
11 Mag 2025 Bird è la storia di chi vola in un cielo grigio e dimenticato
Presentato in concorso al 77° Festival di Cannes, Bird è il nuovo film di Andrea Arnold, già regista di Fish Tank, American Honey e dell’adattamento di Cime tempestose. Con protagonisti Nykiya Adams, Barry Keoghan e Franz Rogowski, la regista britannica mette in scena una neo fiaba nelle periferie più degradate del Kent, nel Regno Unito. Insieme all’intervista a fine articolo de I Soliti Cinefili al doppiatore di Barry Keoghan, leggi il resto dell’articolo per sapere cosa ne pensiamo di Bird, il nuovo film di Andrea Arnold.

Bird, la trama del film con Barry Keoghan
Bailey ha dodici anni e vive in un edificio occupato nel nord del Kent insieme a suo padre Bug, poco più che un ragazzo, impulsivo e irresponsabile, circondato da amici disillusi e marginali. Con loro ci sono anche il fratello Hunter e Kaleygh, la nuova compagna di Bug. Bailey è una ragazza intelligente e solitaria e la vediamo unirsi a volte alle baby-gang ma fondamentalmente preferisce la solitudine, osservando il mondo con occhi malinconici. Tutto cambia quando incontra Bird, un ragazzo che di primo acchito sembra strambo, un vagabondo alla ricerca delle proprie origini. Tra i due nasce un legame, che aiuta Bailey a confrontarsi con la realtà e a trovare una nuova consapevolezza di sé.
Bird, la recensione: la storia degli ultimi, sempre più ultimi
Bird, presentato a Cannes in una versione non definitiva, Bird è una storia che si muove ai limiti dei margini di una città e di un governo. Al centro c’è Bailey, dodicenne irrequieta e acuta, interpretata con sorprendente intensità dall’esordiente Nykiya Adams. Vive in uno squat del Kent con il fratello e un padre inaffidabile (un Barry Keoghan imprevedibile e comunque molto, molto paterno).
Tutto prende inizio quando Bailey incontra Bird, enigmatico vagabondo interpretato da Franz Rogowski, simbolico e dalle movenze sognanti. Con lui, la storia si sviluppa verso una dimensione surreale, quasi fiabesca, che li porta a scappare e volare verso un cielo che funge da rifugio per la vita di Bailey. I particolari usi del formato 9:16 (da video girato con telefono, per capirci) sono sempre più presenti nei momenti sconcertanti per i due protagonisti; sembra quasi che il cielo, allora, funga da apertura a quei margini omologati del video registrato.
L’iride si espande e il cielo diventa simbolo del vero orizzonte per chi per difendersi registra tutto ciò che accade. Un plauso va quindi all’eccellente montaggio di Joe Bini e anche alla grigia fotografia di Robbie Ryan. Ma non sono solo questi i motivi per cui Bird è un film da vedere, quindi andiamo avanti.

Bird, la recensione: il desiderio di volare diventa la ribellione verso la libertà
Bird ci porta nell’atmosfera sporca e anarchica della periferia inglese, tra il grigiore urbano e squarci di natura intravista e libera, come i suoi protagonisti.
Bailey inizia la sua storia tagliando i capelli ricci – gesto più polemico che identitario –, dimostrando un desiderio di ribellione e affermazione di sè. Il suo mondo è costellato da personaggi irresponsabili: un padre sfaticato e una madre assente e inconsapevole. Basti pensare che il personaggio interpretato da Barry Keoghan pensa di mandare avanti la famiglia facendo produrre il muco ad un rospo. Questo muco, prodotto ascoltando “Yellow” dei Coldplay in una scena memorabile, sarebbe venduto per racimolare dei soldi per la famiglia. In questo modo Bailey sembra sola e ingabbiata e come un uccello tenta di fuggire da un ruolo che non ha scelto, ma in cui è nata.
Eppure, proprio nel punto più basso, qualcosa si apre: l’incontro con Bird, interpretato da Franz Rogowski con una fisicità misteriosa e appassionante – cambia le carte in tavola nella vita di Bailey. .
Bird viene presentato come un ragazzo che, adulto, ritorna a casa sua e cerca informazioni sui suoi genitori. Quello che però viene implicitamente mostrato e pian piano sempre più detto è ciò che Bird rappresenta per le inquietudini di Bailey.
Forse un’emanazione del desiderio di fuga, Bird aiuta Bailey a muoversi libera come un uccello, in dimensioni oniriche che vengono interrotte da violenza e sangue.
E se il luogo resta quello di un degrado palpabile, non c’è mai compiacimento né giudizio: gli spazi dei “dimenticati” vengono trattati sempre con rispetto, anche grazie all’uso che viene fatto delle canzoni della colonna sonora: Blur, Verve, Fontaines D.C. accompagnano gli avvenimenti con crudezza e realtà.
In conclusione, Bird non vuole essere un racconto di crescita classico. Al contrario, ne è un distruttore: il percorso di crescita di Bailey non segue una linea dritta ma devia, ritorna, scappa ancora. È una maturazione sofferta, che passa anche per l’accettazione di un disordine personale. Alla fine, Bailey non diventa adulta, ma imparerà forse a riconoscersi e a difendere la sua condizione, per farne uno strumento di sopravvivenza.
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CLICCA QUI per l’INTERVISTA a Alex Polidori, doppiatore di Barry Keoghan.