21 Ago 2024 MaXXXine di Ti West mette una X sulla sua speciale trilogia
Dopo X: a sexy horror story e Pearl, Lucky Red porta in sala MaXXXine, il nuovo film di Ti West che chiude la trilogia con protagonista Mia Goth. Un fenomeno cinematografico, quello composto in 3 atti, che definire “personale” sarebbe solo riduttivo, in quanto West figura come regista, produttore, sceneggiatore e montatore di tutti e 3 i film.
MaXXXine, la trama del terzo film della trilogia di Ti West
Su sceneggiatura dello stesso regista, MaXXXine è il terzo ed ultimo capitolo della personalissima trilogia di Ti West. Il film è ambientato nella Los Angeles del 1985 (6 anni dopo i fatti narrati in X: a sexy horror story) e vede come protagonista Maxine Minx, intenta a mettersi alle spalle il suo passato per coronare il suo sogno e diventare una stella del cinema.
La strada per il successo è tuttavia in salita, non solo a causa dello scetticismo delle produzioni cinematografiche di mettere sotto contratto una diva di film per adulti, ma anche e soprattutto per la presenza del Night Stalker. Quest’ultimo è infatti un serial killer che terrorizza le strade della città, uccidendo giovani ragazze dell’industria dello spettacolo. Come se non bastasse, l’oscuro passato di Maxine bussa nuovamente alla sua porta, con l’attrice che dovrà lottare duramente non solo per sopravvivere ma soprattutto per diventare finalmente una Star.
MaXXXine, la recensione: Ti West mette una X sulla trilogia
In questo mestiere finché non sei conosciuto come un mostro non sei una star.
Con questo nuovo film del 2024 si giunge a termine del tumultuoso viaggio verso il successo dell’antieroina Maxine Minx sul grande schermo. Un viaggio iniziato sostanzialmente già dal 1918 con gli eventi narrati in Pearl: due personaggi differenti, ma i punti in comune sano decisamente troppo forti per non poter trattare le due donne come un personaggio unitario.
Ciò non solo grazie soprattutto alla strepitosa prova della stessa attrice in entrambi i ruoli (Maxine e Pearl), ma anche per una comunione d’intenti che vede entrambe appartenere ad una famiglia opprimente, dietro il rispettivo dogmatismo, e che tentano di evadere da quella gabbia per poter prendere in mano la propria strada. Oltre all’incipit del nuovo film, l’intenzione del regista di collegare i 3 titoli, per poter arrivare alla chiusura del cerchio della trilogia, è visibile non solo nella trattazione tematica di questa nuova avventura sotto la Hollywood Sign, ma anche nei piccoli particolari che costellano la pellicola.
Pearl del 2022 si chiuse infatti con un (leggendario) monologo e nello stesso modo MaXXXine centra l’attenzione fin dall’inizio, per una visione sul “peccato di vivere” dove il Diavolo è (o meglio sarebbe) particolarmente presente. Rispetto agli altri 2 titoli, mai come in MaXXXine il porno viene strettamente legato all’horror, per un’arte dello scandalo che non può che far infuriare il cieco bigottismo di una società ipocrita. <<Horror is not art>> si legge a caratteri cubitali sul cartello di una protesta verso questa idea di spettacolo, dove il concetto di “avere l’X factor” si tramuta nell’avere il Diavolo dentro.
Quando la guerra della droga insanguina le strade, le sette sataniche si diffondono e gli assassini sono a piede libero, sono infatti i media ad accendere la miccia del conflitto, indicando cinema e musica come i veri veicoli di violenza e perdizione. Mentre, infatti, i primi 2 capitoli della trilogia additavano il conformismo ed il bigottismo cattolicentrico che pone le sue radici nella chiesa e nella famiglia disfunzionale, in MaXXXine ad essere presi di mira non sono solo le corrotte forze dell’ordine, ma anche e soprattutto i media “malvagi”.
Questi mostrano infatti pubblicamente le azioni di un killer che forse nemmeno esiste, con Ti West che lascia una sorta di ambiguità sul finale arrivando ad un significato più sinistro. Se le azioni del Night Stalker sono effettivamente riconducibili al padre di Maxine, non facendo esistere realmente un altro killer, urge domandarsi chi la giustizia privata abbia fatto arrestare. Un finale in qualche modo amaro, circa la tossica pratica nel trovare a tutti i costi un capro espiatorio, che sarebbe infatti in linea con l’ipocrisia ripetutamente mostrata dal regista durante la visione.
La protagonista è vittima del taboo, viene bistrattata e non accettata dalle produzioni perché attrice di materiale pornografico, ma poi in città tutti la conoscono e l’ammirano, poiché alla fine tutti hanno le mani “sporche di sangue”. Difendendo la libertà dell’arte e la pericolosa insensatezza del cieco bigottismo, West esaspera lo scontro generazionale e lo porta ai massimi livelli, con una vera e propria guerra del e verso il conformismo. Un conflitto che qui assume i connotati di una lotta senza quartiere contro le forze del “Diavolo” dello spettacolo, per una resa dei conti che non poteva non essere sulla collina di Hollywood.
MaXXXine, la recensione: il successo nella libertà di inseguire i propri sogni
Io non posso accettare una vita che non sia degna di me
Con il terzo film della trilogia, dunque, Ti West segna in rosso sangue la libertà di una generazione di potersi esprimere, senza dover essere oppressa ed oscurata da un tossico bigottismo di un’altra generazione incapace invece di evolversi. Nella sua “crociata” il regista punta tutto sulla musa perfetta, quella Mia Goth divenuta realmente una star anche e soprattutto grazie a West. Il passo della Bibbia citato nel film, Ezechiele 16,14, calza così a pennello: <<la tua fama si diffuse fra le genti per la tua bellezza, che era perfetta, per la gloria che io avevo posta in te, parola del Signore Dio.>>.
Come per la canzone “Obsession”, l’unica devozione di Maxine è quella verso la sua missione di diventare una star, più sicura che mai, senza avere paura nemmeno del killer che darebbe la caccia a quelle come lei. Se la recitazione e la danza nei primi 2 film erano comunque centrali nella vita della protagonista, per spingerla a compiere determinate azioni, qui il cinema horror sul set diviene quasi una distrazione, poiché il vero orrore è quello vissuto dal vivo, per strada, tra fantasmi e serial killer pronti a perseguitarla.
Nessuna paura infatti per Maxine, forte ed indipendente, per poi venire invece terrorizzata da quel pensiero che continua a tormentarla, quello di invecchiare ed aver sprecato la sua vita (come nello scontro di Pearl con sua madre). A causa soprattutto di questo macigno in testa, da belva indomabile Maxine diventa spaesata, impaurita, tendente alla fuga, in linea sempre con il personaggio che si ritrova di colpo a dover gestire la possibilità di abbracciare veramente il successo, per la prima volta così vicino nei 3 film. In linea, sì, ma comunque un’opportunità mancata per l’attrice, con la condizione che la fa ritrovare col freno a mano tirato, avanzando più con il pilota automatico in virtù di quanto dato nei precedenti 2 film.
Nel film dove spicca quale Stella più lucente, Mia Goth offre la prova che meno farebbe esaltare le sue capacità, registrando un inizio forte e determinato, per poi spegnersi in modo costante. Ad ogni modo il personaggio riesce a conquistare ampiamente lo spettatore: Maxine vince, ce l’ha fatta…o forse no. West adotta un ulteriore depistaggio verso il finale del film (il quale poteva sicuramente essere sfruttato meglio), con il discorso legato allo scontro mediatico all’interno della società che vede Maxine abbagliata dalle luci del successo. Un sogno, che tale resterà.
Dopo infatti aver visto la vita dei sogni distendersi davanti a sé sul red carpet, il personaggio abbandona le “stelle” del firmamento e torna con i piedi per terra: non è ancora il suo momento. Ma Ti West rompe la quarta parete ed esplicita la summa della sua trilogia. Il regista ci tiene infatti a sottolineare la profonda e necessariamente libera dedizione per poter raggiungere i propri sogni, contro gli ostacoli di una società bigotta, contro le difficoltà di un settore (come quello cinematografico) sempre pieno di criticità e competizione. Maxine non è ancora una star, sotto dipendenza dalle droghe e sul set del sequel di uno squattrinato B-movie, ma è ancora giovane (la giovinezza sempre ricercata nella trilogia di X) e Quel tempo arriverà.
MaXXXine, la recensione: molto cinema per un riposato divertimento
Sei una stella del cinema!
Con il film che termina la sua personalissima trilogia, Ti West decide così di mettere i punti sulle I, di tracciare definitivamente la sua X. Si tratta comunque di temi ed argomentazioni già presentati ed esaustivamente affrontati nei precedenti 2 capitoli, non aggiungendo sostanzialmente nulla di nuovo ma limando i dettagli. Oltre a questa stagnazione ed una protagonista col freno a mano tirato, il regista dimostra di aver già dato tutto nella sua trilogia anche dal punto di vista della messa in scena e nello sviluppo narrativo.
Se il primo film tendeva ad omaggiare a più riprese un certo tipo di genere slasher, più legato alle filmografie di Tobe Hooper e West Craven, e il secondo attuava una politica bizzarra fra i generi, in quest’ultimo capitolo ad echeggiare è proprio il cinema del serial killer. Psyco su tutti ovviamente, già citato nel primo film, ma le vibes più forti restano quelle della tradizione del thriller-horror all’italiana. Lo squartatore di New York, Sei donne per l’assassino e non solo, molto di MaXXXine tra estetica, iconografia, narrazione e stile di ripresa viene attinto dal cinema di Argento, Bava, Fulci ecc.
Uno spassionato amore per il cinema di genere preso e fatto suo da Ti West, che denota ancora una volta un’ottima conduzione della macchina da presa con la quale fa ciò che vuole. Ne nasce un racconto affascinante, ma forse un po’ stanco e stancato, forte di alcuni infelici sviluppi narrativi ed un atto finale alquanto confusionario, con un bel plot twist scenico ma suggerito dal primo minuto e con troppi e reiterati elementi anticipatori.
Un film con il serial killer, che diventa un horror da setta religiosa, sicuramente già visto, con pochi guizzi evocativi (soprattutto in confronto con i precedenti 2 film), ma che comunque riesce bene ad intrattenere, grazie anche e soprattutto alla classe del suo regista ed un comparto tecnico di altissimo profilo. Oltre al montaggio al solito meticoloso dello stesso Ti West, in quest’ultimo si evidenzia sicuramente la fotografia ancora una volta di Eliot Rockett che esalta l’estetica crime. Gran bel lavoro anche per la colonna sonora del solo Tyler Bates: rockeggiante, energica ed in pieno anni ’80, anche se riesce ad inserire degne vibrazioni nei momenti di tensione ed arrivando ad omaggiare anche esplicitamente il lavoro di Bernard Herrmann.
In conclusione, MaXXXine mostra come Ti West abbia di fatto finito le sue cartucce già con i precedenti 2 film, con una Mia Goth poco lucente ed un capitolo finale che funge da semplice punto esclamativo della trilogia. Mettendo anche in conto una narrazione non particolarmente esaltante, la classe ed eleganza del regista porta in scena perfetto capitolo conclusivo, che cementifica il suo appello motivazionale e la sua critica al cieco bigottismo di una società alla deriva, avendo come arma il cinema per il cinema.
★ ★ ★ ½