i disegni che l'adattamento. Di recente ho conseguito una piccola collaborazione con la Sergio Bonelli Editore, di prossima pubblicazione. Nel tempo libero amo scrivere recensioni e omaggiare film con delle illustrazioni.

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