Recensione film Marvel Deadpool e Wolverine

Deadpool e Wolverine sono gli antieroi che meritiamo e di cui abbiamo bisogno

Uscito nelle sale italiane il 24 luglio 2024, Deadpool e Wolverine è il 34° capitolo del Marvel Cinematic Universe, nonché terzo film della speciale trilogia dedicata al mercenario chiacchierone interpretato da Ryan Reynolds. La nuova regia di Shawn Levy, che vede anche Hugh Jackman tornare nei suoi iconici panni di Logan, arriva in un momento particolarmente delicato in casa Marvel Studios, quale ago della bilancia per rilanciare o affossare definitivamente il franchise con gli Avengers protagonisti.

Deadpool e Wolverine, la trama del 34° film Marvel Cinematic Universe

Con lo stesso regista e l’attore protagonista Ryan Reynolds che aggiungono i loro nomi in sede di sceneggiatura, Deadpool e Wolverine è il sequel del precedente secondo capitolo della trilogia, ambientato 6 anni dopo di esso.

L’irresponsabile antieroe avrebbe infatti facilitato la distruzione della sua realtà, nonché la scomparsa di tutti coloro che ama. La Time Variance Authority, introdotta nel MCU dalla serie tv Disney+ Loki, strappa così Deadpool dalla sua linea temporale affidandogli una missione speciale per salvare non solo la sua realtà ma quella di tutti: evitare la distruzione della Marvel.

Recensione Deadpool e Wolverine

Deadpool e Wolverine, la recensione: gli antieroi salvano e sconfiggono gli eroi

Io sono il Gesù della Marvel!

Un’affermazione questa che non può non mettere sull’attenti, soprattutto se estrapolata da un racconto estremamente basilare e farraginoso come quello di Deadpool e Wolverine. I non abbonati all’etichetta Marvel Studios, che cercano una visione asettica e che possa godere di una qualche linearità in sé (o al massimo con i naturali altri due capitoli di questa trilogia), potrebbero rimanere a dir poco spaesati.

Riguardo la sceneggiatura di questo 34° film del franchise ci sarebbe infatti davvero molto da dire, ma non sullo sviluppo narrativo (che dovrebbe di per sé totalizzare l’attenzione), il quale si liquiderebbe in una soluzione caotica, senza logico senso di continuità e che si aggrapperebbe con tutti gli artigli di adamantio all’uscita d’emergenza del “tutto è concesso”. Ma è proprio la libertà visiva ed espositiva di Deadpool e Wolverine a concedergli una caratteristica speciale ed assolutamente originale, quella della totale anarchia.

La rottura della quarta parete ed il sagace utilizzo del metacinema non sono armi inventate dal film del 2016, il quale ha dato il via a questa particolare trilogia, ma sicuramente sono state soluzioni qualitative davvero importanti e decisive. Ma erano tempi completamente differenti da quelli di oggi, con questo nuovo titolo che fa suo tutto quello sfoggio d’irriverenza, scorrettezza e velenosa verbosità per poi elevarlo fino ad assumere connotati gargantueschi. Il periodo storico è infatti particolarmente delicato in casa Marvel Studios, la quale tenta di arrampicarsi sugli specchi flop dopo flop per cercare di salvare la faccia.

Quella perfetta macchina creatrice di sogni ed enormi fatturati si è ormai da tempo fatalmente inceppata, non mostrando presupposti per iniziare un nuovo glorioso ciclo ma sottolineando, al contrario, estrema confusione sull’intricata linea temporale tra esperimenti passati, presenti e futuri. Emblema a tal proposito potrebbe essere infatti la frase enunciata apertamente in questo 34° film MCU da Snipes, secondo cui solo lui può interpretare Blade, considerando a monte tutti i problemi produttivi che sta continuando ad avere il reboot sul diurno cacciatore di vampiri. Già, proprio Wesley Snipes in Deapool e Wolverine torna ad interpretare il suo iconico personaggio mostrato per la prima volta su schermo nel 1998 (per la regia di Stephen Norrington), perché ad essere preso prepotentemente di mira non è solo l’MCU di Kevin Feige, ma anche (e soprattutto) l’allargata e pericolante operazione di sfruttamento del materiale supereroistico, con numerosissime presenze altisonanti nel cast reduci soprattutto dai cinecomics di fine anni ’90 ed inizio 2000.

La sceneggiatura del film diretto da Levy non fa sconti a nessuno, punzecchiando a sangue anche la sfortunata autodistruzione della “gemella dimenticata” 20th Century Fox, presente nel logo in uno scenario post-apocalittico (a dir poco geniale la deriva Mad Max, con annessi riferimenti al recente Furiosa) ed espressamente mandata al diavolo in una sequenza marcatamente comica. La saga degli X-Men era già oggetto di satirica derisione negli altri 2 capitoli della trilogia, ma in questa nuova avventura di Deadpool il mercenario è senza dubbio più ironicamente severo, non considerando come il film distrugga tutti i limiti concepibili da una distribuzione Disney, tra linguaggio volgare (primo film MCU ad avere la classificazione R) ed estrema violenza, ma su questo ci torneremo.

Tuttavia, il personaggio interpretato da Ryan Reynolds è solo una metà dell’equazione, quella sfrontata, con la scurrilità sempre a portata di boccaccia e destinata a chiunque abbia la sfortuna di capitare a tiro delle sue frecciate velenose; ma, come esplicitato anche dallo stesso titolo, Deadpool e Wolverine presenta un’altra faccia della medaglia, quella più profonda, più epica. Il film di Levy non è solo infatti un colorato e sfacciato inno agli antieroi sul grande/piccolo schermo, ma anche ai dimenticati, agli esclusi, ai mai nati, ai Peter, i quali hanno sempre bisogno di un degno finale, di un’epica conclusione.

Da questo punto di vista, effettivamente, la figura di Wolverine tenderebbe a stonare non poco, con Logan che si è sempre mostrato come un eroe, L’eroe, L’X-Men, nonostante i suoi modi burberi. Ebbene la sceneggiatura, navigando nel mare di lacrime delle varianti (ridicolizzate dai multi-Deadpool), infarcisce anche questo personaggio di un’epica tormentata che lo spinge a fare coppia con Wade, formando due facce della stessa medaglia, due metà dello stesso cuore.

La gestione dell’alchimia tra i due personaggi, con la necessaria rivalsa personale e collettiva nel discorso esclusivamente metacinematografico, sono infatti frecce dorate nella faretra della sceneggiatura del film. Distruggere la Marvel per (cercare di) salvare la Marvel, questa è la missione di un Messia che si è sacrificato (?) per i peccati di avarizia e superbia di un’industria che ha fatto il passo più lungo della gamba.

Deadpool e Wolverine recensione

Deadpool e Wolverine, la recensione: totale anarchia e divertimento assicurato

E ANDIAMO CA**O!

Deadpool e Wolverine è dunque una fucina di intelligenti battute, tanto esilaranti quanto velenose, che prendono di mira tutto e tutti, senza alcun freno morale ed etico nella loro esposizione, segnando un film a suo modo rivolto esclusivamente ad una precisa generazione per la scelta delle prestigiose comparse sullo schermo. Ma oltre ad insulti e satiriche ammissioni di colpa, lo sviluppo narrativo di Deadpool e Wolverine si blocca, per un racconto riassumibile in poco più di 2 righe e che non presenta una particolare caratterizzazione dei personaggi (che continuano ad essere quelli che sono da anni a questa parte), senza nemmeno considerare un villain sufficientemente incisivo.

Cassandra Nova si mostra, infatti, il classico ostacolo dei protagonisti – fuori scala per le sue speciali capacità – sconfitto e dimenticato dopo la prima apparizione. Tuttavia, il concetto di voler cercare una linearità alla trama di Deadpool e Wolverine, con annesse analisi di sceneggiatura riservate ad un “normale” lungometraggio, risulta assolutamente fuori luogo in un’operazione di questo tipo. Tanto è vero come il vero villain del 34° film del franchise, non è il personaggio interpretato degnamente da Emma Corin, ma la Marvel stessa, incarnata da un difettoso sistema burocratico ed algoritmico.

Al di là dei presupposti di trama farraginosi, questi si mostrano come assolutamente secondari – se non terziari – per potersi immergere globalmente nella schizzata visione del film. Arduo prendere “seriamente” una trama nella quale il protagonista rompe continuamente la quarta parete, riferendosi ad una satira e ad un’ironia squisitamente extra cinematografica. Come è possibile costruire una linearità logica ad un film così prepotentemente e dichiaratamente surreale di questo genere? Non solo non è possibile, ma dovrebbe essere vietato.

Deadpool e Wolverine è quello che vuole essere: un perfetto ed irriverente pacchetto d’intrattenimento, che cavalca l’Apocalisse supereroistica con un titolo Marvel al 100%, per un vero e proprio parco divertimenti dove è finalmente possibile divertirsi (una comfort zone sempre più rara). Oltre ai dialoghi senza freni, l’anarchia vive e conquista anche nella messa in scena, dove la dinamica regia di Levy permette di riempire continuamente l’intera visione con sequenze action indubbiamente sanguinolente e ricche di originalità.

Alternando macchina a mano e 3D, con la presenza di carrellate e long-take di pregevole fattura, l’assoluto spettacolo sullo schermo viene assicurato allo spettattore che sia o meno un affezionato al materiale originale di riferimento, potendo contare anche su ottimi effetti speciali da quelli essenzialmente visivi alla distruzione ed evoluzione fisica dei personaggi ed oggetti di scena. A marcare il concetto generazionale è poi anche l’incisività di una colonna sonora quale altro protagonista aggiunto, squisitamente pop e calzante nello scandire il giusto ritmo di una ballata impazzita.

Intrattenimento spettacolare ed esilarante divertimento che vengono garantiti dalle mascotte di simpatia dei personaggi protagonisti di Deadpool e Wolverine, i quali danno vita ad un improbabile buddy-movie che strappa risate colpo su colpo, senza dimenticare qualche momento più ricco di pathos. Un Hugh Jackman sicuramente più “appesantito” nel tornare nel ruolo (non per quanto riguarda il fisico scultoreo a distanza di 24 anni dal primo film degli X-Men), ma che non ha mai abbandonato quella burbera e tenera maschera, sfoderando nuovamente i suoi proverbiali artigli con grande classe. Con quest’ultimo in perfetta chimica con il suo nuovo socio, Ryan Reynolds continua a confermarsi un mattatore assoluto della scena, dalla sindrome logorroica, imprevedibile ed irresistibile.

In conclusione, Deadpool e Wolverine non può prescindere dal suo universo di riferimento, avendo un necessario legame vitale con esso, presentando quasi per conseguenza una trama alquanto inesistente tanto quanto i suoi critici sviluppi e non solo. Un titolo però completamente anarchico nella sua messa in scena e spietato con le sue vittime metacinematografiche, contando su una coppia esplosiva per chimica, simpatia e letalità. La religiosa venuta di Deadpool e Wolverine permette alla Marvel di assicurare un qualcosa scomparso ormai da troppo tempo: il divertimento più puro, semplice e sfrenato. Un titolo, quello diretto intelligentemente da Shawn Levy, che avrebbe sì potenziale nel cercare di risollevare le sorti in casa Marvel Studios ma, allo stesso tempo, potrebbe rappresentare la sua definitiva pietra tombale (almeno fino a quando il cadavere non venga nuovamente esumato).

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Vittorio Pigini
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Laureato in Giurisprudenza, diplomato in Amministrazione Finanza e Marketing, ma decisamente un Hobbit mancato. Orgogliosamente nerd e da sempre appassionato al mondo cinematografico, con il catartico piacere per la scrittura. Studioso della Settima Arte da autodidatta, con dedizione e soprattutto passione che mi hanno portato a scrivere di cinema e ad avvicinarmi alla regia.