
20 Apr 2025 La fossa delle Marianne, la recensione del film di Eileen Byrne
Basato sull’omonimo romanzo della biologa e scrittrice tedesca Jasmin Schreiber, arriva nelle sale La fossa delle Marianne, l’esordio della regista e sceneggiatrice Eileen Byrne, che firma un commovente road movie premiato al San Diego International Film Festival 2024. Ambientato principalmente in Alto Adige, l’anteprima italiana ha avuto luogo il 12 aprile come film di chiusura del Bolzano Film Festival.
Il debutto cinematografico della regista vede una storia che gira attorno due personaggi apparentemente agli antipodi: la giovane adolescente Paula, incapace di superare la morte del fratello Tim, e Helmut, un anziano brontolone che ha perso la moglie. Ecco la recensione de La fossa delle Marianne, in arrivo nelle sale italiane dal 24 aprile 2025 distribuito da Trent Film.

La fossa delle Marianne, la trama del film di Eileen Byrne
Sconvolta dalla morte del fratello Tim, Paula (Luna Wedler) è una adolescente che si sente svuotata e priva di motivazioni. Una notte incontra per caso Helmut (Edgar Selge ), un anziano burbero in viaggio verso l’Italia per portare l’urna della moglie defunta. Il caso vuole che Paula si unisce a Helmut nel suo viaggio, con la scusa di farsi dare uno strappo. Ha così inizio un viaggio on the road che li condurrà fino a Trieste, dove Paula spera di ritrovare il legame con il ricordo del fratello. Lungo il tragitto, tra litigi e confidenze, si crea un’amicizia sincera con Helmut, che aiuterà Paula a riscoprire la voglia di vivere.
La fossa delle Marianne, la recensione: il viaggio visto come un dialogo catartico con l’Altro
Si può risalire da una profondità di quasi 11mila metri? Questa domanda, che apre il romanzo La fossa delle Marianne, è anche la chiave di lettura dell’adattamento cinematografico firmato dalla debuttante al suo primo lungometraggio Eileen Byrne. Con una delicatissima vena tragicomica, la regista tedesca porta sullo schermo un adattamento che affonda le basi nel dolore più cupo per poi risalire lentamente verso la luce della vita. Di cosa parla il film? Di morte. Riesce a far ridere, piangere, eppure ti fa stare bene. Scopriamo insieme adesso perchè.
La protagonista è Paula, un’adolescente travolta dal lutto per la morte del fratellino Tim, scomparso in un tragico incidente. Il dolore la porta in una depressione profonda, un abisso che viene paragonato, come da titolo, all’insondabile Fossa delle Marianne. La sua voglia di vivere è annientata, trovando l’unico sollievo nell’isolamento dal mondo.
Tutto cambia una notte, quando Paula incrocia Helmut, un anziano che sta attraversando la Germania a bordo di un vecchio camper, con l’urna della moglie al seguito e la fedele cagnolina Judy come unica amica. Quello che parte come un incontro casuale si trasforma in un’amicizia tenera e bizzarra: Paula decide di unirsi a Helmut nel suo viaggio verso l’Italia, attratta dall’istinto di fuggire. Ma strada facendo, tra una tappa e l’altra, i due cominciano a prendersi cura a vicenda.
Byrne riesce nell’intento di mantenere intatta la forza emotiva della storia, giocando abilmente sull’equilibrio tra dramma e ironia. La regia non scade mai nel melodramma, al contrario accompagna il racconto con toni leggeri, quasi pudici, che fanno da contrappunto alla profondità di ciò che hanno vissuto i due protagonisti.

La fossa delle Marianne, la recensione del film di Eileen Byrne
Il viaggio che Helmut e Paula compiono insieme – da Francoforte all’Alto Adige, tra paesaggi che cambiano nell’evolversi dei loro stati d’animo – potrebbe essere visto come un viaggio a episodi, o forse meglio in capitoli: alcuni più esilaranti e altri più struggenti, riescono dal punto di vista tecnico narrativo a dimostrare la caparbietà della neo regista tedesca, e dal punto di vista dello spettatore di riuscire a godersi una storia, apparentemente – ma poi, de facto – triste, uscendo comunque alla fine della visione con una piena soddisfazione di letterale “voglia di vivere”.
Il centro del film è proprio il modo in cui Paula e Helmut affrontano le loro rispettive perdite: da due solitudini distanti per età ed esperienze, sono accomunate da una perdita che li ha cambiati, insegnano e imparano l’un l’altro come affrontare le perdite di persone importanti nella vita. Si va avanti, è vero, si è obbligati. Ma è forse con inerzia che, come ha fatto Paula prima di incontrare Helmut, vale davvero la pena di vivere? O come Helmut, quasi aspettando l’ora di andarsene, che bisognerebbe nascondere la rassegnazione dietro un sorriso?
Il film fa riflettere e capire, attraverso vicende e soprattutto luoghi che ripercorrono la storia delle perdite dei due protagonisti, che non è una perdita a segnare la scomparsa di sé stessi. Una rinascita sta nell’Altro, nel riscoprire il proprio Io nel dialogo con il Tu e con gli avvenimenti che la vita ci porta ad affrontare. Solo così si può uscire realmente dalla Fossa delle Marianne. Prendere di petto le situazioni, vivere le condizioni, elaborarle. Passare oltre comprendendo ciò che si ha e ciò che si ha perso.
In conclusione, La fossa delle Marianne di Eileen Byrne è un film che punta dritto al cuore dello spettatore: prima forse vuole farlo divertire, poi lo massaggia e dopodichè gli spara. A quel punto, con lievi carezze e con semplicità, si riprende a vivere, crescere e andare avanti.
★ ★ ★ ½
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