La recensione del film di Francis Ford Coppola La conversazione

La conversazione continua a registrare il periodo d’oro di Francis Ford Coppola

Nel marzo del 2025 torna in sala La Conversazione di Francis Ford Coppola, il settimo film del regista premio Oscar con Il Padrino. Con protagonista un formidabile Gene Hackman, quello del 1974 è un thriller di spionaggio dai connotati drammatici, il quale spinge a profonde riflessioni sul concetto di solitudine in un’era sempre più tecnologizzata. Ecco di seguito la recensione di La conversazione, il film di Francis Ford Coppola candidato a 3 premi Oscar.

La conversazione: trama del film di Francis Ford Coppola

Dopo l’epocale successo con Il Padrino, il regista Francis Ford Coppola torna al cinema con il suo settimo film La conversazione. Con alla base molte influenze dichiarate direttamente dall’autore, il film nasce dall’idea originale dello stesso Coppola e narra di Harry Caul, autorevole investigatore privato alle prese con un nuovo spinoso incarico.

Con la squadra appostata all’Union Square di San Francisco, il compito è infatti quello di intercettare e registrare l’intima conversazione tra una donna (la moglie dell’uomo ricco e potente che ha incaricato lo stesso Harry) e quello che sembrerebbe essere il suo amante. Il nastro della registrazione, tuttavia, sembrerebbe essere più prezioso di quanto si potesse pensare, con Harry che si ritroverà immischiato in un caso pericoloso.

La recensione di La conversazione

La conversazione, recensione: ascoltare e saper rimanere in silenzio

Se c’è una cosa che ho imparato, in questo mestiere, è che non so niente della natura umana.

Nel 1973 il pubblico, la critica e tutti gli addetti ai lavori sono ancora scossi dal roboante fenomeno di Il padrino, forse non ancora metabolizzato fino in fondo. Tale fu infatti l’impatto del sesto film scritto e diretto da un regista, proveniente da Detroit e da poco 30enne, che avrebbe ulteriormente infuocato un movimento cinematografico rivoluzionario come quello della New Hollywood. 3 premi Oscar (tra cui Miglior Film) su 10 candidature, Golden Globe al Miglior Film drammatico, David di Donatello al Miglior film straniero e l’acclamazione universale di un’opera destinata a riscrivere la storia del cinema.

Materiale alquanto sufficiente in mano alla Paramount per scegliere di puntare ancora una volta sul talento di Francis Ford Coppola, il quale riceverà una sorta di “carta bianca” per realizzare il suo prossimo film in cambio dell’impegno di proseguire la leggenda dei Corleone. Ecco che nel 1974 arriva allora La conversazione, il settimo film del regista che si ritrova per la prima volta anche in veste di produttore per un suo film.

La storia è quella di un “musicista freelance”, così si autodefinisce il tormentato protagonista del film, riferendosi in questo caso proprio alla sua passione per il jazz ed il sax. In realtà Harry è un investigatore privato, con speciali abilità nel campo delle intercettazioni, ma il personaggio interpretato da Gene Hackman sfugge continuamente da questa etichetta, diventando un tutt’uno proprio con il suo lavoro di invisibile.

In La conversazione il suo protagonista è infatti uno dei più rinomati del settore, dedito al suo lavoro e lesto nel sparire dalla circolazione subito dopo. Essersi trasformato nell’incarnazione di una professione del genere non può che spingere a “portarsi il lavoro a casa”, con la costante preoccupazione di essere a propria volta intercettato in ogni dove, non potendosi più fidare di nessuno. Harry si trova infatti a disagio con le persone, ha timore nel lasciarsi andare nel privato, nell’intimo, con il pensiero di essere costantemente tenuto sotto controllo, per poi arrivare a sfogarsi e a trovare liberazione nell’inviolabile malinconia della sua musica.

La conversazione di Francis Ford Coppola si trasforma così in una profonda riflessione sul concetto di solitudine, del proprio personale spazio di vita diventato ormai (oggi come allora) un taboo ed un desiderio quasi utopistico. Basterebbe fermarsi già solo all’emblematica introduzione del film, con questo sguardo sulla piazza (agglomerato di persone) provenire dall’imperscrutabile. Siamo osservati, sempre, ovunque.

La visione del film si sposta così sul fronte politico, con il controllo e soprattutto la sorveglianza delle masse a loro insaputa. 10 anni prima della data indicata nel celebre romanzo di George Orwell, Francis Ford Coppola realizza una grande e profonda opera annoverata (nello spirito) senza troppa difficoltà al cinema di fantascienza.

Non a caso la stessa produzione del film ebbe più di qualche grana con effettivi agenti di sorveglianza, incaricati di controllare la totale assenza di riferimenti nel film dello scandalo Watergate, scoppiato di fatto nel 1972. Coppola fu infatti luminare anche da questo punto di vista, con il film che si basa su uno script ultimato più di 10 anni prima l’inizio delle riprese e di fatto anticipando nell’idea proprio quel terremoto mediatico e politico.

Un’altra prova di ferro dal genio di Francis Ford Coppola

Non ho paura della morte. Ma ho paura dei morti.

Di fantascienza si accennava poc’anzi, con l’accostamento che è naturalmente forzato e spinto principalmente dal cuore tematico e d’analisi del film. La conversazione di Francis Ford Coppola resta tuttavia uno spettacolare e camaleontico thriller, particolarmente avvincente e profondo nella sua poesia. Dichiarate con orgoglio le influenze avute dal regista nella realizzazione del suo film, avendo catturato la sostanza del Blow-Up di Michelangelo Antonioni, Steppenwolf di Fred Haines, nonché molti altri film che vertono il proprio interesse verso il ruolo dello sguardo (trasformando in questo caso nell’ascolto).

L’opera prende il via come film di spionaggio, con la missione del protagonista di riuscire a catturare quella Conversazione che conferisce titolo all’opera, per poi spostarsi lentamente verso atmosfere e dinamiche di un vero e proprio noir metropolitano. In tale corsa sostenuta, il thriller riesce ad andare perfettamente a segno nel costruire le basi di un caso intricato e che sembri presentare i suoi colpi di scena.

Questi arrivano, impreziosendo una trama che esplode di orrore e tensione nel suo concitato finale, dove non soltanto il ritmo accresce verso il climax, ma si arriva anche al vero cuore del film. Oltre ad una sceneggiatura di ferro, in La conversazione è anche e soprattutto il lavoro svolto nel montaggio e nel mixaggio sonoro a fare scuola, con la registrazione di quel tagliente dialogo che diventa determinante. Tale espediente, infatti, non rappresenta “solo” uno splendido esercizio tecnico, ma diviene la chiave narrativa e tematica dell’intero film.

Il rinnovo tecnologico spinge ad utilizzare e promuovere sempre l’attrezzatura migliore, l’ultima di gamma, la più performante, fidandosi del suo utilizzo. Arrivare a registrare la migliore conversazione possibile, riuscendo a scandire precisamente cosa viene detto, non porta tuttavia necessariamente ad avere il quadro della situazione altrettanto chiaro. Diviene sempre necessario un esercizio di interpretazione, di capire cosa si stia veramente ascoltando, cercare di andare oltre il grande aiuto che un mezzo tecnologico può conferire.

L’apporto “umano” è dunque indispensabile e, nel film, questo si concretizza nella splendida prova da protagonista di Gene Hackman, a detta dell’attore la sua preferita. La conversazione presenta già di suo un cast illuminante, con John Cazale, Frederic Forrest: Mark, Teri Garr, Robert Duvall ed un giovane Harrison Ford, ma gli occhi restano fissi sul tormentato Harry. La paranoia del malinconico protagonista diviene infatti palpabile, così come la sua perdita di lucidità che sfocia nei toni dell’horror psicologico dell’atto finale.

In conclusione, dopo lo straordinario successo di Il padrino, Francis Ford Coppola continua a cavalcare il suo periodo d’oro e centra un’altra opera che ha segnato la sua epoca. La conversazione è un film a suo modo perfetto, tanto nella profondità del suo testo (enfatizzata anche e soprattutto per l’intensa prova del Gene Hackman protagonista), quanto per la sua precisa e meticolosa messa in scena, con un formidabile lavoro di montaggio e sul sonoro che fa storia.

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Recensione La conversazione film
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Vittorio Pigini
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Laureato in Giurisprudenza, diplomato in Amministrazione Finanza e Marketing, ma decisamente un Hobbit mancato. Orgogliosamente nerd e da sempre appassionato al mondo cinematografico, con il catartico piacere per la scrittura. Studioso della Settima Arte da autodidatta, con dedizione e soprattutto passione che mi hanno portato a scrivere di cinema e ad avvicinarmi alla regia.