09 Dic 2024 Better Man è l’intimo e spettacolare concerto che Robbie Williams ha sempre sognato
Dopo aver debuttato sul grande schermo con The Greatest Showman del 2017 e dopo aver prodotto il film Rocketman, per la regia di Dexter Fletcher e vincitore del premio Oscar alla Miglior Canzone, il regista australiano Michael Gracey torna sulla scena del cinema musicale. In questo caso, con Better Man, si tratta anche di un’operazione di biopic molto particolare, volto a portare sul grande schermo la vita della celebre star Robbie Williams in una forma “primordiale”. Ecco di seguito la recensione di Better Man.
Better Man: la trama del film su Robbie Williams
Su sceneggiatura a 6 mani di Simon Gleeson, Oliver Cole e lo stesso regista Michael Gracey, il film Better Man è stato realizzato a strettissimo contatto con la star musicale Robbie Williams, che sceglie la via del cinema per raccontarsi il più intimamente possibile. Dall’infanzia ai grandi successi, il film ripercorre infatti la carriera del cantautore e showman, mostrando la parte peggiore di un essere umano sulla strada per diventare “un uomo migliore”.
Per l’intero film, il protagonista ha le fattezze metaforiche e surreali di uno scimpanzé, con lo stesso Robbie Williams che afferma di essersi sentito sempre “meno evoluto” delle altre persone.
Better Man, la recensione: uno sfacciato e selvaggio antibiopic
Sono Robbie Williams. Questa è la mia storia, ma non la racconterò in modo scontato, perché non vedo me stesso come mi vedono gli altri. A dire il velo sono sempre stato un po’ meno evoluto.
<<Che belva ti senti?>>. Si inaugura la recensione di questo splendido film, diretto da Michael Gracey, riprendendo il tormentone di uno dei programmi più seguiti sulla tv nazionale italiana. Una domanda direttamente fatta anche allo stesso protagonista Robbie Williams, per cercare di entrare maggiormente in intimità nella sua storia personale, con l’idea di rappresentarlo in versione scimpanzé che si è rivelata estremamente vincente.
Sferrando un destro a chi ancora è all’indecorosa ricerca della veridicità storica in un’opera di finzione, come quella cinematografica, Better Man è uno dei biopic più ambiziosi ed intelligenti forse mai realizzati (annunciato sfacciatamente dallo stesso protagonista). Questo non solo con inevitabile riferimento all’originale rappresentazione della stessa icona descritta, quanto soprattutto per la grande onestà con la quale il racconto viene portato avanti e, ancora, non ci si riferisce solo alla coerenza con i fatti realmente accaduti (i quali devono essere riadattati e romanzati per l’occasione).
Questi ultimi vengono comunque portati avanti con decorosa fedeltà, ma sta nel cuore che pulsa nella narrazione il vero valore aggiunto all’opera, per un grande e spassionato esempio di come il cinema rivesta una funzione terapeutica anche per gli stessi protagonisti. Nella sua secolare esperienza, la Settima Arte ha infatti messo in conto diverse opere volte a raccontare su schermo grandi icone della nostra storia, anche in qualità di autobiografie degli stessi registi/autori.
Tra queste si contano quelle nascoste dietro altri personaggi (Francis Ford Coppola che si maschera del suo Cesar in Megalopolis), oppure semplici e dirette (uno Steven Spielberg per The Fabelmans). La maggior parte dei biopic narra così al pubblico la vita di personaggi famosi o ingiustamente sconosciuti, svolgendo un’operazione di highlights circa gli eventi più importanti e trasmettendo sogni, emozioni e sofferenze vissute dagli stessi.
Sebbene la maggior parte di tali operazioni siano volte a conferire prestigio al personaggio soggetto del film, non mancano rari esempi di “antibiopic”, ovvero quelli capaci anche e soprattutto di mostrare le ombre e i vizi dell’eroe/eroina dell’opera. Una premessa per indicare come Better Man sia un biopic, realizzando quell’operazione necessaria di highligths, ma allo stesso tempo un antibiopic sulla figura di Robbie Williams. A differenziarlo da operazioni similari, come ad esempio l’affascinante Blonde di Andrew Dominik, l’ulteriore particolarità del film sta poi nel fatto che, a raccontare la storia, sia lo stesso protagonista che non perde occasione svelarsi come persona fragile, problematica, ricca di vizi e dagli infiniti errori commessi.
“La storia vera di Robbie Williams” recita il sottotitolo del film di Gracey con il faccione di uno scimpanzé a rapire l’attenzione della copertina, assistendo effettivamente ad una seduta terapeutica di 134 minuti in cui il protagonista si apre intimamente al pubblico: la spirale autodistruttiva del successo, la dipendenza da droghe ed alcol, il tentativo di suicidio, un carattere molto ostile, sfacciato ed antipatico. Un sofferente viaggio emotivo ed introspettivo nella vita di un “worst man”, rimasto indietro con l’evoluzione e bloccato all’età di 15 anni, quando si aprirono davvero prematuramente le porte del successo.
Un percorso di crescita che dimostra tutta la decisa volontà del protagonista di cambiare, di diventare un better man. Con il film di Gracey si passa dunque “one night with Robbie Williams”, per un’opera che ripercorre la carriera dell’icona scegliendo, con grande onestà ed emotività, di soffermarsi sui lati più oscuri e respingenti senza dimenticare le virtù di una grande star.
Better Man, la recensione: la grande sfida nel cercare di addomesticarsi
L’ho fatto a modo mio.
È proprio lo stesso protagonista ad inaugurare la visione del film, rompendo nel buio la quarta parete e dando il via ad una confessione personale e diretta di Robbie Williams. Tuttavia, nonostante l’opera di Gracey sia estremamente intimistica, Better Man riesce a prescindere da questo, portando avanti temi universali ed un racconto sempre immedesimabile. Anche sotto questo specifico aspetto, risulta ancora una volta vincente la scelta di rendere “astratto” il protagonista, non rinchiudendolo nelle fattezze della celebre pop star.
Il film mostra senza troppi fronzoli la tossicità del mondo dello spettacolo, l’avidità dei suoi agenti, la competitività tra i suoi artisti e la fame vorace di un pubblico emotivamente distante ma sempre più fisicamente invadente. La confessione è di chi riconosce di avere un problema, ovvero di avere bisogno di tutta questa sporcizia per cercare il proprio posto nel mondo. <<Non esistono dei “nessuno”.>> è il caloroso suggerimento rivolto a Robbie dalla sua amata nonna, con l’artista che riuscirà ad imparare la lezione solo a sue spese, dopo essere stato inghiottito dal buio della propria autostima.
Un ragazzo cresciuto dalla convinzione di quanto il successo sia “tutto” nella vita, dando priorità al suo raggiungimento e non alla cura della propria passione e del proprio talento, scivolando nel vortice autodistruttivo. Ma risalire è possibile, diventare un better man è possibile. Attraverso il film, infatti, Robbie Williams la fa da insegnante nel mostrare i suoi errori commessi e su come diventare un uomo migliore non sia negabile a nessuno.
Oltre ad idratare resilienza e speranza nel cambiamento in una versione migliore di sé, Better Man si rivolge anche verso coloro che si sentono dei “nessuno”, chiedendogli di non bruciare le tappe, di non perdersi le piccole gioie della vita reali e vicine, cercando di fare pace con la propria natura. Nella parte finale del film, infatti, Robbie riesce ad “addomesticare” tutti i suoi vizi, le sue ombre, riuscendo di fatto a sconfiggere la sua metà oscura: non c’è villain più difficile da sconfiggere per un supereroe che se stesso.
Better Man, la recensione: un concerto da sogno
Non cambierei assolutamente niente di te.
Il secondo film diretto da Michael Gracey riesce così a convincere emotivamente per l’intelligente intimità con la quale Robbie Williams si racconta, riuscendo a rendere la confessione anche universale. Coltivando valori veri, come gli affetti verso altre persone e la propria passione, si arriva alla catartica sanità che non richiede il coinvolgimento di elementi dannosi e corrosivi: diventare un “qualcuno” per se stessi, prima di bramare di diventare un “nessuno” per molti.
Al di là degli alti pregi narrativi e tematici, Better Man si rivela anche un esplosivo concerto cinematografico, per tutti i fan della celebre star britannica e non solo. Il regista è quello di The Greatest Showman, il musical del 2017 con protagonista Hugh Jackman accolto benevolmente dal pubblico ed in maniera decisamente più tiepida dalla critica. In questa nuova opera 2025 si prende tuttavia le distanze dalla precedente operazione registica, con solo una scena di vero musical che spezza il fiato per quanto meravigliosa per coreografia, costruzione della messa in scena, ripresa di un (finto) piano sequenza di quasi 4 minuti ed energica musica sulle note di Rock Dj.
Better Man è dunque un biopic drammatico e musicale, dove le più famose canzoni di Robbie Williams vengono evocate a seconda del concerto o delle prove del caso, pur uscendo anche dal piano “reale”. Affascinante infatti come il film venga spesso visto come un’esperienza onirica dello stesso protagonista, che si ritrova a vivere l’incubo ad occhi aperti del proprio passato. Scene immaginifiche passano così dal romantico e toccante valzer di She’s The One ad un vero e proprio zombie-movie, fino alla sguinzagliata follia in una resa dei conti sottopalco.
Sempre vorticose e precise le riprese delle complesse sequenze, riuscendo a non ricreare l’esperienza da videoclip musicale e conferendo il giusto peso emotivo alla splendida voce del protagonista. Questo si ritrova per la prima volta in qualità di attore cinematografico, sebbene appunto in una versione alquanto primordiale, ma non per questo meno incisiva, anzi. In un anno in cui i primati sono tornati prepotentemente a rapire l’attenzione sul grande schermo, come ad esempio Il regno del pianeta delle scimmie o Monkey Man di e con Dev Patel, lo scimpanzé protagonista non è solo ben ricostruito dal punto di vista visivo attraverso la motion-capture, ma anche da quello più “concettuale”.
Attraverso i sempre imponenti effetti speciali della Weta FX di Peter Jackson, Robbie Williams si ritrova ad incarnare una scimmia che cambia colore e lunghezza del pelo a seconda dell’età e del look dello stesso protagonista, oltre ad una costruzione narrativa che arriva a far dimenticare il suo aspetto animalesco. In conclusione ed in attesa dei prossimi biopic musicali, come Michael di Antoine Fuqua e A complete Unknown di James Mangold, Better Man mette a segno un antibiopic sfacciato, originale, profondo e spettacolare.
Un’onesta e sofferente confessione offerta al grande pubblico dal suo protagonista, che si svela intimamente nel mostrare tutti gli errori commessi e soprattutto la sua determinazione nel voler diventare una persona migliore. Di livello il tasso di emotività sprigionato dal film, passando dall’intenso dramma all’energico action anche e soprattutto grazie alla fattura registica di Michael Gracey, che assesta una scena da musical memorabile ed altre sequenze che rendono giustizia al talento innato di Robbie Williams.
★ ★ ★ ★ ½